Quanto ho pianto con ET onestamente non lo so quantificare ma credo che avrei potuto tranquillamente riempire una piscina olimpionica negli anni. E anche a distanza di trentacinque anni, per dire, che so come finisce/cosa dicono/cosa accade/che chechechecheche: piango.
The Exorcist diretto nel 73 da Friedkin e tratto dall’omonimo romanzo di William Peter Blatty che scrisse la sceneggiatura del film dopo i problemi con la censura dovuti chiaramente al periodo -e diverse limitazioni- lo si è potuto vedere in versione integrale solo dopo venti anni. Esattamente in una riedizione del terzo millennio. Undici minuti di puro terrore di cui non si sarebbe potuto fare a meno.Â
Kubrick è così forte, intenso, misterioso e crudo. È il genio e la follia. È la filosofia. Rigoroso sul set e leggendari i suoi incessanti ciak -pare che arrivassero fino a ottanta e novanta per la stessa scena- Kubrick è l’eccezione. Tutte le sue opere sono collegate da un filo rosso non tanto invisibile. Ogni colore, quadro appeso ai muri, oggetto posato sulla scena riconduce a qualcosa di politico. Di personale. Di filosofico. È sempre un messaggio-un’enigma che regala e lascia allo spettatore.
Dieci nomination nel 1983 e un oscar vinto come Miglior attrice non protagonista a una meravigliosa Jessica Lange. Viene nominato anche come miglior film, miglior regia a Sidney Pollack miglior attore protagonista, sceneggiatura originale, montaggio, sonoro, fotografia e canzone. La storia è quella del talentoso ma disoccupato attore Michael Dorsey interpretato da un incredibile Dustin Hoffman che per lavorare è praticamente costretto a cambiare identità indossando le vesti di Dorothy Michaels
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