Ricette Vegetariane e Vegane

Biscotti e Cuori di Ghiaccio


Ieri sistemando un po’ di file in archivio mi sono capitate a tiro alcune di queste immagini custodite gelosamente. I miei giorni, la mia vita passata e le visioni raccontate attraverso dei formati .jpeg scadentissimi .  Non avevo a disposizione come adesso la tavoletta grafica migliore, le matite con la punta adatta, i programmi più evoluti e una serie illimitata di amenità che  a conti fatti non servono  a nulla se non c’è passione. Passavo ore e notti a fumare cercando di disegnare con il mouse. Difficilissimo. Disegnare con il mouse è difficilissimo. Non desistevo però e continuavo imperterrita. Un pasticcio che prima riuscivo a fare in trenta minuti adesso vien fuori in tre minuti. E’ davvero questa la spaventosa proporzione. Nonostante la mia autocriticità feroce riguardando queste vi è un quid che le attuali non hanno. Una personalità celata e mascherata, che a distanza di tempo apprezzo. Un germe che è poi diventato inaspettatamente un punto di forza per la mia salvezza.

All’epoca, nel 2005-2006 soprattutto,  la “Blogosfera” pullulava di Blog Star. Gente super wow che non diceva nulla di eclatante ma che sembrava essere di fondamentale importanza per il genere umano. Eventi, Blogfest, Camp, interviste e autografi. Parlavano solo tra di loro e non con i sudditi e quando si concedevano al popolo le loro manifestazioni d’affetto erano paragonabili a un “saluto da miss”. Sì,  quando giri la mano come fosse paralizzata da una parte all’altra.

Il termine Blogstar è finito nel dimenticatoio e adesso viviamo nel  periodo di ” Professione Blogger”. Bisogna dare una definizione a quanto pare perchè “blogger” ,semplicemente,  non appaga; come neanche ” ho un blog”. Non si ha credibilità. Assisto quindi basita a questa ondata di ventenni che nel curriculum  non scrive più “diplomata a…” ma ” Blogger con centomilioni di accessi al giorno”.

Sono sempre stata in disparte nel mio angolo a disegnare e osservare.  Un animale solitario come sempre che un giro nel branco se lo farebbe pure ma che tendenzialmente lo classifica come una perdita di tempo.

Ultimamente quando qualcuno mi scrive, soprattutto su instagram e twitter ” sono una tua fan” mollo carta penna e pupazzetti e rettifico. Termine obbrobrioso quello del “fan”.  Mi sento quasi in dovere di specificare che non appartengo a “quel genere di gente super wow – super cool”. La stessa che non si è mai resa conto di una cosa: che sono sempre stata io  a snobbare loro e non il contrario.

Scrivo questo perchè ho ricevuto diverse email da alcuni di quella casta super wow, che adesso vorrebbero qualcosa da me. Non essendoci stata nessuna risposta da parte mia volevo rassicurarli dicendo che sì. Ho letto. E come accadeva anni fa ho riso e continuato a disegnare.

Io non sono qui per farmi dire dagli altri che sono super wow e super cool per avere un po’ di autostima ma per dimostrare a me stessa, e solo a me, di essere  una persona che può farsi rispettare non per quello che ha nella vita reale ma per quello che è. Senza corpo.

Non è una polemica, in sintesi,  è solo una pernacchia . Pernacchia in pubblico per voi che siete sempre stati abituati a ricevere riconoscimenti così, tra applausi e standing ovation.

Ecco Maghetta Streghetta – Gikitchen vi consegna una bella pernacchia. Per la gif ” Sono stato insignito della pernacchia di Maghetta Streghetta”, da mettere nella barra destra del template scrivete pure al mio Nano da Giardino. Dubito che vi risponda, ma tentateci. Al massimo vi spernacchia e allora sì che potrete pensare bene di cominciare una collezione.

Passiamo alle cose serie, adesso, che i comunicati pubblici mi sfiancano.

I classici biscottini speziati con le decorazioni in glassa. Nulla di particolarmente sconvolgente. Risiedevano in archivio queste foto, fatte in una mattinata frenetica quando ti cade l’ipad per terra dopo un volo che come minimo richiedeva il passaporto aggiornato e non hai neanche il tempo di dire ” eeeeufffa” ( leggi bruttissima parola che ti piace di più e che si confà maggiormente all’occasione). I classici biscottini speziati che ritagli con la nuova formina a forma di stella ghiacciata ma non hai il tempo e allora come in una catena di montaggio, piuttosto che rilassarti e canticchiare un po’ tra i fornelli, ritagli sulla pasta stesa velocissimamente che rinforza i bicipiti con il mattarello e lanci sulla placca che hai foderato automaticamente senza neanche rendertene conto.

Lo confesso. A me questo Natale se per certi versi è piaciuto moltissimo in termini di presenze che ci sono state e assenze fortemente volute da me, è diventato francamente il fulcro di una stanchezza cosmica che pur tardando ad arrivare aspettavo.

Per inerzia continuo ma osservando le mie riserve come fossero rappresentate da quel piccolo cilindro onnipresente negli schermi del cellulare vedo esattamente una tacca. Una tacca scarsa e  il messaggio ” dieci per cento di carica”.  Il caricabatteria pur essendo funzionante e facilmente reperibile ostino a nasconderlo in un cassetto pensando che. Che ancora manca il dieci per cento eh. E in positivo posso ancora tiraretiraretiraretirare.

Fare i biscotti sinora mi ha sempre rilassato. Al contrario di mamma che li trova un supplizio ( solo io penso al supplizio come uno zio a forma di supplì?) . E’ un po’ come la tombola per me. Piuttosto che farla preferirei rassettare casa. Ecco mamma, piuttosto che fare biscotti non solo rassetterebbe casa giocando a tombola ma farebbe la cosa che odia più fare: stare ferma. Nel nostro dna c’è qualcosa che ci impedisce di non muovere necessariamente e freneticamente le articolazioni. Non vi è riposo mentale e fisico. Se guardiamo la tv nel frattempo facciamo altro: io disegno, lei mangia le unghie. Se mangiamo nel frattempo facciamo altro: io scrivo, lei sparecchia mentre mangia e lava pure qualche bicchiere. Se facciamo biscotti nel frattempo facciamo altro: io lancio ipad in aria e ticchetto su un computer e lei lancia carta forno in aria dicendo “odio fare i biscottiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii”.Eppure quest’anno ne abbiamo sfornati di biscotti insieme. Come pure abbiamo giocato alla tombola in assoluto più bella. Non è stato nulla di eclatante e particolare ma si è svolta con persone che definire piacevoli è un eufemismo;  tra risate e traduzioni dal napoletano all’inglese e scoperte interessanti sulla smorfia napoletana. Appreso cosa sia il numero 71 e che il 77 non sono le “gambe di donna” ma il diavolo,  questi biscottini sono venuti con noi. In una casa che profumava di amicizia e amore, nella quale siamo stati accolti tra sorrisi di bellissimi bimbi. Riuscire a non annoiarmi durante la Tombola ed addirittura farmi bramare un’altra partita è stata a dir poco un’impresa epica.

Mi sono convinta che il prossimo anno addobberò solo ed esclusivamente l’albero con questi biscotti. Stelle di ghiaccio e neve di glassa. Mi sono più volte maledetta per non averci pensato prima. Sì avere dodici nani barbuti e cuori sull’albero non è certamente stata una cosa brutta ma sin dall’inizio quest’albero non mi ha convinto. Lo dimostra il fatto che non ci sia stato come sempre uno stop motion a renderlo protagonista e che non sia stato molto fotografato.

La verità è che dovevo lasciarmi andare al Kitsch e scegliere davvero l’abete bianco. Contravvenendo ad ogni regola del buon gusto non dovevo lasciarmi abbindolare dalla sobrietà ( avere dei nani da giardino non è certamente sobrietà ma devo mentire e convincermene per far apparire il discorso vagamente logico. Già solo vagamente sarebbe una vittoria) e sicurezza della nuance boschiva ma cedere e.

Bianco.

Qualora l’anno prossimo il buon gusto dovesse ancora appartenermi e quindi trattenermi dal kitsch bianco potrei tranquillamente lanciarmi nella certezza del verde con chilate di biscotti stellosi ricoperti da tantissima neve di  glassa. Adoro il fatto che cementi, come adoro il fatto che questi biscotti resistano pure sotto la pioggia. Sono un po’ come il cemento e quando ne mangi uno pensi pure di essere un’astronauta che si è nutrito con una mini porzione di tutto il menù della vigilia di capodanno in appena cinque centimetri quadrati.

Pan di Zenzero di Montersino: 360 grammi di zucchero di canna grezzo, 110 grammi di zucchero semolato, 360 grammi di burro, 10 grammi di cannella in polvere, 25 grammi di zenzero in polvere, 90 grammi di uova intere, 25 grammi di latte intero, 720 grammi di farina, 10 grammi di lievito chimico, 2 grammi di sale

Per la Glassa Reale rimango fedele a quella della Gigli: 600 grammi di zucchero a velo e 100 grammi di albumi.

Procedimento per il pan di zenzero: Frullare i due tipi di zucchero con il burro , la cannella, lo zenzero e il sale con uno sbattitore elettrico fino ad ottenere una crema spumosissima e burrosissima. Unire a filo le uova leggermente sbattute, il latte e infine la farina setacciata insieme al lievito. A questo punto si metterà da parte la lavorazione con lo sbattitore elettrico e si procederà manualmente fino a quando non si otterrà un composto compatto. Non c’è bisogno di far riposare l’impasto ma io per problemi logistici ho dovuto farlo e ammetto che quella mezzoretta è giovata per rendere l’impasto ancor più lavorabile. Ho steso con il mattarello l’impasto a piccole dosi e ho ritagliato tutti i miei omini fino all’esaurimento dell’impasto. E il mio. Esaurimento, sì. Ho invaso praticamente casa perchè la dose era oggettivamente esagerata e lo sapevo già. Ma come avrei fatto altrimenti a invadere un po’ anche l’albero di Natale? Mi permetto quindi di darvi il consiglio ( pur odiando dire “darvi un consiglio”, cielo) di optare per metà dose che già metà basta (perchè non riesco a scrivere bene una ricetta? eh?
perchè?).

In forno a 170 per 20-25 minuti.

E oggi mi aspetta un’avventura. Ho proprio scritto sull’agenda ” Giornata dedicata a x “.

Ne sono entusiasta e non vedo l’ora di cominciare. Non è mai successo e fremo solo all’idea. Disegnare qualcosa che non ho immaginato io. Una commissione di idee, sogni e parole. Un progetto supersegretissimoissimoisssimo che fa battere il cuore ed esplodere i neuroni. Insomma, mi attendono 24 ore di puro delirio visivo. E cosa chiedere di più?

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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