Si è parlato di Macaron un bel po’ qui. Ed è sorprendente considerato il fatto che io non li mangio e il Nippotorinese li detesta quanto i calamari ( eh già. Il punto debole culinario del saccente intellettuale pelato di sinistra sono proprio i simpatici celenterati).
Abbiamo cercato di convincere la Sacra Cognata da Torino Piola con scarsi risultati e non in ultimo la mia mamma che ha sentenziato ” mangiateli tu questi cosi sbriciolosi nauseabondi che io mi mangio tre chili di crispelle dir riso con il miele, tiè” e il mio papà che con sguardo interrogativo (perché mai rifiuta dolcetti) ha esordito con ” e vabbè in assenza di altro” per proseguire poi ” ma li posso intingere in una tazza di cioccolato caldo che così non sanno di niente?”.
E vabbè.
Però nel macaron c’è qualcosa che in maniera perversa mi attrae come una calamita. L’estetica. Quella maledetta e fastidiosissima estetica che mi conquista. Nessuno è riuscito sinora (dal punto di vista visivo quindi perché quello conta per me) ad equiparare Pascal Caffet a Torino. Con le gradazioni lavanda e glicine. Spaventosamente perfetti. Come in una gioielleria tutti maniacalmente allineati. Un miraggio di beltà. Per non parlare delle praline multigusto e della selezione e signorilità con la quale vengono presentati i vari prodotti e scatolette. Potrei morire lì, insomma. Felice e senza rimpianti ( ma prima di perire infilatemi tutta la vetrina di praline in bocca, grazie).
Delusissima al contrario in quel di Marsiglia da Meresse che in teoria doveva sconvolgere. Non vi era il cosino riccio perfetto e gonfio come sotto la Mole Antonelliana bensì la commessa che al mio ” posso fare una foto? “ ha creduto che volessi farmela con lei. Volevo i macaron, io. E ho una foto con la commessa dei macaron che mi abbraccia. A Marsiglia. A volte ho paura. A VOLTE HO PAURA.
Insomma si attende di andare a Paris, patria indiscussa del macaron, per poter rimanere allibiti e farci due collanine con questi sbriciolosi biscottini. Sarà pure che a nessuno qui piacciano ma sta di fatto che in un modo o nell’altro riesco a rifilarli senza difficoltà. Certo è che quelli al cioccolato sono di facile smercio mentre ho difficoltà quando mi lancio in elaborazioni tipo litchi, zenzero e canditi e roba eccessivamente speziata. Solo che poi arriva il mio amato fruttivendolo con la pitaya e come posso io non infilarlo nella ganache del macaron o nella gelatina? uff. E mica è sempre colpa mia! Vengo pure istigata.
Un tempo per inspiegabili motivi (confesso di stare sondando e che attualmente in casa vi è una vera e propria indagine con tanti piccoli nani molecolari capaci di un fiuto strabiliante. Cosa sto dicendo?) non avevo problemi durante la realizzazione dei macaron. Ero stata istruita da Einstein ( ricordate la lezione ? No perché santo cielo la lezione di Einstein sui Macaron fatta l’anno scorso chi se l’è persa ha davvero una carenza preoccupante dal punto di vista culinario ) sul cosino liscio liscio e sul cosino riccio riccio. Seguendo le giuste proporzioni e la difficilissima tecnica della macaronità (altro che neutrini e gallerie che non stiamo mica qui a fare maccheroni con la salsa noi!) avevo raggiunto un livello che mi permetteva di pavoneggiarmi con le mie meringhette e imbottiture fastidiosamente inutili al palato ma accattivanti e ricercate.
Poi il crollo. Patapumpete.
<p
Alla ricerca di nuove ricette per testare altre dosi, consigli e temperature. Mi sono ritrovata con il grembiule sporco e i macaron esplosi davanti agli occhi a sentenziare come una vecchia zitella acida ” chi lascia la vecchia per la nuova non sa cosa si trova”– ” chi lascia la vecchia per la nuova sa cosa trova . Non sa cosa”. ” Gallina vecchia fa buon brodo?”
Vabbè non sono mai stata brava con i proverbi ma il significato perlomeno credo di averlo capito (non ne sono sicura ma fingo benissimo). Sinora la ricetta (l’unica) che ha sortito i suoi frutti è stata solo ed esclusivamente la prima ( non a caso c’è di mezzo uno scienziato specializzato in messa in piega alternativa e dolcetti che vengon su dopo processi ai limiti del chimico).
Che tutti i nani da giardino pasticceri mi perdonino ma ho fallito pure con quella di Montersino. Luca, che il cielo voglia tu mi perdoni!
Le diverse elaborazioni che ho testato non solo non sono riuscite ma mi hanno demoralizzato a tal punto che credevo fossi io il problema ( dubbio comunque confermato a dirla tutta). E’ stato agghiacciante riuscire a fare i macaron con i pois. Vederli lì perfetti. Color glicine con i pois rosa e azzurri con i pois bianchi. E BBOOOOOMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMM: Flosci, scoppiati e appiccicosicci. E pensare che avevo fatto anche un meraviglioso video che mi vedeva tutta esaltata e poi buttata in un angolino della cucina a piangere. Fortissimamente piangere.
In quel caso però ho adoperato la malefica teglia in silicone per macaron che al momento stanno spacciando come novità assoluta ed entusiasmante. Sì, è vero. Perfetta perché avendo una scalanatura ti da la concezione esatta della circonferenza. Non vi è bisogno quindi della sac à poche o di chissà quale pazienza. Arrivi tipo carrarmato con “delicatezza zero” e con un cucchiaio butti lì e la forma del macaron è perfettamente equilibrata ed esattamente uguale alle altre. Mica male al momento dell’imbottitura quando tutto sarà vergognosamente paralllelo, no?
Solo che durante la preparazione dei Macaron i grandi chef francesi non ti raccomandano altro che prestare attenzione alla temperatura. A non infornarli tutti insieme per non provocare shock termici . A sbattere la teglia. A fare la giravolta, saltare come una scimmia e seguire particolari ridi Vodoo e insomma. Santocielo. No. Anche con la ricetta riuscitissima e collaudatissima con la quale ho sempre avuto ottimi risultati usando la teglia in silicone per macaron è venuta fuori una schifezza colossale. Adesso capiterà qui il produttore della teglia in silicone per macaron e mi darà tante di quelle mazzate che mi farà gonfiare come una meringhetta francese e poi mi imbottirà ma.
Sicuramente è un mio limite ( e c’è poca ironia eh. Perché in uno dei libri più famosi sui Macaron si consiglia proprio la suddetta teglia, ergo sbaglio io ahimè) e ho un qualche sconosciuto problema con la siffatta meravigliosa creatura siliconesca. Perché oh l’idea era strepitosa ma sinora mi manca l’applicazione pratica. Ritenterò.
Ma perché blatero sui Macaron ? Non vi è un perché ma devo trovare un aggancio, uff.
Colpo di scena: oggi è il 20 Marzo è la giornata Mondiale dei Macaron. equuuuativolevo!
La giornata mondiale dei Macaron
Che io mica blatero inutilmente ( vabbè ‘nsomma)! E per l’occasione non potendo presentare macaron flosci e pois esplosi avrei giusto provato per l’ennesima volta la ricetta base collaudatissima e tadan ! Cosino liscio e riccio riusciti ! In pratica mi innervosisco quando riescono perché è sempre quella la ricetta e mi innervosisco quando non mi riescono perché non ne capisco il motivo. In qualsiasi modo la metta-giri-studi-sondi-indaghi-nonloso a me i Macaron strapiacciono visivamente ma mi creano turbe psichiche non indifferenti.
Essendo il periodo dei mirtilli e mangiandone solo dodici chili al giorno mi sono detta ” toh! macaron ai mirtilli?” e così è stato. La base del macaron è semplicissima alla vaniglia Bourbon e l’interno è una gelatina semplicissima di mirtilli alla quale appunto ho aggiunto un po’ di agar agar ( ma si può adoperare anche la colla di pesce) per renderla gelatinosa più che marmellatosa. In pratica sì, mirtilli sul fuoco-poco-zucchero-acqua quanto basta-agar-agar-giratina-raffreddamento e via.
Il risultato esteticamente mi ha convinto al contrario di quello che è trapelato poi in foto. Erano le sei del mattino ed io non avevo caffè. Avevo un appuntamento e dovevo pure passarmi otto chili di fondotinta terra di siena per avere un colorito vagamente umano e il mio vestitino preferito era a lavare. Come non abbia ucciso neanche il Nippotorinese per scaricare il nervosismo non mi è ben chiaro ( ah era sotto la doccia e mi mancava la parrucca di Norman Bates per essere credibile. Ma la comprerò su Ebay per la prossima volta).
L’imbottitura del macaron , che è poi una delle versatilità che mi ispira simpatia riguardo a questo dolcetto, è comodissimo. I macaron del resto possono essere conservati a lungo se protetti dall’umidità e quindi imbottiti in diverse materie. A maggior ragione se si sceglie una base neutra come quella alla vaniglia.
La scelta delle mandorle credo sia alla base di tutto. Pur avendo sempre scelto mandorle di ottima qualità ho riscontrato problemi a secondo di quanto abbiano stazionato nella scatola di latta dove erano riposte. In un momento particolarmente labile mentalmente ho fatto anche la preparazione dei macaron con le mandorle non spellate. Così giusto per provare una cosa che sai non riuscirà mai sin dall’inizio. Il cosino liscio liscio sopra era pure venuto bene ma del riccio riccio ahem… Regia c’è un vielo pietoso da stendere figurativamente? Grazie.
Credo fortemente che per la realizzazione di questi dolcetti ci si debba armare di pazienza infinita e trovare le condizioni giuste.Basta davvero pochissimo per commettere il pasticcio. Gli ingredienti sono pochissimi e si tratta infine di una semplice meringhetta perché altri non è che albume, zucchero e farina di mandorle ma i prodotti, mandorle soprattutto come dicevo, hanno un ruolo determinante. Considerato che la ricetta base è stata data e si trova cliccando qui con relativa lezione di Einstein e che vi sono diverse ricette all’interno di Gikitchen:
- Ricetta base dei Macaron alla vaniglia
- Ripieno per Macaron alla Papaya
- Ripieno per Macaron Kiwi e Banana
- Ripieno per Macaron al Mango
- Macaron al Cioccolato
- Ripieno per Macaron al cioccolato ( Nigella)
- Macaron al Pistacchio di Nigella (da fare velocemente. Ricetta perfetta! Esteticamente un po’ meno ma gustosissimi)
- Macaron salati
passerei solo alle considerazioni veloci di questa mia esperienza con i macaron.
Il Tant Pourt Tant
Il TPT questo sconosciuto.
Il TPT è la polvere di farina di mandorle e zucchero a velo setacciate insiemte. TPT significa Tant pour Tant. Si trova anche in commercio seppur non sia facilmente reperibile. E’ la base della preparazione del macaron. Per far sì che il macaron risulti liscio e brillante ( cosino liscio liscio sopra) si deve prestare molta attenzione al TPT. Per farla breve insomma non si può neanche minimamente prendere in considerazione ” evvabbè che lo setaccio a fare.Cihofrettaio!” . Il TPT può essere preparato in anticipo senza problema alcuno ma deve necessariamente essere riposto in un recipiente con la chiusura ermetica e in un ambiente non umido. Averlo già pronto è un’ottima idea ma non può essere conservato per più di sei giorni. Massimo una settimana ma senza esagerare.
Si narra che l’albume perfetto per la preparazione dei macaron deve essere invecchiato. Significa che bisognerebbe tenerlo almeno 24 ore dentro il frigo dentro un recipiente prima dell’utilizzo. Alcuni chef addirittura consigliano 26-48 ore. Usando un albume appena tolto dal guscio e a temperatura ambiente si otterrà ugualmente un effetto sperato prestando attenzione al resto ma confesso che con l’invecchiamento si ha davvero tutt’altro risultato.
E’ importante davvero avere un termometro e misurare esattamente la temperatura dello zucchero. Qualche goccia di limone gioverà e sarà davvero importante non fare formare cristalli. Per interrompere la temperatura e non farla proseguire far raffreddare il pentolino dove ha caramellato lo zucchero giusto qualche secondo in un recipiente con acqua ghiacciata. Si fermerà instantaneamente la cottura. Non bisognerà neanche però far stazionare a lungo il pentolino perché si sortirebbe l’effetto desiderato inverso, ovvero quello di abbassarla la temperatura.
I coloranti
I coloranti in polvere sono in top per la preparazione dei macaron ma anche quelli in gel non deluderanno. E’ importante controllare sempre da quanto siano stati aperti però questi coloranti. Ho notato che con lo stesso impasto e usando dei coloranti nuovissimi e fiammanti e altri vecchiotti e aperti da qualche mese l’impasto è letteralmente sgonfiato. Con i coloranti liquidi è meglio neanche pensarci perché davvero è impossibile ottenere buoni risultati. Purtroppo per colorare i macaron con una gradazione convincente se ne dovrebbe mettere tanto da introdurre troppo liquido all’impasto. Con la polvere e il gel si ovvia al problema perché si parla davvero di minime quantità.
Il macaronage
è il passaggio fondamentale della preparazione dei nostri macaron ed è praticamente quando tutto l’impasto si incontra e viene amalgamato. Se si lavora troppo è un male. Se si lavora poco è un male. Se si lavora male è un male. Bello no? Il macaronage potrebbe buttare allegramente al vento tutto il lavoro e gli accorgimenti sinora fatti. Non deve essere troppo liquido ma neanche troppo compatto. I macaron se il macaronage è troppo liquido risulterebbero piatti, sgonfi e senza il cosino riccio riccio che tecnicamente viene chiamato “collarino”. Il macaronage deve avere come risultato un composto omogeneo, che se colorato non deve in alcun modo avere parti sbiadite ma sempre e solo della stessa gradazione.
Il forno chicchesenedicasantocielo deve essere ventilato. Io ho provato pure con la cottura pizza, così giusto per dire (umamma devo fare la pizza macaron!).
E dovrei ancora dire un’altra milionata di roba eh. Ma so già che vi ho fatto passare la voglia di Macaron. Correte quindi chi può da Lauderèe o Pascal Caffet o dovevoletevoi, compratene un pacchetto e mentre li mangiate pensate a quella matta che blatera di macaron a pois, teglie di silicone, macaronage, temperature e albumi invecchiati.
E fatele/mi una sonora pernacchia al grido di ” scemaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa”. Che me lo merito tutto.
E insomma Buona Giornata di Macaron a tutti ! (cosa ho detto non lo so).
Essendo una giornata impegnativa a dir poco (credo che smetterò intorno alle 23.30 di dopodopodopodopodopodomani) io vado a disperarmi urlando e agitando i capelli. Chiedo perdono per non aver letto le email. Chiedo perdono per non aver risposto a nessuno. Chiedo perdono per non aver ancora spedito i regali della Tombola per anziani. Chiedo perdono per tutto ma davvero noncelapossofarcela.
Davvero eh*segue faccino triste e affranto*