Trovo in archivio questo post, scritto non so neanche io quando, e queste foto che raffigurano uno dei miei primi (se non il primo) timballi. Approfondirò l’argomento di quello che è seguito poi, a partire dal disastro che ho preparato quando la Sacra Dottoressa Suocera è venuta qui nel territorio siculo in quel di Pasqua, ma nel frattempo pubblico codesto delirio:
(è assurdo. Ho trovato una decina di post che credevo di aver pubblicato. La domanda illuminante di oggi è: masantocieloquantoscrivo?)
Da un po’ di tempo mi frulla in testa la voglia di preparare il timballo di maccheroni del Gattopardo. Essendo una ricettina ultra light che contiene anche la crema pasticcera (ebbene sì. Non fissate lo schermo come le mucche fissano i treni passare durante il pascolo. La crema pasticcera) oltre i fegatini, la carne, le uova, la salsa, la carne tritata e le melanzane fritte e pezzotti di maiale, prego costantemente i miei familiari e conoscenti affinchè si prestino all’assaggio.
Capisco che per questa mia passione non posso pretendere che i loro fegati scoppino o implodano provocando danni interni incalcolabili, ma santapizzetta come dovrei mai riuscire io a ingurgitare una roba del genere? Un timballone di maccheroni (giammai!) con diverse qualità di carne (preferisco randellate sui denti fino a stramazzare al suolo) con la crema pasticcera (masiampasssi?!) e pure le uova?! (no dico LE UOVA?!)
Lo farei ma non è colpa mia se ho buon gusto (momento autocelebrativo con possessione egocentrica universale).
Naturalmente mi riesce difficile convincerli perchè loro astuti e malvagi ridacchiano dicendo “essenontelamangitu, devomangiarmelaio?”. Grazie al cielo la mia risposta pronta “evvabbè ma pure la torta al cioccolato non mangio. Vorrà dire che non la preparerò più” sortisce qualche effetto. E li vedo riflettere mentre si crogiolano nell’interrogativo che più li attanaglia:
la crema pasticcera.
E le melanzane al cioccolato (clicca qui per la ricetta) dopo le prime titubanze sono state spazzolate in men che non si dica ergo: perchè non dare fiducia alla crema pasticcera tra fegatini, ragù, uova e pasta? In nome della letteratura e della cultura perdinci!
“L’oro brunito dell’involucro, la fragranza di zucchero e di cannella che ne emanava, non era che il preludio della sensazione di delizia che si sprigionava dall’interno quando il coltello squarciava la crosta: ne erompeva dapprima un fumo carico di aromi e si scorgevano poi i fegatini di pollo, le ovette dure, le sfilettature di prosciutto, di pollo e di tartufi nella massa untuosa, caldissima dei maccheroni corti, cui l’estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio.”
Questo è quello che racconta Giuseppe Tomasi di Lampedusa quando a Donnafugata arriva in sala, oltre che la meravigliosa Angelica, questo popò di roba mentre candele sono accese su una tavola sontuosissima e Tancredi rincitrullito osserva rapito il suo amore.
Nulla di strano quindi per la cannella che profuma il ragù perchè il siciliano la cannella la mette pure nel caffè e si fa il risciacquo dopo la shampoo usando questa spezia, ma perdindirindina la crema pasticcera dov’è?!Sto indagando al riguardo perchè semmai dovessi scoprire che è un ingrediente non segnalato da Tomasi di Lampedusa procederò in maniera controcorrente e diciamocelo: avrò qualche chance in più per prepararla. Nel frattempo però questa voglia di timballo mi ha preso (quando dico mi ha preso intendo: mi ha preso per prepararlo eh. Non mi ha preso per niente per mangiarlo) e la mia scelta è ricaduta su una cosa molto più facile da smistare. Difatti il mio papetto con consortemammosa e pelato nippotorinese se lo sono spazzolato in men che non si dica. Tra l’altro il forestiero apprezza non poco gli anelletti siciliani, ovvero questa pasta unicamente appartenente alla Trinacria da generazioni (un po’ come quella a cinque buchi del Carnevale) che ormai non è difficile trovare in commercio soprattutto da quando aziende nazionali se ne sono impadronite. E’ la pasta al forno classica e comune per intenderci, ma realizzata con gli anelli piuttosto che con i maccheroni. Dentro ci può essere davvero di tutto ma guai e ripeto guai se manca la melanzana, che come la cannella rappresenta un ingredienti principe per il siculo.
Il piatto festivo che si prepara in casa tra urla di bimbi e cugini di settima generazione. Molte feste paesane culminavano con grandi abbuffate di pasta ‘ncaciata (clicca qui per la ricetta) anche se nella mia famiglia avendo la nonna calabrese ci si buttava sulla pasta arriminata (clicca qui per la ricetta). Che sia incaciata, incastagnata, ncasciata questa pasta al forno tradizionale e familiare ha sempre un po’ lo stesso sapore ed elaborazione di ingredienti “poveri” e “comuni” (adesso poveri e comuni, l’esatto contrario all’epoca).
A Novara di Sicilia poi si usavano quattro tipi di ragù per fare questo timballo; ovvero l’agnello, il pollo, il vitello e il maiale.
Sulla pasta siciliana ce ne sarebbe da dire eccome; soprattutto sui cavati e la loro versione ridotta, i cavatieddi, senza contare i Lolli (classici con le Fave). Il Ragusano poi è talmente ricco di varietà casareccie che occorre proprio un capitolo a parte. Con lo stesso impasto della pasta poi si possono realizzare i causunieddi (calzoncini), i lazzitedda e i pizziliati. C’è la pasta rattata (grattugiata) e la pastraredda di forma rotonda. I busiati, le mafaldine di Piazza Armerina e i busiati trapanesi.
A Catania poi c’è la Scuma (Schiuma) sulla quale urge approfondimento anche se qualcosa è stato detto qui. Oltre a essere uno dei piatti poveri preferiti del mio papà e della sua infanzia, è uno dei miei ricordi più ancestrali e profondi.
Non mangio carne da più di dieci anni. Nonostante i miei problemi alimentari in genere non sono mai stata un’amante della pasta. Amavo le farfalline. Credo che buona parte di quei meravigliosi 140 chili fossero dovuti a confezioni da 500 grammi di farfalline in brodo che mi sparavo in vena anche al pomeriggio. Poi la dieta e la demonizzazione generale dei carboidrati hanno fatto il resto.
Sicula disonorata fui. Che non mangia pasta e timballo; ma perlomeno li preparo (momento di autocommiserazione-convincimento-delirio).
E allora è semplicissimo perchè in fondo basta solo cuocere gli anellini in acqua bollente e salata e scolarli 3-4 minuti prima della fine della cottura. Friggere le melanzane e rassodare le uova. Preparare il ragù con il soffritto base di carota, cipolla e sedano e una buona salsa fatta in casa. Assemblare tutto e mettere le uova intere o tagliate al centro e iniziare magari dalla base con qualche fetta di melanzana in modo che risulti come un simpatico coperchio. Infornare con abbondante parmigiano e via. Capovolgere. Se si usano le teglie in silicone l’operazione riuscirà non soltanto semplice da far paura ma anche veloce.
E ora passiamo alle cose serie: chi è che si presta ad assaggiare il timballo con la crema pasticcera?