La mia terra ben presto accoglierà orde di turisti che si riverseranno in cerca di un soggiorno esotico in patria, che con la crisi si sa è giusto rispolverare il detto “ abbiamo così tante meraviglie in Italia, perché andare all’Estero?”.
Mi sento quindi in dovere di auto-eleggermi Guida Virtuale Sicula, non tanto per rovinarvi (solo) la vacanza ma anche il pre partenza. Sperando di eccellere dunque con questa Rubrica di cui se ne poteva tranquillamente fare a meno oggi si getteranno le basi che occorreranno in linea generale per rendere il soggiorno in Sicilia davvero un’esperienza indimenticabile. Per comodità in questa prima puntata, che definirei pilota, tracceremo per punti dei passi salienti culinari necessari per la sopravvivenza. Seguiranno altre puntate settimanali con tanto di foto, documentazioni, video e allegati.
Da cosa si poteva partire se non dal cibo? Giusto per introdurre al meglio ( risate registrate) il tutto ricordo che comunque qui al Gikitchen vi sono questi pseudo articoletti redatti lo scorso anno , ovvero:
- Le 12 cose da fare a Palermo ( prima parte)
- Le 12 cose da fare a Palermo ( seconda parte)
- Bagheria e la conca d’oro
- Bronte e Randazzo
- FotoPost da Taormina
- Taormina ad Agosto
- Ortigia e Siracusa
E’ importante seguire una dieta alimentare rigidissima almeno una settimana prima della partenza prestabilita qualsiasi sia la meta prescelta in Sicilia. Sarebbe opportuno agire nel seguente modo: quattro giorni di depurazione detox e i restanti tre un digiuno comprensivo solo di acqua e frutta. Questa privazione di proteine e carboidrati non dovrà in alcun modo preoccupare la salute dell’allegro Turista che recupererà con gli interessi il calo di zuccheri e grassi che si è imposto per non tornare a casa con un’intossicazione alimentare. L‘isola riesce a lasciare moltissimi ricordi ed uno di questi è un aumento del peso corporeo pari al dieci per cento ( se tutto va bene).
Gli indigeni del luogo amano coccolare i gitanti venuti da lontano (intendo sbarcati sulla terra perché potenzialmente potrebbe essere anche proveniente da Reggio Calabria) e la loro preoccupazione nel vederli sotto peso e non in perfetta forma fisica li porterà ad elargire consigli culinari per una buona ripresa dello stato di salute. E’ importante quindi sottolineare che per un Siciliano “essere sottopeso” significa nel resto del Mondo ” essere normopeso”. Quest’ultimo parametro difatti è tale se vi sono almeno quindici chili di sovrappeso. Solo allora un uomo/una donna/un bambino/una bambina possono essere catalogati come ” persone che stanno bene”. Naturalmente se la percentuale aumenta vorticosamente si passa allo stadio ” persone che stanno molto bene”. Giusto per fare un esempio velocissimo: un individuo che porta con sé dai venti ai venticinque chili di sovrappeso ” sta benissimo”.
Il Siciliano medio ti inviterà a non compiere gesti inconsulti e quindi preferire due arancini e quattro mini (secondo gli standard dell’isola) panini alla porzione di frutta che ti eri prefisso in spiaggia. Ti narrerà delle sue gesta culinarie per incoraggiarti quindi a non demordere e proseguire impavido nell’ingurgitamento di calorie gustose e ricche di qualsiasi tipo di valore nutrizionale. Ma quali sono gli esatti parametri per una buona convivenza?
Oggi cercheremo di riassumere sintetizzando in vista di vere e proprie tabelle in formato stampabile che potrete comodamente portare con voi . Mi sto organizzando.
In Sicilia, soprattutto nella parte orientale, esiste il concetto e la conseguente filosofia della ” Tavola Calda”. Per Tavola Calda si intende tutto un tripudio di salatini e stuzzichini, tanto per capirci e generalizzare. In realtà il discorso è talmente ampio che un’enciclopedia di trentasette (mila) volumi non basterebbe. Basti sapere al momento che il Siciliano va in visibilio quando si trova a dover elargire consigli sui pezzi culinari che compongono la tavola calda. Si destreggerà benissimo nella discussione ricca di dettagli sulle varie tipologie che compongono questa filosofia culinaria. Non fatevi trovare impreparati e farete qualche bagno in più senza essere ostaggio di gentili elargitori consiglieri.
I pezzi di tavola calda sono sostanzialmente:
Pizzetta, Arancino, Cartocciata, Bolognese, Bomba, Sfoglia, Cipollina e Siciliana (non contiamo neanche la mozzarella in carrozza et similia ma solo le tradizionali per eccellenza).
Niente di così trascendentale si direbbe a primo acchito ma ognuna di queste tipologie contiene come in un diagramma di flusso complicatissimo delle diramazioni che tutto sono fuorché semplici.
La pizzetta è chiaramente servita nei più svariati modi e dipende dal luogo in cui vi trovate. Generalmente vi è la classica tonda mollicosa piuttosto alta servita con il classico pomodoro, mozzarella, olive nere e basilico sino ad arrivare alle più moderne versioni con pezzotti di wurstel, maionese, patatine e ketchup ( e no. Non sto scherzando). Importante sottolineare la fazione alternativa alla classica pizzetta, ovvero quella della ” pizza al taglio” dove il pezzo di tavola calda assume sembianze ben diverse e quindi sarà completamente opposta alla precedente ergo in una versione bassa, sottile, croccante. La prima verrà pagata a pezzo mentre la seconda a peso.
Non bisognerà lasciarsi abbindolare da questa nozione in quanto pur essendo l’impasto del pane ben sottile e croccante il peso del condimento potrà essere ben più del quintuplo complessivo. Un pezzo di pizza al taglio potrebbe tranquillamente orientarsi sulle due euro dunque, che per la moneta locale è comunque una spesa esosa, e saziare otto comitive con i suoi nove chili di prosciutto cotto e settecentomilagrammi di mozzarella filante.
A proposito della mozzarella filante, farei giusto un appunto doveroso. Mangiare pezzi di tavola calda in costume se non si è preparati psicologicamente all’evento potrebbe essere mortale. E’ giusto aspettarsi la generosità risaputa siciliana e certamente quindi non si penserà di trovare dentro l’arancino poca mozzarella e condimento ma sorprenderà e non poco doversi ricredere anche sulla più florida aspettativa. La mozzarella, per fare un esempio, sarà almeno il triplo della quantità che aveste sperato in preda ad un attacco bulimico dopo nove mesi nel deserto del Sahara. Sarà quindi buona norma premurarsi di magliettina ( o tuta di amianto) e mangiare l’arancino ( o tutta quella tavola calda “chiusa” e “imbottita” che non lascia intravedere il contenuto) sporgendosi lentamente sul davanti per far cadere il pezzotto di carne eventualmente ( che corrisponde ad un roastbeef di un chilo e mezzo) per terra e non sull’addome. I quaranta gradi del sole presi in precedenza in spiaggia vi avranno arrossato sì ma mai come quel pezzo di carne /pezzo di mozzarella che vi ustionerà l’epidermide a vita lasciandovi una meravigliosa macchia sul torace. Certo è pur sempre un souvenir e si potranno elencare ai nipoti ” e questo è quando il nonno ha mangiato l’arancino con il pesce Spada a Catania” segnalando l’ustione.
- ” e questo nonno cos’è? cos’è? “ disse entusiasta il bambino segnando con il ditino un ustione a forma trapezioidale
- ” e questa è l’ustione che nonno si è provocato in Sicilia con una cipollina caldissima servita alla Playa. Quanti bei ricordi” disse il nonno con occhio laconico mentre il ricordo ancora vivo del dolore a distanza di trenta anni si faceva spazio nella memoria.
Ma proseguiamo con calma ed elenchiamo correttamente le varie branche della Tavola Calda. Occorre una specializzazione e un master a Catania. Fortuna vuole che vi trovate davanti la massima esperta di Tavola Calda ( non è vero considerato che non la mangio ma ricordatevi sempre che ero 140 chili e sapevo come farmi felice. Ho tutti i requisiti necessari per sproloquiarne)
L’Arancino non è un supplì. Non me ne vogliano tutti i miei adorabili amici romani e la frase non è detta con campinilismo, che non ho per altro, ma santo cielo non è un supplì. L’arancino è filosofia allo stato puro. Vi sono degli altarini per venerare la divinità di Riso croccante che cela meraviglie. L’anno scorso se ne è parlato qui al Gikitchen per quanto concerne l’etimologia della parola e le tradizioni. Basti sapere in questo contesto che l’arancino in tutta la Sicilia viene servito nei più disparati modi. Ma come orientarsi? Semplice. Dalla forma. Uno dei segreti fondamentali per carpire i primi segreti dell’arancino che vi troverete davanti sta proprio nella forma.
- Arancino a forma di piramide: arancino con il raguù (il classico storico)
- Arancino a forma tonda: arancino in bianco ( con formaggio, prosciutto cotto a tocchetti e mozzarella)
- Arancino a forma ovale con evidenti verdure nell’impasto ( sembrerà un colore mantecato al verde): arancino in bianco ma nella versione con spinaci.
- Arancino a forma oblunga ma ingabbiato da una pasta supplementare come fosse brisèe: arancino al forno generalmente servito con pomodoro, mozzarella, ragù (altrimenti come nella forma indicata visivamente nella foto che ho scattato. Ultimamente viene servita anche questa gabbia di simil brisèe libera che contiene solo riso)
Fin qui niente di trascendentale. E’ importante specificare al Siciliano il concetto di carne. Ve lo dice una che è vegetariana da più di dieci anni e che continuamente deve fronteggiare il compaesano. Il prosciutto per un Siciliano non è carne. Capita questa regola principe il soggiorno sarà migliore, ve lo assicuro. Per non ritrovarvi a sputare nella hall del bar dei pezzi di tavola calda al grido di ” ma c’è il prosciuttooooooooooooooo” sarà buona norma quindi chiedere:
-
- “c’è del prosciutto dentro?”
- ” c’è del salame dentro? “
- “c’è un coniglio dentro?”
- “c’è un mammut dentro?”
Non sottovalutate la fauna che un siculo può inserire dentro un pezzo di tavola calda. Se non avete il tempo di elencare tutta l’enciclopedia di animali dalla A alla Z, non affidatevi al concetto di ” sono vegetariano/a”, perché sarete guardati con sospetto o pietà, ma fatevi semplicemente elencare TUTTI e dico TUTTI gli ingredienti.
Per il Siciliano è inconcepibile che un essere (io) si privi delle meraviglie dell’arancino al ragù. Niente di strano che un dolcissimo cameriere giri il bancone del bar. Vi venga ad abbracciare. E pianga insieme a voi al grido di “mi dispiace” pensando che non sia una scelta di vita ma una malattia incurabile. Nel caso abbracciatelo stretto anche voi e non fate i soliti freddi come il Nippotorinese, perché è davvero assurdo per lui pensare che al mondo esista gente tanto infelice.
“Mi aveva detto che non c’era carne! “ potrebbe ricevere come risposta ” ma Signora aveva detto se c’era la carne mica il prosciutto”. Ricordate però che è sempre quell’adorabile cucciolo che vi abbraccerà e parlerà di voi con i parenti con sguardo triste e sconsolato ” e poi oggi è venuto uno che non mangiava la carne poverino. Che tenerezza. Se ci penso mi si stringe il cuore e non mangio più il nono arancino di oggi”.
C’è da dire però che a discolpa di tutto e tutti non sarà difficile trovarvi un buon 99.9 per cento di premura pronta a sostituire tutto. La gentilezza del siciliano non è una leggenda metropolitana, e tolti pochissimi casi, vi è davvero una disponibilità ai limiti dell’imbarazzante per servire e rendere felice chi ha deciso di trascorrere dei giorni nella sua isola. Se vi troverete della carne il pezzo verrà cambiato e le scuse arriveranno. Altrimenti vi trovate in un posto davvero brutto e sarà necessario fuggire.
L’Arancino naturalmente si declinerà nelle sue varianti più caratteristiche e non. Vi sarà dunque l’arancino al pistacchio ma anche con pesce spada, tonno e alla norma ( con melanzane fritte). Saranno molteplici le sfumature che questo potrà assumere e i contorni sono tutti talmente gustosi che non si potrà gridare al miracolo. E’ importantissimo, davvero , non credere che un pezzo di tavola calda sia uguale al precedente. Ognuno ha una ricetta e una tradizione. Non tutti gli arancini sono unti. Non tutti gli arancini sono nauseabondi. L’unico concetto universale è l’abbondanza. Se all’interno di un arancino vi trovate un contorno tutto bianco e al centro un ridicolo pisello solitario con un pezzotto piccolo di ragù depresso sappiate che non siete in Sicilia ma è solo una ricostruzione virtuale . Un’oleogramma. Fuggite in quel caso dagli impostori. Non sono siculi veri.
La cartocciata, ennesima meraviglia della tavola calda, è una pizzotta sicula ripiena con tanto formaggio, prosciutto e mozzarella nella versione classica. La pasta è completamente diversa dalla focaccia e pizza comune e somiglia più ad un incrocio con del pan brioche (ma naturalmente in versione leggermente salata) dall’aspetto panoso e mollicoso ma morbido e gustoso. Al suo interno le varie declinazioni includono funghi, melanzane, spinaci ed elaborazioni anche con besciamella. Olive? a go go . Nere, carnose, succose e siculissime. La forma è simile ad un fazzoletto ripiegato su se stesso ed è facilmente intuibile il ripieno dal fatto che fuori viene posto generalmente l’elemento principe. Per una cartocciata ai funghi ci sarà un piccolo champignon attaccato ( non si sa come) sulla piega della superficie. E così via. Se non vi è nulla vi trovate davanti alla classica Cartocciata: salsa fresca, mozzarella, prosciutto, olive nere.
La cipollina rimane nel cuore ed è una tra le più gettonate. L’impasto seppur simile alla cartocciata è molto più sottile e meno mollicoso al limite della sfoglia ma sfoglia non è. Anche qui dipenderà dal luogo dove verrà servita ma generalmente è sbriciolosa e al suo interno contiene tanta di quella cipolla da poter riconsiderare il concetto di alitosi. Esasperazioni a parte, c’è da dire che la cipolla essendo infornata e cotta non porterà affatto un disgusto pesante nella cavità orale. Se avete scelto la formula quindi ” vado in sicilia per trovare una bella moretta”, tranquilli. Mangiate cipolline come non ci fosse un domani. Non potrà essere che un valore aggiunto per la bella sicula del luogo che apprezzerà certamente questa eau de toilette cipollin con la quale ha passato l’infanzia. La cipollina è l’unico pezzo di tavola calda che non ha alcuna declinazione. La cipollina è la cipollina: prosciutto, cipolla, formaggio e pomodoro. Amen. Nessuna variazione con funghi, melanzane, coniglio, mortadella o qualsiasi cosa. La cipollina è una e indivisibile. E l’essere parmenideo.
La bolognese, dall’origine ermetica perché non si è ben capito (suppongo perché la classica è con il ragù e non ci vuole una faina incrociata con una volpe per sostenerlo), è di forma circolare e l’impasto è un ibrido tra la cipollina e la cartocciata. All’interno generalmente si trova il ragù ma si può pure trovare un meraviglioso composto con funghi besciamella e prosciutto sino ad arrivare ad infinite declinazioni che comprendono il crudo, gli spinaci e le melanzane. Nella foto ne è ritratta una ad esempio che all’interno ha una piccola parmigiana. Melenzane fritte, salsa e uovo (goduria suprema).
La Bomba non lascia presagire certamente un’elaborazione light e difatti è una pallottola tonda fritta ( ma può essere anche al forno ) con all’interno del prosciutto mozzarella e formaggio come base. Tanto tanto ma proprio tanto pepe nero è la caratteristica suprema, La Bomba può assumere tratti inquietanti a secondo del ripieno ma generalmente viene servita in questo modo ed è difficilissimo trovare una versione con verdure o vegetariana ( risate registrate).
La Sfoglia o patè ( viene chiamato in molti bar così) è un impasto molto simile alla sfoglia classica ma molto ( e dico molto) più friabile e sbricioloso. Viene preparata con una grandezza abnorme proprio perché l’esterno si disfa come fosse neve al sole dopo il primo morso. Generalmente la base anche qui è con pomodoro, mozzarella e prosciutto ma le declinazioni possono essere infinite e talvolta comprendere le verdure.
E poi la Siciliana ( inchino). Era la mia preferita santo cielo. La forma è uguale alla Cartocciata ma visivamente è diversa proprio per il processo di cottura differente. Ci fosse un podio insieme all’arancino sarebbe lì senza temere rivali. Nella versione tuma (formaggio locale) e alici fresche o classica con pomodoro, prosciutto e mozzarella e olive nere vi conquisterà. E’ fritta e simile alla Bomba ma con un impasto molto più soffice (meno olioso se vogliamo). Esiste la declinazione al forno e santo cielo. Semmai doveste sceglierne uno di pezzo fatelo in memoria di me: prendete la Siciliana. Che il cielo vi benedica.
Fatto un breve ( non sembra ma è breve davvero) excursus sulle tipologie principe della tavola calda siciliana occorre rispondere alla domanda ” ma quando si mangia la tavola calda? “
E qua ti volevo.
Il vero siculo non disdegna mai un pezzotto di tavola calda. I bambini sono cresciuti (lievitati) a tavola calda e granite e talvolta i risultati sono ben visibili (io ne ero un fulgido esempio quando mi aggiravo rotolando alle elementari). Generalmente per gli indigeni del luogo il pezzo di tavola calda può essere un’alternativa ai pezzi della colazione ( ebbene sì. Anche lì ve ne sono infinite variazioni con tanto di nomi e declinazioni ma procediamo con calma santo cielo) e quindi sgranocchiato con il caffè o durante la metà mattinata. Nel senso che la dieta generalmente prevede uno spuntino a metà mattinata. Una mela, un frutto, uno yogurt, una barretta di cereali? Ecco. In Sicilia un pezzotto di tavola calda a metà mattinata non ha mai ucciso nessuno ( non ci giurerei). La Tavola calda in realtà può anche essere un pasto ma ( e giuro sono serissima) inteso come quattro pezzi.
Per un Siciliano infatti un pranzo, che può essere pranzo o cena, è inteso come tre pezzi minimo di tavola calda. Essendo molto in voga servire la tavola calda durante i compleanni, feste e quando non si ha voglia di cucinare e troppi invitati a casa, ci si orienta in questo modo per l’ordinazione. Calcolare tre-quattro pezzi a testa (ma bisogna essere tirchi perché Fernanda ne calcola sette se tutto va bene. Per chi non sapesse chi sia Fernanda oltre a vergognarsi : la sacra mamma). La base del piatto che si andrà a formare comprende infatti la pizzetta ( deve esserci!) , l’arancino ( deve esserci!) , la cartocciata (deve esserci!), pezzo facoltativo che la padrona di casa o chi per lei sceglierà a secondo dei gusti ma la bomba in versione mignon pare essere nei sondaggi una delle più gettonate ( mignon corrisponde a 700 grammi).
Il Siculo durante un pasto fuori casa (pausa lavoro ad esempio) se non si butta su un piattone di pasta al bar ( pasta e sorprendentemente insalate: ma dentro potrebbero celare pezzi di tavola calda tra una foglia di radicchio e pomodoro ) sceglie la tavola calda.
C’è da dire che non si è mai visto ( E DICO MAI !) un qualunque esercizio che non abbia nelle vetrine riscaldate questi oggetti (se siete in farmacia e trovate l’arancino tranquilli! è tutto regolare). A meno che non siate a Palermo perché nel capoluogo la tavola calda è completamente assente. La patria della tavola calda è indiscutibilmente Catania ed oggi ci stiamo accingendo a compiere un mini tour partendo proprio da qua ma in qualsiasi punto della Sicilia vi saranno nuove scoperte culinarie e tutte degne di nota.
Per non farsi ricoverare all’ospedale Cannizzaro di Catania, in veste nuova e migliorato fa la sua figura, sarà quindi un bene procedere con un pezzo di tavola calda per volta senza avventurarsi eccessivamente e lasciarsi prendere dall’entusiasmo. Se si è in gruppo l’idea di prenderne un bel po’ di pezzi e tagliarli in parti per assaporare e capire quale sia il “pezzo di tavola calda che vi accompagnerà per la vacanza” non sarebbe una brutta idea. Fermo restando che davvero sarebbe opportuno provare in diversi luoghi perché la tipologia cambia e parecchio. Mangiare un arancino al lido potrebbe essere nella maggior parte dei casi un errore ( un po’ come mangiarlo sul traghetto. NON LO FATE PER NESSUNA RAGIONE) Purtroppo sono molti gli stabilimenti non forniti di cucina e questi pezzi provengono da altri bar e poi riscaldati alla meno peggio. Se si vuole quindi avventurarsi nell’assaggio della tavola calda sarebbe opportuno farlo in un bar non per forza glamour e chic, ma neanche in un luogo che vi lascerà un tristissimo ricordo.
Adesso il Nippotorinese dovrà mangiare tavola calda fino alla fine dei suoi giorni avendone comprata giusto una tonnellata per eseguire il reportage degnamente. Per qualsiasi dilemma sulla tavola calda rimango a completa disposizione. Ben comprendo che i quesiti che potrebbero scaturire sono infiniti. La risposta è però sempre dentro di voi e come saggiamente Max parafrasa:
ed è sempre quella sbagliata.
Nella seconda avvincente puntata di ” E te lo spiego io come sopravvivere in Sicilia” si narrerà circa i “pezzi della colazione”.