Eh no qui si comincia con: EVVVIVA BIBIKITCHENNNNNNNNNNN! Che c’è stato il passaggio ufficiale a Bibikitchen.it e io come una mamma che ha costretto la figlia a diventare una fudblogàà non solo sono commossaorgogliosafelicemozionata ma pretendo che l’amica migliore che si possa avere (molto di più di una bestiabionda che va al concerto di Madonna, intendo) riceva una stendingovescion generale con tanto di lancio di fiori.
Credo fortemente che Bibikitchen diverrà un portale di riferimento per tutte le vere appassionate di scrittura e cucina. I potenziali di Cri sono talmente abnormi che. Che ne vedremo delle belle. Ed io sono con popcorn (senza olio, scoppiati ad aria grazie) e acqua frizzante pronta a godermi il mio spettacolo. Evviva Bibikitchennnnnnnnnnnnnnn! (corro a fare una miniatura in gesso di Cri da venerare e la metto in palio per la prossima Tombola per anziani. Occhei?)
Evviva Bibikitchen abbasso Bestiabionda! (buuuuuu. Non ha ancora aperto il suo cannelliniblog. buuuuuu. vegggggogggnnnnna. fischi).
Il rosa è la mia contraddizione colorifica (esisterà questa patologia nella “branchia” della psicologia da supermercato al banco frigo, no?). L’ho sempre detestato e velatamente e incosciamente continuo a farlo ma lo idolatro per quella parte trash che coltivo senza un perché. Come quando mi soffermo imbambolata a guardare un programma idiota o un reality per quell’insano gusto di alimentare una parte malsana ricca di nullità. Il rosa è il termometro in fondo della frivolezza esasperata e in tutte le sue tonalità c’è un risvolto ancestrale che andrebbe studiato, carpito ed elaborato. Solo che questa vita grama e difficile ci impone di non poterci soffermare sulle contraddizioni colorifiche (ho preso un master alla Garden Gnome University, si evince no?) e quindi si glissa. Si finge di non capire e si va avanti. Nella scelta di un capo d’abbigliamento blu si nasconde qualcosa proprio come nella scelta di colorare un mobiletto volutamente shabby in rosa pallido per intonarlo all’aiuola fucsia, alla lampada rosa shocking appesa a una lenza e al tavolino per dei tête-à-tête romantici.
I miei periodi “rosa” sono un po’ l’inizio del cataclisma. Mi capitano quando solitamente c’è troppo nero, incubi e insofferenze. Piuttosto che tuffarmici ripetutamente continuo a nuotare nel nero ma lo faccio in silenzio. E quando riemergo tac. Pennellata Rosa. Aritac. Pennellata Rosa di nuovo. Per ricordare che c’è anche quell’adorabile parte inutile, stupida, infantile e gnegnegne. L’angolo rosa che sta prendendo vita sul terrazzo mi occorre per dei set fotografici e con la scusa del “lavoro” il Nippotorinese sbuffa meno. Nella contraddizione colorifica come tutta la “branchia” della psicologia del colore si nasconde anche però una sorta di giustificazione. Perché è buona norma ammettere che un angolo eccessivamente frivolo come questo non lo farebbe neanche una dodicenne in preda alle paturnie da Hello Kitty, ma. Lavoro. Ecco quando si dice “è per lavoro” pure le porte del Pink esasperato sembrano essere meno difficili da oltrepassare.
Io sino ad ora non mi ero mai potuta giustificare con la parola “lavoro”. Certo sono stata fortunata e ho adoperato motivazioni del tipo “perché mi piace così”, “perché è così”, “perché lo dico io”, “perché senza un perché”. Adesso posso essere matura e pensare esattamente “perché lo dico io e perché senza un perché” ma nascondendomi dietro un “lavoro. E’ per lavoro”. In pratica grazie alla psicologica colorifica sono riuscita a capire che crescendo non è che si cambino i vizi ma si impara a mentire meno dopo averli riconosciuti. Per giustificarsi in primis con se stessi e dirsi che no. Non è proprio cambiato un bel nulla.
Dietro la colorazione di “un mobiletto per lavoro” si può nascondere molto di più che in trentaquattro sedute di autoanalisi. Sta di fatto che sogno di possedere una tartaruga (chiaramente rosa) e si fa un gran parlare in questi giorni se “prenderla sì. Prenderla no”. Sarebbe meglio un cane, certo. Anche un gatto, vabbè. Pure un coniglio se non fosse troppo saltellante, peloso e anche un po’ dispettoso. Un uccello ma detesto il cinguettio o una cavia ma starei lì a sistemare la frangetta tutto il giorno. E. Pure un ornitorinco.
Il fatto è che io amo i rettili. Si potrebbe cominciare adesso anche una seduta, dopo quella del mobiletto, circa la propensione ad amare una tipologia di animale piuttosto che un’altra ma in definitiva amo i rettili da sempre (volendosi proprio lanciare nella psicologicaastrologicapplicata e vincere il Nobel per l’idiozia potrei pure specificare che nell’oroscopo cinese sono Serpente ma vabbè).
I rettili richiedono poco tempo. Affetto. Stanno lì sotto il sole a cuocere e si muovono poco. Attaccano quando vengono disturbati ma generalmente non pretendono nulla. Solitari, produttivi e contorti amano scavare. Curiosare. Sotterrare. Taluni si trasformano a seconda dei colori. Diventano gialli all’occorrenza o verdi ma sostanzialmente rimangono loro stessi. Si adoperano moltissimo per avvicinarsi alle altre specie e spesso mordono quando meno te l’aspetti. Ma non nel senso di tradimento. Nel senso che dovresti aspettartelo dopo un po’ perché i segnali erano tutti lì ma non hai ben osservato e quindi. Tac. Morso.
Tac. Rosa. Tac. Morso.
Tutto torna mi sa. E in questa voglia di rettile e rosa sento un’aria di cambiamento feroce ancora una volta. Lo dimostra il fatto che dal “mobiletto per lavoro” sono passata al servizio di piatti rosa, la teiera rosa e il servizio di posate rosa. E sì lo confesso l’ennesima borsa ma rosa. Che non avrò il coraggio di indossare a meno che non diventi bionda platino con un ciuuauuauaua (si scrive così) in mano e abbia un nome di una capitale europea romantica.
Che si cucina in mezzo a tutto questo rosa?
Uhm.
Un’altra ricettina dal gusto orientale ma di preparazione semplicissima. Un risottino veloce, fresco e sfizioso con il tè verde e le scorze di limone. In pratica il riso, che sia tondo ma anche lungo a secondo dei gusti non vi è problema alcuno, si fa cuocere all’interno del tè.
Basterà farlo tostare con pochissimo olio extra vergine di oliva e allungare pian piano come nella classica preparazione del risotto con del tè bollente verde o della qualità che si ha in casa. Dopo che il riso è completamente cotto e ha assorbito il tè (che sostituirà il brodo, insomma) basterà spegnere il fuoco e servire con una generosa grattugiata di buccia di limone (non trattato e biologico).
Durante uno dei viaggi di Bourdain ho seguito appassionata come sempre i suoi giri in Oriente tra bancarelle, negozietti e street food che se per certi versi fa gridare un “ossantocielo” leggermente dispregiativo, dall’altro non può che rapirti e sperare di trovare il coraggio necessario un giorno per poter assaggiare tutto. Anche le cavallette.
Ma. Sto divagando uhm. In uno di questi viaggi una dolcissima vecchietta orientale, di cui ahimè non ricordo esattamente la provenienza, cuoceva il riso proprio tra le foglie del tè e il risultato era proprio il cereale inondato di foglie a micro pezzetti. Non vi era il passaggio del limone che credo sia più “glam” e occidentale chiaramente, ma questa volta ho voluto proprio lasciarle anch’io le foglioline.
Non è stata una buona idea e direi di non emularla o almeno non nel modo in cui l’ho eseguito io.
Avevo già preparato il riso nel tè e se si parla di Matcha o infuso di tè qualsiasi è sempre (davvero eh) una garanzia. Un piatto fresco, delicatissimo, inusuale e saporito che conquisterà i palati un po’ più fini e ricercati, che non amano necessariamente la pesantezza. Rimane quindi una garanzia. L’idea di far cuocere il riso, quasi a fine cottura, tra il restante tè comprensivo di foglioline, a meno che non vogliate vedere il commensale sputazzare sul tovagliolino, direi che no. Non è una buona idea.
Prima il Pollo e poi il tè. Uhm. Che biscotti nel tè qui non ne vogliamo.
EEEEEEEEEEEEEE a proposito del Pollo e del post di ieri. Confesso di aver un po’ riso e un po’ pianto. Non necessariamente in parti uguali. Mi ha molto colpito ed emozionato il fatto che da un post si potesse evincere uno stato d’animo. Avuto conferma quindi (come se ce ne fosse bisogno) di essere fortunatissima ad avere amici preziosi. Oltre ai commenti sono stati veramente tanti i messaggi privati e le email. Che riuscissi a far trapelare un disagio dal pollo alla mongola con il sedano, giuro non credevo di esserne capace. E difatti, riflettendo, non lo sono. Siete stupendi voi che riuscite ad estrapolare emozioni da un pasticcio in padella orientale.
Tutti i polli si sono molto risentiti (qui volevo arrivare) ed anche loro hanno voluto dire la loro al riguardo. Pretendono rispetto e urlano che si immolano con piacere tra salse di ciliegie e luoghi lontani come la Mongolia o il Tibet. Meglio che avere il petto arrostito su una piastra qualunque! (ok non è vero. I polli sono tutti con voi e mi odiano).
Rimango del resto un rettile rosa cattivo che cuoce pollo (roba da farci una graphic novel noir, vero? Me la segno).
Grazie infinite per essere semplicemente come siete e no. Io non ce la faccio a fare l’estrazione del giveaway, uff. Se ne parla a fine agosto.
(scherzetto! entro stasera si saprà il nome del vincitore della Tombola per Anziani. YUPPIDU! fingete entusiasmo o vi dipingo di rosa pure il bagno).
Comunicazione di Disservizio: Su Style è stata pubblicata la mia Fumetto Ricetta del Cocktail di Gamberi (confesso una se non la. mia preferita. Senza un perché )