***Al Fondo del delirio Due VideoRicette: Una in versione integrale mentre l’altra abbreviata (il bello è che si differenziano di 12 secondi. Sono un genio dell’idiozia)
Due anni fa avevo cominciato la sezione Nihon (che puoi visualizzare cliccando qui), ovvero quella che consentiva di reperire facilmente Le Ricette base (e non solo) per le preparazioni culinarie Nipponiche. Dal conosciuto e famigerato Brodo Dashi sino ad arrivare a qualcosa di più elaborato e “sconosciuto”. Non continuo elencando anche quello che avrebbe dovuto essere la sezione Nihon perché è giusto anche ricordarmi che non mi sono trastullata in questi due anni e non sono neanche stata con le mani sulla pancia a fissare il vuoto, ergo mi perdono (momento rari per Miss Masochismo) e ricomincio senza troppe giustificazioni inutili a me stessa.
Nihon conterrà anche delle vere e proprie Schede Tecniche per gli attrezzi e ingredienti che occorrono qualora si volesse cominciare il non troppo impervio cammino della conoscenza della cucina giapponese. Di conseguenza poi magari consigli pratici su dove acquistare gli ingredienti perché nella pole position delle domande ricorrenti che mi vengono poste (la prima è: matuchelavorofaibruttabertuccia? e perchésichiamanippotorinese?) c’è anche quella di dove acquisto (oltre le mie fesserie-pupazzetti-borse-amenità-robaacaso) gli ingredienti.
Ultimamente sto provando Ramen.it e devo dire che non mi trovo bene: di più. Celeri, veloci e con una vastità di prodotti davvero pregevole. Li ho scoperti da poco e francamente li sto amando. Ho ricevuto il Riso per il Sushi entro quattro giorni come stabilito e c’era pure un week end di mezzo: insomma follia meravigliosa. Suppongo che non continuerò ad oltranza così.
Sulla ricerca della perfezione, quella maniacale e psicolabile come piace a me, e sul rigore della bellezza nipponica traslata sul piatto blatero ormai da dieci anni. La cucina Giapponese come non mi stancherò mai di ribadire è purtroppo destinata fondamentalmente a due tipi di fruitori, tanto per non girarci intorno: gli stolti che credono sia fescion solo perché costa tanto ergo “fa figo mangiare al giapponese” e quelli che hanno studiato, capito e colto la filosofia della sensibilità estetica impeccabile. L’irresistibile maniera che ti consente di collegare il gusto comprendendo l’armonia visiva e l’equilibrio degli accostamenti. Le linee rigide ma che sanno danzare, le curve assenti che trovano comunque spazio arrotolandosi tra le linee.
E’ la cura estrema del dettaglio e del sapere ricevere e amare fatta di gesti lenti e magia. Di riflessioni e comprensioni. La Cucina Giapponese è una religione. Ed è riservata a pochissimi. Non alla massa come purtroppo questa smania dilagante fa apparire. Ho un senso proprio di devozione nei confronti dei testi sacri culinari nipponici. Se fino ad ora non ho mai fatto un vero e proprio articolo dedicato al Sushi e alla sua preparazione è perché al contrario degli stolti (pur essendolo io stessa) voler spiegare come fare il riso per il sushi è un po’ come credere che io abbia capito cosa diavolo sia la fisica quantistica o le leggi della termodinamica.
Noi italiani siamo tanto bravi a giudicare l’americano che non sa cuocere la pizza e il tedesco che butta l’arancino nel caffè latte. Inorridiamo credendo che per aver “inventato” pasta e pizza siamo i migliori del mondo. La realtà è che siamo un popolo di presuntuosi pronti a giudicare senza studiare. A parlare senza capire. A dire enormi fesserie del tipo che la matriciana è meglio del pesce crudo.
Io non appartengo a questo sentire che è molto più comune di quanto ci si pensi. Io non sono una siciliana che asserisce che la Sicilia è la terra più bella del mondo. Io non sono quella che crede che il caffè Americano faccia schifo e il ristretto sia il migliore del mondo. Semplicemente perché il diverso non è peggio o meglio: è diverso. E basta.
E il diverso va accettato, compreso e se nel caso lo si volesse emulare non si può improvvisare. Nel rispetto proprio della diversità che è un valore aggiunto sempre e comunque. Dalla quale ci si può solo arricchire, crescere e soprattutto evolvere. Io non ho paura di due uomini che si baciano per strada, di due che crescono un bambino o di due donne che si abbracciano. Non ho neanche paura di chi ha delle perversioni, fissazioni o “stranezze”. Io sono quella che si è innamorata alle elementari di un bimbo con l’alopecia universale quando ancora non sapevo cosa fosse. Non l’ho mai visto più brutto. Solo diverso. E mi ha sempre attratto. Spronato. Incentivato la diversità.
Per certi versi il mio inconscio credo proprio che l’abbia ricercata a tal punto da costruire un personaggio intorno a me stessa. E se ci sono stati momenti in cui ho temuto che uscire con le calze ottanta denari sotto il sole potesse essere “giudicato” adesso non più.
C’è tutta una dietrologia dietro il riso per il Sushi. C’è molto di più dietro tutto quello che appare semplice. Perché se vedi solo una palla di riso buttata su un piatto con un pezzo di pesce crudo sopra significa solo una cosa: sei ignorante.
Poco importa se ti senti offeso e vorresti essere rassicurato con “nel senso che ignori” perché è comunque universale il significato: sei ignorante. E non importa essere laureato per questo, aver studiato o avere un qi più alto. Perché puoi pure sapere i numeri primi, la logica applicata e fare due conti strani con le iperboli e studi di funzione ma se vedi quello che di più semplice c’è significa solo che sei destinato a una vita semplice. Di quelle che ti alzi. Dormi. Mangi. Bevi qualcosa. Uhh che bello ho un nipotino. Litighi con la cugina. Sei morto.
E’ applicandoti e sudando. Studiando e capendo. Fermandoti e riflettendo. Meditando in silenzio e a lungo. Isolandoti ed estraniandoti che puoi davvero capire quello che sei. Quello che vorresti essere e quello che non sarai mai.
Ho un timore reverenziale per la prepazione del Sushi e ho paura di chi butta il carnaroli dicendo che si prepara così. Poi metti l’acqua. Poi fai le polpette. Poi lo arrotoli. Poi.
Poi. Che?
Nel sushi vi è silenzio e trepidazione. C’è un tempo per prepararlo e costruirlo. Devono trascorrere dieci anni affinché l’assistente dello Shokunin (unico in grado di preparare il Sushi) possa avanzare l’ipotesi di diventarlo anche lui. E’ un percorso. Per i primi due anni può guardare e svolgere funzioni di lavapiatti. Poi potrà aspirare a comprare il pesce al mercato, che non è certamente un’operazione così semplice ma molto rischiosa e importante ai fini della preparazione. E c’è chi ride conoscendone la storia e la tradizione. C’è chi buttato per terra batte i piedini e dice “eeee seee dieciiii anni ahhahaahahahahah”.
Ecco da cosa rifuggo.
E’ poetica questa attesa. Ne sono rimasta sempre affascinata e sempre ne ho voluto sapere di più.
Preparare il riso per me ha rappresentato un grande momento. Lo faccio spesso in casa nella mia intimità ma con un video sparato sulle mani se per fare torte e dire fesserie è un momento divertente in questo caso non lo è affatto. E non perché sia una squilibrata che idolatra insanamente la cultura nipponica ma perché proprio questa pretende di essere rispettata. Cosa che francamente nessuno, a dispetto della cultura Giapponese, fa.
E non lo fa perché è diversa. Ancor più diversa tra i diversi. Un’arte che si fonde tra cuore e anima e che risale ai monaci buddisti tornati dalla Cina nel VII secolo D.C. L’aceto di riso e la sua storia. La fermentazione e il sushi tradizionale chiamato naresushi sono punti cardine e solo punte di iceberg enormi galleggianti su oceani di cultura millenaria. Solo nei primi dell’ottocento il sushi assume la forma a noi più conosciuta. Oggi è diventato conosciuto in tutto il mondo, vittima della moda appunto, è diventato una gamma quasi “standard” contaminata da una (con)fusion che vede pure la philadelphia schiaffata sul California Roll (immaginatemi mentre sbatto la testa sul muro ok?). Ho visto mozzarelle dentro il sushi e pure pezzi di mortadella. Ho visto cose che voi umani non potete immaginare.
Il discorso Sushi insomma qui non verrà mai e dico MAI affrontato con scioltezza. Sarà sempre complicato, contorto, difficile e a tratti perverso. Oltre i limiti del maniacale. Per questo motivo è giusto gettare le basi per questo percorso all’interno di questa Rubrichetta “Il Sushi di Iaia”. Perché non potrà mai essere solo Sushi e basta. Perché Iaia non ne è all’altezza. Iaia non ne è in grado.
Molti, suppongo sia un problema comune, non capiscono i limiti che ognuno ha. Qualora dovesse succedere il contrario e un’improvviso moto di autocritica dovesse colpire tutti, il Mondo sarebbe già salvo a metà.
Tutto questo non significa che essendo una purista della cultura nipponica e rispettandola manco fosse una religione (e lo è, inciso), ogni volta ci sarà un preambolo tedioso di tal portata ma non mi vergogno ad asserire che ho molto semplificato il concetto per essere sintetica. Che per alcuni potrebbe essere un “è tutto dire”.
Questo è il Sushi (bruttarello assai) di Iaia. Quello che Iaia ha appreso in pochissimo tempo e che ha dedotto. Il sushi di Iaia è in continua evoluzione in quanto questa (cretina) Iaia stessa è ancora solo all’inizio del cammino. Che mai finirà. Tra le innumerevoli volte che ho preparato il Riso per il Sushi ce ne è stata una che è andata meno peggio ed è proprio quella che mostro oggi. Ovvero la ricetta con la quale al momento mi trovo meglio. Quella che sono in grado di eseguire.
Occorre una manualità decennale. Una dovizia di particolari non indifferente. Occorre un senso minimalista spiccato e visivamente artistico. Occorre formazione e disciplina. Non ci si può buttare insomma su un tavolo cantando e ridendo come si fa con le polpette di melanzana siciliane. Devi essere altro per preparare il Sushi. Devi essere diverso se vuoi scoprire il diverso.
Le polpette di melanzane siciliane le amo più del mio sangue stesso e le preparo in un determinato modo. Il Sushi in un altro.
Questa insomma vuole essere la breve introduzione a quello che seguirà nelle prossime settimane per quanto riguarda la Rubrica “Il Sushi di – e con – Iaia”. Ci saranno molte altre videoricette. Impareremo insieme, se vorrete farmi compagnia, come fare le carote ad ago di Pino perfette (o quasi) e come costruire ventagli di cetrioli. Margherite di carote e origami di pesce.
Perché i Giapponesi, qualora qualcuno se lo fosse dimenticato o non riuscisse a fare semplici collegamenti, sono quelli che hanno dato vita agli anime. E non solo di cartoon. Hanno creato l’origami e l’ikebana. Hanno fuso la loro modernità con la millenaria storia della Grandissima Cina, alla quale il Giappone deve tanto ma certamente non tutto. L’Arte Nipponica, e orientale in genere, sotto tutti i punti di vista è la massima espressione artistica diversa che la mia mente abbia mai percepito. Non soltanto visivamente ma anche epidermicamente.
Non vi è una volta in cui non mi emozioni. Mi commuova. E rifletta sulla grandezza dell’equilibrio. Della conoscenza. Della meditazione.
(la prossima volta tiro fuori il servizio originale per Sushi. Non ho voluto traumatizzare nessuno facendo pensare chissà quali stupidate. Comunque il riso per il Sushi fatto in casa si può fare senza particolari attrezzi. Appositamente ho adoperato un classico tagliere di legno. E’ l’inizio di un percorso. Pian piano si può solo imparare; nel caso certamente in cui si volesse approfondire e intraprendere la strada per migliorarsi e capire a fondo la tradizione nipponica)
Il Sushi di Iaia
Regola Generale: per ogni parte di Riso va una parte di acqua più il 10% di acqua circa.
Io ho trovato un equilibrio con questa proporzione: Per tre cup (o qualsiasi misurino. Io ho adoperato la classica Cup inglese) di riso ne occorrono circa quattro di acqua (il riso comunque deve essere tutto ricoperto dall’acqua ma non troppo).
Basandoci su 500 grammi di Riso Tondo per Sushi (che è poi corrispondente alle 3 Cup indicate; un po’ di più in realtà) occorrerà una mistura circa di: 6 cucchiai di aceto di riso, 2 cucchiai di sale fino, 2 cucchiai di zucchero.
Per i cucchiai ho adoperato un cucchiaio (non da tè inglese ma corrispondente circa a uno spoon grande classico) giapponese leggermente più grande di quello che adoperiamo noi per il tè.
Attrezzi: UCHIWA (ventaglio), HANGHIRI (recipiente dove far raffreddare il riso ma ho usato appositamente un tagliere di legno per non turbare ulteriormente), SHAMOJI (spatola di legno a forma piatta per smuovere il riso), coltello per sushi (ma anche quello di Ceramica classico andrà più che bene o un coltello particolarmente affilato), MAKISU (stuoietta per arrotolare il sushi)
Il Riso va lavato tradizionalmente almeno 15 volte prima di cominciare; anche se molti vi diranno che ne bastano cinque. In realtà dipende dall’amido che il riso contiene e dalla qualità. Per non sbagliare (o sbagliare meno) è importante che l’acqua sia trasparente il riso non sia più bianco come all’inizio. La prima volta che il riso riceve l’acqua non va toccato. Semplicemente bagnato. Da lì comincia il vero e proprio lavaggio del riso con conseguente risciacquo. Il Riso si deve leggermente strofinare sfregandolo dolcemente con le mani.
Dopo tutto il lavaggio va tenuto fermo a riposo per 15 minuti senza essere toccato.
Trascorso il tempo all’interno della pentola vanno messi il riso e l’acqua. Si copre la pentola e a fuoco alto va cotto il tutto per 5-6 minuti finché l’acqua comincia a bollire. Premessa importantissima: MAI TOGLIERE IL COPERCHIO. MAI.
Che l’acqua bolle si vede chiaramente anche con il coperchio in quanto questo tenterà di alzarsi e qualche sbuffetto laterale ci sarà. Proprio in quel momento è importante abbassare il fuoco al minimo e continuare la cottura per almeno 15-20 minuti.
E’ importantissimo questo passaggio. Fuoco alto fino all’ebollizione. Fuoco basso fino alla fine della cottura.
Trascorsi i 15-20 minuti (confesso. Io mi baso sempre su 18. A 18 spengo qualsiasi cosa succeda) si deve spegnere il fuoco e senza sollevare il coperchio si lascia lì per 6 minuti. In questi sei minuti si ha tutto il tempo di preparare la “salsa” che andrà a condire il riso.
Salsa di aceto di riso: tutti gli ingredienti vanno messi sul fuoco dolce affinché lo zucchero si sciolga. Non va portato necessariamente ad ebollizione. E’ importante però che lo zucchero si sciolga (a me che non piace molto adoperare lo zucchero in genere ma rimane una mia considerazione e appunto personale: non lo faccio sciogliere del tutto ma solo un po’ in modo da insaporire l’aceto di riso. Filtro quello e lascio sul fondo lo zucchero che non si è sciolto). Si deve togliere dal fuoco e procedere allo step successivo: togliere il riso dalla pentola.
Su una superficie di legno (un tagliere) il riso, che si presenterà molto corposo e agglomerato, va adagiato delicatamente con l’aiuto della spatolina di legno. Il riso deve freddarsi con l’aiuto del ventaglio e quindi procedere “allo sventolamento” (termine moooolto tecnico) spostando il riso con la spatolina di legno. Arrivati a questo punto si dovrà bagnare e spostare (sempre sventolando se si vuole ma se ci si rende conto che è freddo non importa) e lasciare riposare fermo così per altri 10 minuti.
Il Riso è pronto per la preparazione del Sushi
Ovviamente seguiranno capitoli su capitoli sul taglio delle verdure e del pesce. Sui famosi 45 gradi rispetto alla fetta del calamaro e disquisizioni filosofiche sull’esatto taglio trasversale del pesce. In questa occasione mi sono molto limitata nel mostrare quattro operazioni casalinghe veloci su come “condire” e presentare il Sushi senza particolare cura. Perché vi assicuro che questa non è affatto cura nella preparazione del Sushi. Non per falsa modestia o per schizofrenia avanzata ma solo per pura verità confesso di vivere il mio momento catartico nella preparazione del sushi in modo totalmente diverso.
Queste operazioni veloci ed estemporanee vanno circoscritte al contesto, periodo frenetico, preparazione basilare per videoricetta su Youtube. Per partire, insomma.
Ho realizzato dei Nigiri semplicissimi con il sesamo e wasabi (per me) e alcuni con pesce spada e gamberoni per il Nippo. Quelli che ho buttato nel piatto (intendo fette di pesce) non li definirei sashimi manco ammazzata perché ecco sul sashimi c’è tutta un’altra storia e contesto. Semplicemente contorno al sushi, giusto perché il SantoPescivendolodiFiducia (che sa delle mie preparazioni) mi aveva garantito freschezza al mille per mille e al Nippo piace mangiare il pesce crudo intingendolo in wasabi e salsa di soia, nulla di più.
Quello che conta è che oggi abbiamo portato a casa perlomeno una pseudo preparazione del Riso per il Sushi.
Chi vuole preparare il Sushi in casa ha diversi motivi. Se c’è amore tutto questo non ti avrà annoiato anzi incuriosito. Se è solo voglia di fare una ricetta giusto per:
vai al Giapponese. Perdi meno tempo ed è comunque un’esperienza sensoriale e gustativa importante. L’approccio con la cucina giapponese è:
Diverso.
Ci abbiamo pure la Sigla eh.
VideoRicetta in formato Integrale
VideoRicetta in formato Light (mamancotanto)
Sushi con Iaia!
E nella Seconda Puntata?
Come si fanno i Mini Roll e i Futomaki con il MaestroSushiaroFamosissimo: NippoTorineseSan. Guest Star Internazionale. Che qui mica ci facciamo mancare il meglio, neh.