Ricette Vegetariane e Vegane

Prato Fiorito: Le Coccinelle sono Pomodori (VideoRicetta)

Dopo In Fondo al Mar con il wurstel polpo (mettiamo pure polipo come chiave di ricerca, che polpo per assurdo pare pure scorretto, vabbè) che avevo “ripreso” giusto per ripartire con il progetto Kodomoland da dove tutto era cominciato, è la volta di un prato fiorito. Nel 2010 c’era stata una versione (anche se la foto credo risalga al 2008-2009 con una meravigliosa maccchinetta digitale tra le prime in commercio di ben tre megapixel) con l’apetta di formaggio francese (clicca qui, sì).

Ero felicissima di possedere quell’aggeggino da tre megapixel. Un oggetto non identificato che mi accompagnò poi in quel di Budapest dove ho potuto testarla fino al massacro. Era l’era in cui Instagram era praticamente 2001 Odissea nello spazio visto negli anni 70 e dove Flickr era già bello che attivo. Già dal 2006 adoperavo digitali appena nate e July Smoking, foto che mi vede allegramente obesa spiaggiata in un albergo di Treviso con il mio pigiamino rosa (vedere? uhm. Clicca qui), è diventata ormai una fermatempo evergreen che segna l’inizio e anche la fine di qualcosa.

Quando ho fotografato quel prato fiorito, uno dei primi tra l’altro, la sera avrei avuto ospite in casa Agata. Non ero particolarmente attiva in cucina all’epoca ma lo ero da un punto di vista masticatorio. Organizzavo quindi aperitivi a base di stuzzichini tutti grassissimi dove il massimo impegno che dovevo applicare era spalmare un barattolo gigante di maionese su otto chili di pan carrè e buttar giù pomodorini e insaccati. La mia passione come ho ribadito miliardi di volte fino allo sfinimento era pomodoro-maionese-lattuga-mozzarella. Ero a posto così. Potevo mangiare tonnellate di pomodoro e maionese. Con il pane. Con il pan carrè. E pure con le brioche che in teoria dovevano essere intinte nelle granite. Annaffiavo tutto con otto ettolitri di coca cola e via. Bella serata.

Quel prato fiorito con l’apetta formaggiosa francese era piaciuto molto ad Agata. Come anche Hello Kitty Breakfast che l’aveva fatta andare completamente in delirio. Foto tra l’altro con più di 20.000 visualizzazioni e richiestissima da gruppi e riviste online e non. Per quella foto (fatta malissimo tra l’altro) mi è stato più volte offerto denaro tra l’altro. Inspiegabimente, aggiungo.

Spiegabilmente (si può dire si può dire) ho rifiutato sempre, ovvio. A tal proposito mi viene in mente un racconto di mio papà.

Un giorno era in un paesino sperduto del nord della Sicilia orientale. Nei Nebrodi, dove i cinghiali dovrebbero scorazzare indisturbati senza diventare salsicce. Dove la natura è ancora selvaggia, bellissima e ricorda quello che la mia terra è. Tra quei monti abita un pittore, costruttore di idee, artista, gessista, scultore. Fa tutto. Plasma, distrugge, decora e assembla. Quello che gli viene in mente con il materiale che trova. Senza una ricerca precisa o studi. In maniera selvaggia istintiva e diretta. Tavoli, quadri, facce di persone viste anche solo nei sogni. Alcuni suoi pezzi, di qualsiasi pezzo si tratti adesso, dagli “intenditori” è valutato un capolavoro. Si cerca quindi di aggirarsi nei dintorni. Capire se può esserci l’affare. Sperare di portar a casa qualcosa che ha un mero valore oggettivo e non soggettivo.

Papà era lì perché in compagnia di un suo amico che a sua volta lo è dell’artista. Ha avuto modo quindi di poter carpire l’intimità di un iperuranio completamente fuori da ogni logica.

Ha potuto visionare oggetti semplici che in quel contesto non lo erano più. Ha potuto sentire le parole semplici che in quel contesto lo erano ancor di più. Ovvero che non c’è prezzo per il tempo. E neanche per un oggetto che ti ricorda un tempo. Per la propria intimità. Per il proprio essere. E poco importa se oggettivamente o soggettivamente è di valore o no. Perché il valore che esiste davvero è quello che si ha per se stessi e per le proprie idee. Sembra tutto molto scontato ma così non è.  Non c’è mai un prezzo per quello che si è. Per quello in cui si crede.

In quel prato fiorito e in quella colazione di Hello Kitty incosciamente io ho creduto più di quanto consapevolmente sapessi. La mia essenza  e il mio non svendermi mi ha portato esattamente dove era giusto che io arrivassi: a costringermi ad accettarmi. E’ grazie ai percorsi cui sto guardando indietro con attenzione che capisco molto di me. Non è come mi comporto giornalmente. Gli obiettivi che raggiungo. Il rispetto che raccolgo. No.

E’ esattamente avvolgendo la pellicola e andando a ritroso che comprendo l’essenza di quello che in evoluzione ero. E’ come se fosse una storia scritta. Con un finale ovvio e chiaro; di quelli scontati che solo per me non lo erano.

Vendere un ricordo, che può essere un inutile toast di Hello Kitty, non avrebbe messo l’entusiasmo di creare altri prati fioriti e tutti gli altri che verranno. In questi giorni, complice soprattutto un percorso personale molto duro dal punto di vista psicologico, come poche volte è accaduto mi è diventata ormai ben chiara una cosa. Lampante ma proprio per questa insidiosa, nascosta e difficile da tirare fuori. Come quelle volte che ti guardi allo specchio e ti vuoi bene. E ti perdoni. Come quelle volte che a una persona autocritica, distruttiva e masochista come me difficilmente capitano. Come quelle.

In questi giorni, dicevo mi è chiara una cosa.

Non riesco serenamente a mettere un piede scalzo su un prato  fiorito. Ma ci metto le dita. Non riesco a mettere un piede su un aereo senza tremare. Ma volo ferocemente in ogni attimo della mia vita facendo giravolte come fossi un top gun. Non riesco a vivere con i germi, le malattie e i dolori ma li acchiappo, distruggo e neutralizzo come e quando dico io.

Io non riesco obiettivamente a far nulla ma  in realtà ho solo paura perché io.

Posso tutto.

Ma. Davvero. Tutto.

QUESTO POST È STATO PUBBLICATO IL: 

Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

Seguimi anche su Runlovers

Tutte le settimane mi trovi con una ricetta nuova dedicata a chi fa sport

MUST TRY