Ricette Vegetariane e Vegane

Arancino alla Norma

Potrei dire che per questo 30 Gennaio ho deciso di preparare degli Arancini alla Norma in onore del mio Papà. Mentirei dicendo la verità al tempo stesso. In realtà tutto quello che faccio, dico, disegno, scrivo, sogno è sempre e solo rivolto al mio papà. Mamma non si offenderà leggendo queste parole perché sa che senza vergogna ammetto di esserne innamorata da sempre (spostati! è mio!). Specchio dove vedo riflessi i miei difetti e pregi (di questi ultimi molti meno rispetto a lui), senza dimenticare ambizioni, Papà rappresenta quello tutto quello che disperatamente voglio essere. Proprio per renderlo orgoglioso di me. Al contrario di questo vaneggiamento, lui è sempre pronto a ricordarmi che di me lo è, e molto, ma che devo disperatamente essere e volere tutto quello che voglio io. Solo ed esclusivamente io. La grandezza di Turi da sempre è stata quella di incitarmi a non essere altro che me. A raggiungere il traguardo sfidando solo e sempre me.

Papà è infatti un maratoneta.


In questi giorni ancora una volta ho avuto a che fare, per qualche attimo, con i significati più orrendi che la vita ci riserva. L’invidia, la cattiveria, la pochezza, la frustrazione e l’inutilità. Ti annienta letteralmente, il vuoto. Per qualche minuto ti lascia sbigottito, incredulo e traumatizzato. Per lunghissimi attimi credi di essere catapultato in un incubo. Perché avere a che fare con anime piccole, stupide e vuote, quando da sempre ti confronti in ogni attimo della tua vita con gente di spessore e altissimo livello, è sempre fuorviante. Quando hai a che fare con gente umile che compie ogni giorno azioni di enorme levatura e nonostante tutto rimane rispettosa e modesta, è difficile ricordarsi che non è la norma ma l’eccezione. E’ sempre difficoltoso mischiarsi al nulla; però è importante provarci. Allora cerchi di scendere agli inferi dell’idiozia provando a chiarire, capire e comprendere. Quando poi risali lentamente le scale della coerenza/buon senso e dell’odiosa razionalità, arrivi a quel gradino scuotendo la testa. Sconfitto. Perché non sei riuscito. Te ne dai pure una colpa. Ed è buffo, no?

Non riuscirci però, ho capito con fatica, in questo caso è sacrosanto. E’ giusto che ci sia il piccolo per ricordare cosa sia esattamente il Grande. E per cercare di fuggire il più lontano possibile dal nulla. Lo stesso poi che nella Storia Infinita ha distrutto il Mondo di Fantasia.

Io che figlia di un Grande sono, porto con me tanta responsabilità. Perché papà mi ha insegnato una cosa difficile da comprendere a pieno. Che bisogna ascoltare anche quello che non vuoi sentire. Bisogna capire, studiare e confrontarsi. Bisogna assolutamente provarci (quindi non posso prendere a pizze in faccia nessuno, uffa. MA PERCHE’? Mi calmo. Respiro con il naso).  Non vi è una ricetta, una parola o un pensiero che qui non odori di mio papà. C’è Essere Turi e un piatto di Scuma e c’è pure il suo dolcetto preferito al cioccolato e biscotti senza dimenticare gli arancini di Pipoa. Ci sono piccole onde di parole perché per papà non basterebbe un oceano a contenerle.

Turi predica bene e razzola malissimo. Perché quando si tratta di ascoltare le mie ragioni sul perché gli stia servendo della soia o dei legumi al posto di una fetta fumante di carne e patatine fritte, o quando si tratta di sentire le motivazioni del perché ci sia un dolcetto leggero senza latte invece che un cannolo siciliano con un pezzo di cassata, comincia a fare il broncio. Allontana il piatto come un bimbo. E dice no. Non lo voglio. Non mi piace.

Tutto quello che mi ha insegnato in pratica non vale per lui. Suppongo sia proprio questo il bello di essere genitori. A tal proposito quando si presentano situazioni analoghe tiro fuori un esempio che a mio modestissimo avviso potrebbe apparire calzante “non è che poi a mio figlio posso dirgli: mangia tanta carne che fa bene. Non posso e non voglio”. Ma davanti a una fetta di seitan e il broncio e la voglia di un Arancino, c’è poco da fare la grandezza di Turi si trasforma in un capriccio infantile irresistibile. Anche perché qui in casa aleggia una leggenda “al broncio di Turi e Iaia non si resiste”. Non per vantarmi (disse soffiandosi sulle unghie e scuotendo i capelli), visto che ho dovuto analizzarlo-studiarlo-imitarlo-affinarlo per una vita, ma è davvero così. Ai nostri bronci e capricci (a volte minacce velate da finta dolcezza, vabbè chiamiamo le cose con il loro nome) diventa difficile resistere. Allora io ottengo abilmente otto centrifughe al posto di un pasto normale (non dopo essermi sentita la ramanzina di Sorella Nanda e Padre Nippo) e Papà il suo arancino.

Ecco perché ultimamente vuole proprio farmi scoppiare il fegato dall’ira (conosco la tecnica! L’ho imparata da te santo cielo! Abbi almeno la coerenza di non prendermi in giro! Cosa sto dicendo? Datemi due gocce di lexotan adesso). Diciamo le cose come stanno. Sì, ti amo papà. Sì, sei la mia vita. Sì, sei tutto quello che vorrei essere. Sì, però BASTA. In pratica nonostante abbia la chemio continua e sia attaccato a un tubicino e una bottiglietta, va saltellando felice di qua e di là (la romanziamo un po’, d’accordo?) cercando di accaparrassi fritturine, dolcetti e arancini (sì, sì proprio come un bimbo in cerca di caramelle).

Alla vista di un piatto di riso in bianco o di qualcosa di leggero comincia a muovere le labbra come la Signorina Silvani in Fantozzi va in pensione (ma lui non per apparire sensuale ma per muovere a pietà) e comincia a sfoderare tutto il repertorio degli occhioni dolci. E solo il cielo sa quanto io non sappia resistere neanche a uno di quelli. “Ho voglia di un arancino oggi” *occhietto dolce e broncio tremolante*. Mamma cede dopo quindici secondi ma anche meno. Il Nippotorinese non cede mai e comincia a bofonchiare roba tipo “disciplina.basta.no capricci.adulto.siete unafamiglia di pazzi. non c’è razionalità in tutto questo uff.ma perché.blablablabla”. Io non cedo. Passate le tre ore poi sì. Papà ha un catalogo infallibile. Si dimena tra durezza e dolcezza. Ti fa credere che non dipenda affatto da nessun altro che lui voglia e/o debba mangiare l’arancino (e per certi versi in un’altra situazione sarebbe così) e che al contrario ti sta facendo pure un gran favore a parlarne con te rendendoti partecipe di qualcosa in cui a prescindere tu sei estromesso a priori (?????? sono sua figlia, sì. Sono uguale). Gode proprio nel farti scoppiare le coronarie e i sentimenti. Si alimenta di quel panico e poi affonda come un predatore. Ti ritrovi in pratica nella situazione assurda di invitarlo a mangiare un po’ di arancino. E quasi TE LO RIFIUTA.

Oh, qui in questa famiglia ci sono intriganti e assurdi risvolti psicologici pure su un’attività così semplice per un siculo come mangiare l’arancino.

Per farla breve (partono le risate registrate). Alla fine mi ritrovo a preparare le mega-schifezze-che non potrebbe mangiare (grrrr!) per mentire (a me stessa) di non candidarlo a un dolore ulteriore. Ma quando si tratta di frittura estrema come nel caso dell’arancino, è difficile credere di poterci davvero riuscire. Senza nulla togliere ai bravissimi professionisti del settore; che per carità neanche voglio paragonarmi e che sicuramente adoperano anche dell’olio non troppo vecchio. Ma. Ma tanto alla fine Turi è un irriducibile e con quella faccia da schiaffi ti dice che sì è buono ma quello del Signor xxx del Bar xxx a lui piace tanto perché gli ricorda quando era piccolo e.

E infierisce sui ricordi. Un po’ mi viene da ridere. Un po’ da piangere. Un po’ vorrei mollargli un ceffone. Un po’ vorrei abbracciarlo fortissimo. Un po’ penso seriamente di dover andare in analisi. Ma in analisi nel senso rinchiusa a fare solo analisi ventiquattro ore su ventiquattro per qualche mese almeno. Dai dieci ai venti mesi, per calcolare una stima provvisoria.

Che papà sia un fan e idolatri la Norma non è un segreto per nessuno ormai. Per la presentazione del mio libro ho incentrato tutto sulla Norma. Quando posso rifilo “sotto forma di Norma” qualsiasi cosa e semmai dovessi avere una figlia sto valutando l’ipotesi di chiamarla Norma (il Nippotorinese non sa nulla ma tanto non mi legge, quindi? che importa? Al momento potrei pure essere alle Maldive a fare immersioni scrivendo del mio nuovo fidanzato Creolo). Li ho fatti diverse volte gli Arancini alla Norma in casa, ma mi sono resa conto di non averli mai fotografati per questo Blog, che è più un diario pubblico di ricordi ormai. Quale migliore occasione? Lasciare la ricetta è arduo assai. Non ho mai calcolato esattamente. Non ho seguito mai nessuna ricetta precisa o indicazioni ma semplicemente quello che mi hanno insegnato Nanda e la colf. Prendere appunti sull’arancino è stato surreale per loro quanto per me. Mi sono impegnata ma la verità è che ha ragione Turi.

L’Arancino del Signor xxx del Bar xxx è migliore. Se volete siete tutti invitati oggi. A mangiare quelli miei, di Nanda e quelli del Signor xxx del Bar xxx.

(Ahem no. Non sono io con i capelli corti alle Maldive prima di fare un’immersione con la telecamera in mano. E non è il mio nuovo fidanzato Creolo. E’ il mio papà) 

Auguri Papà. A te che sei me. Più me di quanto io possa essere te. Non ho mai amato. Amo. E amerò nessuno come te.

 

10 Arancini circa

  • 500 grammi di riso Carnaroli (per risotto)
  • zafferano
  • 3 tuorli di media grandezza
  • 40 grammi di burro
  • sale quanto basta
  • 1 melanzana piuttosto grande
  • dell’ottima salsa (io ne ho adoperato una freschissima di Pachino) quanto basta
  • Ricotta Salata Siciliana o se preferisci mozzarella/parmigiano grattugiato (a Catania neanche a dirlo si adopera solo ed esclusivamente la ricotta salata)

Per friggere 2 uova abbastanza grandi- Pan grattato – Farina- Olio extra vergine d’oliva

Operazione numero 1 – Il riso

Fai cuocere il riso in poca acqua salata (metodo giapponese? assolutamente il migliore) in modo che l’amido rimanga tutto bello compatto e presente e faccia diventare il riso un composto molto appiccicoso e lavorabile. Una volta che ha assorbito l’acqua ed è ben cotto, che non significa certamente scotto, lascialo raffreddare un po’ e aggiungi il burro, i tuorli e lo zafferano. Giralo per bene e lascialo freddare a temperatura ambiente (puoi anche conservarlo in frigo se preferisci fare l’operazione in più round). C’è chi insaporisce il riso con parmigiano grattugiato fresco (è buono comunque ma preferisco non mischiare troppi tipi di formaggio e nella Norma va assolutamente adoperata la Ricotta Salata altrimenti che Norma è? Aggiungere un ulteriore sapore così forte e riconoscibile a mio modestissimo avviso modifica irrimediabilmente il gusto caratteristico e tipico di questo arancino).

Operazione numero 2 – Friggere le Melanzane

La melanzana va come in tutte le preparazioni lavata e messa sotto sale in modo che perda l’amaro. Tagliata poi a piccoli dadini e fritta in abbondantissimo olio extra vergine d’oliva. Salata e lasciata asciugare su carta assorbente.

Operazione numero 3 – Salsa di Pomodoro profumata al basilico

Prepara la salsa che preferisci. Inutile dire che farla in casa è meglio. Dipende dal tuo tempo e dalla voglia. Una salsa fresca di Pachino profumata al basilico fresco con olio extra vergine d’oliva farà sicuramente la differenza. L’importante è che non sia troppo liquida, naturalmente.

In una ciotolina mischia le melanzane e la salsa ottenendo così il ripieno. Puoi fare asciugare sul pentolino a fuoco basso la salsa lasciando che le melanzane si insaporiscano ancor più.

Una volta che tutti gli ingredienti sono pronti: inumidisciti leggermente le mani (non troppo) e poggia sul tuo palmo una porzione di riso livellandolo un po’ in modo da poter mettere il ripieno. Richiudi delicatamente fino a creare una forma rotonda (a punta solo se vi è presenza della carne. Un catanese potrebbe offendersi altrimenti *segue risata isterica*)-.

Una volta formati tutti gli arancini riscalda l’olio in una casseruola piuttosto profonda perché l’arancino deve proprio “affondarci” dentro. Passali prima nell’uovo sbattuto. Poi nel pangrattato e poi friggili fin quando sono belli dorati. Lasciali scolare su carta assorbente.

QUESTO POST È STATO PUBBLICATO IL: 

Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

Seguimi anche su Runlovers

Tutte le settimane mi trovi con una ricetta nuova dedicata a chi fa sport

MUST TRY