Piccola premessa: Non ho mai guardato le statistiche del blog. Perché i numeri mi annoiano da quando sono nata e perchè in sei anni ho sempre creduto non fossero queste le cose su cui perder tempo. Sono stata poi sempre una blogger (odio questa definizione ma occorre sintetizzare*risate registrate) che ha scritto unpoquandoleandava e nonaggregandosianienteenessuno per non trasformare un passatempo in un business di link e marchette. Solo che quando in quel coso rettangoloso c’è un grattacielo altoaltoaltoaltoalto e un banner lampeggiante del Signor WordPress che ti scrive testuali parole “Ma quanta gente bizzarra c’è in giro che ha il coraggio di leggerti? ” non puoi fare a meno di notarlo. Per dire che. Insomma grazie. Ammetto che se già c’era un po’ di timore nel pubblicare quello che sinceramente è stata una prova non provata e nulla di più, adesso c’è terrore. Di quello puro che ti fa fissare il vuoto mentre farfugliando e vaneggiando ti chiedi “cielo. ma mi hanno guardato tutte quelle persone davvero?”. E collassi con lo stesso sguardo fisso che ha la mucca mentre guarda i treni passare. Fine della piccola premessa. Potevo solo dire grazie ma in realtà c’è tanta preoccupazione. Sento il peso della responsabilità dopo aver ricevuto i saluti delle adorabili mamme, mogli e bambini. Cielo! Tenete lontani gli innocenti da questo canale vi prego!
Grazie davvero*asciugandosi il nasino sulla nuova magliettina
Scribacchiavo un po’ sul moleskine circa il progetto libroso, classificabile alla voce “priorità assoluta”, mentre mi documentavo sul Hanami in Giappone. Qualche volta lo tengo tra le mani, lo accarezzo un po’ e sorrido. Come una psicopatica, sì (in quale altro modo potrei del resto?!). Svegliarsi alle cinque del mattino per riuscir a far tutto rende le giornate sfiancanti ma tanta è l’adrenalina e l’entusiasmo che le endorfine sembrano sguazzare manco fossero in una piscina olimpionica di cioccolato fondente nell’ala sinistra della Fabbrica di Wonka. Si aggiunge poi la notizia che un mio disegno farà il giro della Sicilia e il mio più bel regalo di Natale/Compleanno/Pasqua/Esoloilcielosacosa l’ho già ricevuto da qui fino ai prossimi due decenni. La Mondadori poi stamattina mi informa che con i punti accumulati avevo diritto ad un buono consistente e torno a casa felice a dir poco con “Le mie ricette da Italia, Marocco, Svezia, Spagna, Francia, Grecia” di Jamie Oliver e Sapori D’oriente della Giunti che non avevo mai visto ma che pare essere fiquo con la q, a dir poco. Non posso lamentarmi quindi per quei stramaledettisssimissimi gyoza. A questo volevo arrivare, sì.
Mi sono imbattuta in una ricetta non proprio tradizionale dei Gyoza. Rielaboro: ne possiedo una in realtà ma con materiale difficilmente reperibile. Ho deciso quindi di provare questa che come sottotitolo ha proprio: ricetta con ingredienti facili da reperire in Italia.
Non è facile reperire un altro critico gastronomico nel mio caso, invece. Proprio oggi chiacchierando con un’amica esprimevo proprio il reale disagio di avere accanto un uomo che non solo non si accontenta di gusti insulsi e comuni ma possiede la capacità di far riemergere non solo un ricordo legato al gusto ma diversi. Con aneddoti, racconti e ragguagli circa “la patata è stata introdotta nel. il peperone in latino peperonus in realtà era. Nel milleseicentoblabla nei latifondiblabla i contadinitrullalà, facciamo un funguspletauruscarotosum della famiglia dei plettorinausususu”. BASTA! Che stress, sì.
Ognuno dei ricordi-conoscenze-aneddoti-esoloilcielosacosa mi appaiono come in un diagramma di flusso che ricollego poi con calma per rielaborare sensazioni e considerazioni. Ok su non è vero. Che rielaboro in confusioni che mi vedono protagonista di imbarazzanti siparietti tipo” Il sushi è l’alimento più famoso nella Penisola Iberica e la paella si fa a Oslo”. Roba così.
Il Tizio pelato elabora e trasforma destreggiandosi con una maestria che francamente lascia un po’ allibiti. Certamente il merito (?) è suo se in questi due anni sono passata da : insalata in busta già lavata a decorazioni con la pasta di zucchero ma è pur vero che denoto ancora poca furbizia perché c’è da dire che confrontarsi con uno dei suoi piatti preferiti tanto scaltro non è.
I Gyoza il nippotorinese li ha mangiati in tutte le salse e quando ha vissuto in Oriente. In Piemonte, a Canicattì bagni e credo pure in un paesino sperduto dell’Andalusia. Proposti in talmente tanti modi che la proporzione gyoza: nippotorinese = paste di mandorla: sicula sembrerebbe in questa notte buia e tempestosa calzare a pennello (sì mi sono fissata con la notte buia e tempestosa E’ indiscutibilmente un’ambientazione che mi si confà. E mi si confà volevo usarlo già da un po’). Il fatto che io sia sicula e che detesti le paste di mandorla e stia digitando in una mattinata di sole sono dettagli.
Ora per prima cosa c’è da dire che: è impossibile dare la forma dei Gyoza ai Gyoza la prima volta. Ho paura che in un secondo post scriverò lo stesso. In un terzo anche e forse anche in un quattrocentoventottesimo. Ho paura che quando aprirò un blog apposito che chiamerò laformaesattadeigyozanonesiste.com sarò già in una clinica psichiatrica. Perchè seriamente la domanda da porsi oggi è: perchè non esiste un manualetto sull’esatta elaborazione della forma esatta dei gyoza? Passo Passo con la manina e schemini disegnati?
Ma soprattutto se esistesse perchè non ne sono a conoscenza? E soprattutto (ma quante cose ci sono sopra questo tutto?) su tuttotutto perchè non ritorno alle mie insalate in busta per il bene dell’umanità ? Queste e altre domande nell’interessantissimo inserto speciale di Dicembre con 1923192381023 uscite settimanali. Dicevo? ah sì.
Impavida però e senza vergogna sono qui a ticchettare ugualmente dei gyoza. Invece di buttar via le foto e vergognarmi in qualche angolino buio per la ridicola forma. Sono qui. E Sel mi odierà, inciso.
E’ stato uno di quei momenti che si ricorderanno per tutta la vita. Sì esattamente uno di quelli che poi racconti ai tuoi figli, i tuoi nipoti, i conoscenti e la signora al supermercato che ti spintona con il carrello(dopo averla chiusa nel portabagagli mentre ti dirigi verso la prima discarica per sbarazzarti del corpo). E’ stato indimenticabile perché dopo il primo boccone ho chiesto con uno sguardo a dir poco dolcissimo” ti piacciono i Gyoza?”
“Ti prego. Non chiamarli Gyoza. Potrebbero essere dei ravioli cinesi fatti al massimo da un thailandese”
“E perchè thailandese? sono bravi a fare i gyoza?”
“No. I thailandesi non ne capiscono nulla di cibo cinese”
Così. Tanto per gradire. Che ci faccio a fare qui io quindi ? Il Titolo della ricetta per dovere di cronaca è quindi per esteso: I Gyoza che volevano essere i Gyoza giapponesi ma che in realtà potrebbero essere dei ravioli cinesi fatti da un thailandese che non ne capisce nulla di cucina cinese.
Nel caso in cui preparaste questa meravigliosa e riuscitissima ricetta e doveste in qualche modo scriverlo su un menù basterà abbreviare in Igcveiggmcirpedrcfdutcnncndcc (le iniziali di I Gyoza che volevano essere i Gyoza giapponesi ma che in realtà potrebbero essere dei ravioli cinesi fatti da un thailandese che non ne capisce nulla di cucina cinese. E ho pure controllato se le lettere fossero giuste. Roba che non ci si crede)
Ricetta tratta dal Libro (saggiamente bruciato sul terrazzo) di Kyoko Asada (che spero non me ne vorrà se le faccio un presente: prrrrrrrrrrrrrrr) “Il giappone in cucina” Ricette facile di realizzare in Italia edito da Hoepli.
Alla voce difficoltà scrive “un po’ difficile” (altro presente: prrrrrrrrrrrrrr)
La Ricetta
Ingredienti: 500 grammi di farina manitoba, 200 grammi di maiale macinato, 1 verza piccola o cavolo cinese (ahhh. e se dipendesse da questo?), 2 cucchiai di erba cipollina o porro, 2 cucchiaini di zenzero, 2 cucchiai di sakè, 1 cucchiaio di olio di sesamo per il ripieno e 3 cucchiai di olio di sesamo per cuocere.
Ingredienti per la pasta sfoglia in casa: 200 grammi di farina manitoba, 100 grammi di acqua, mezzo bicchiere di fecola di patate (forse io avevo un mezzo bicchiere diverso. Dare la grammatura no? altro presente: prrrrrrrrrrrrrrrrrrr)
Preparazione della pasta: Mischiare l’acqua con la farina poco alla volta. Mescolare con cura e bene. Lavorare il composto sino a che diventi una palla e il composto piuttosto omogeneo. La pasta ( ci avverte) viene leggermente più dura dei ravioli italiani (nutro fortissimi dubbi che Kyoko ne sappia di ravioli italiani ma voglio darle fiducia). Riposare per un’ora coprendo con la pellicola trasparente (non in frigo eh)
Preparazione della farcia raviolosa: tritare molto finemente il cavolo , lavarlo e salarlo un po’ lasciandolo riposare qualche minuto così. Bello lavato e salato in accappatoio ( se non avete un accappatoio per il vostro cavolo o verza la ricetta ne risentirà. Inutile dire che sì. Io lo possiedo ma non sono riuscita a trovarlo). Aggiungere la carne, la soia, il sakè, lo zenzero, sale, olio di sesamo e erba cipollina e mescolare bene bene bene (ora dice pure che si può anche cuocere prima tutto questo ambaradan. E io ho preferito fare così). Dopo aver proceduto alla realizzazione di dischetti con la pasta che ha riposato un’oretta (e se fosse stata lei a rubare l’accappatoio alla verza?) dal diametro di circa 10 cm (SOTTILISSIMI*grida la nostra Kyoko)
Bella la vita Kyoko. E com’è la realizzazione dei Gyoza? Ci spiega soltanto che le dita devono essere inumidite nell’olio e ci consiglia di guardare la foto per i dettagli. Vi giuro che in questa fantomatica foto c’è solo un raviolo già arrotolato (argggghhh).
Scaldare la padella su un fuoco alto finchè non prenda a fuoco la casa e solo dopo gettate della benzina. No. Scusate. Dicevo. Mettere l’olio di sesamo e poi subito i ravioli. Aggiungere immediatamente dopo una tazza di acqua freddissima e lasciare cuocere a fuoco alto con un coperchio chiuso bene. Quando l’acqua scomparirà i ravioli saranno pronti. Servire intingendo ogni raviolo nella salsa di soia e aceto ben mescolati. Una porzione media di quelli piccoli equivale a quindici ravioli circa. C’è l’alternativa anche di cuocerli a vapore eh. Perché Kyoko non si è risparmiata. Ed io ho fatto anche quello. E devo ammettere che sia nell’uno che nell’altro modo ho ottenuto grandissimi risultati.
Sì. Risultati disastrosi.
Ma non finisce qui con Gyoza. E’ guerra aperta*accarezzando con cupidigia la ricetta della sua adorata Sel
Colgo l’occasione inoltre per unirmi ai festeggiamenti del Sacro Giorno della Liberazione della mia Bibi prima di correre a festeggiare la mia mammina.
Potevo farle una torta di gyoza ! *va via farfugliando