Ricette Vegetariane e Vegane

La Vellutata di Topinambur

Il Topinambur, definito rapa tedesca o carciofo di Gerusalemme, certo non è facile da trovare; almeno qui. Il tubero è chiamato anche patata topinambur proprio perché la forma ricorda la patata, eccome. Nonostante abbia dei “disegni” ricciolosi  e delle poetiche sfumature rossastre. Ultimamente ho molto a che fare con i tuberi, io. Grazie a Cristaldi, che ha cibo etnico da far impallidire la Bouqueria, non è infatti assurdo trovare varietà da ogni parte del mondo. La patata dolce americana per dirne una, che prima era pura e semplice utopia, adesso diventa quasi “noiosa” routine. Nonostante qui ci siano le zanzare, gente in infradito e Torinesi pelati un po’ scocciati di dover mangiare vellutate quando è ancora tempo di granite, non nascondo che io sono già in pieno mood natalizio.

Sì perché aspettavo solo che passasse il 31 Ottobre per gridare al mondo intero (che ha chiaramente le orecchie tappate e poco gliene importa) che sì. Sono pronta. Qui a breve una maniacale orda di renne, slitte e leziosissimi personaggi natalosi invaderanno qualsiasi mio spazio. Il calendario dell’Avvento insomma è alle porte.

Ma cos’è? 

Il Topinambur pieno di acqua, proteine, zuccheri, carboidrati e fibre, svolge anche una funzione di pulizia nei confronti dell’intestino. Ed è una bella notizia o sbaglio? Anche se a dirla tutta ogni cibo ha una propria pecurialità benefica; solo che nello specifico pare abbia la proprietà di abbassare il livello di assorbimento degli zuccheri e del colesterolo e per questo motivo rimane particolarmente indicato per chi ha sbalzi bruschi (presente!) di glicemia dopo i pasti.

Di vellutate ce ne sono davvero tantissime (grazie al cielo!) e l’immensa beltà di questi piatti è che si possono insaporire, variare, arricchire, alleggerire nei più disparati modi. Fosse per me i denti potrebbero pure saltarmi. Amo le cucchiaiate calde e avvolgenti. Non ho proprio necessità di masticare io. E anche quando dovrei: ingoio. Ecco. Io ho davvero un problema preoccupante. Non riesco a masticare per più di tre secondi (che sono già un traguardo mica da ridere, tre secondi). Infilo in bocca. Sgrunch. Giù. Esofago. Il Nippotorinese, che in un’altra vita doveva essere un ruminante, impiega ben trenta secondi per buttar giù un tozzo di pane. Parla di masticazione lenta. Di salivazione che aggredisce. Se ne esce pure con proverbi antichi tipo “la prima digestione avviene nella bocca” e roba così. Noiosa. Mentre io sono già alla frutta e lui sta spargendo parmigiano sulla pasta, per dire.

La Ricetta

Gli ingredienti per 4 persone potrebbero essere circa 600 grammi di topinambur, 2 patate (facoltative), 1 cipolla bianca grande e del brodo vegetale fatto con sedano-carote e cipolla (a casa. NIENTE DADO O VI DO UN CEFFONE! Ok mi calmo. Respiro con il naso). Olio extra vergine chi lo mette. Tozzetti di pane croccanti chi li vuole. Vabbè pure listarelle di guanciale sopra ma. Stiamo parlando giustappunto (parlo come il Mago Othelma o sbaglio?) solo della vellutata, ecco.

Sbuccia i topinambur e puliscili per bene e fai lo stesso con le patate e con la cipolla che devi tagliare finemente. Questa falla appassire nell’olio e poi cuoci insieme topinambur e patate bagnando con il brodo a fiamma bassa per 40 minuti almeno (se ti piace potresti aromatizzare anche l’olio con una testa d’aglio, eh). Quando le patate e i topinambur ti sembrano ben cotti vai di mixer e via. Ottenuta la crema riscaldala nuovamente e allungala, se ne è rimasto, con il fondo del brodo vegetale (un litro è perfetto).

Per arricchire la vellutata di Topinambur: qualsiasi cosa ma. Salvia? Perfetta. Crostini di pane? Ottimi. Pezzotti di bresaola croccante come nel caso della mia zuppetta precedente? Assolutamente sì. Anzi se vuoi vederla clicca qui.

E insomma a insaporire secondo proprio gusto non si sbaglia mai.

E tu? Hai voglia di dirmi quale è in assoluto la tua zuppetta preferita? 

Altre Zuppe?

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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