( che in hindi चटनी, caṭnī, significa "leccare" . E da quando su Instagram ho amici che mi scrivono in hindi e io faccio finta di capire ormai posso a pieno titolo fregiarmi del titolo " La sicula che non sapeva scrivere in Hindi ma ci provava") altro non è che un condimento per i piatti principali della cucina Indiana. Perchè insomma il cannolo sta ai siciliani come il chutney sta all'indiano. Adoro adoperare le mie scarse conoscenze matematiche a queste inezie. E' come se il liceo scientifico avesse avuto un senso (sefaperdì).
Generalmente questi chutney accompagnano carne e riso ma è pur vero che non sono niente male con il pesce e le verdure. Io ad esempio "puccio" (termine che adoro) carote dentro composti chutneschi perecipollose. Dopo aver coniato "chutneschi" oltre a vergognarmi di me dovrei pure aggiungere che generalmente il chutney presenta degli ingredienti base : zucchero e aceto e che quindi è tipicamente agrodolce.
Detestando le noti agrodolci come poche cose al mondo posso però sostenere con fermezza che non è affatto un agrodolce fastidioso e che comunque di aceto e zucchero se ne possono adoperare davvero quantità ridotte senza rischiare di compromettere il risultato.
3 melanzane, 2 uova, mollica quanto basta, 150 grammi di parmigiano grattugiato o pecorino. Basilico e aglio a piacere, 200 grammi di tritato di primissima scelta.
Dividere le melanzane a metà per la lunghezza. In una terrina mettere la polpa delle melanzane tenendo da parte la buccia. Aggiungere il basilico, la mollica, le uova, il parmigiano e il tritato. Impastare bene il tutto. Riempire la buccia della melanzane privata dalla polpa con l'impasto preparato e friggere in abbondante olio extra vergine di oliva bollente. Ultimare l'impasto nel forno a 200 gradi circa per 20 minuti.
Questo condimento con la salsa di soia fa sì che la cremina assuma le sembianze di una caramella mou appicicosiccia. E' un'elaborazione semplicissima che richiede davvero pochissimo tempo e che diventa quindi un'alternativa valida per quella voglia di variare un po' una patata lessa.
Prima di cominciare Iaia fa sondaggino: Avete mica voglia di dirmi cosa cucinate più spesso nel micro?
E come farmi passare immediatamente la febbre? uff.
La...
Il mio sogno è fare del food porn, lo confesso. Mi concentro pure eh. Cerco di buttare cucchiaiate di salsa di qua e di là e quando rigiro la pasta mi sforzo per ottenere qualcosa di terribile come è accaduto durante l'arriminamento dell'Arriminata day se non si ricorda il vergognoso momento poco esteticamente valido, qui il video della nonna).
Guardo Nigella e ammirata mi volto verso il sabaudo confessandogli il mio desiderio più profondo "anche io. anche io voglio pasticciare così".
Quel "rassegnati" è un invito a nozze e potrei riscattarmi preparando una doppia cotica saltata con strutto e panzerotti al cioccolato. Potrei poi leccarmi il dito con fare voglioso e dire "ancora duecentochilidigrassooccorrono". E invece sto lì a dire che la tovaglia però potevano pure stirarla. Che non si cucina il ragù con il giubbotto di jeans perchè non è igienico dopo che sei stata in metropolitana e cado per terra con le convulsioni quando vedo tonnellate di pesce surgelato; specie le cozze di messina che a Londra mi sembrano adatte, eccome.
La cotoletta di Mulinciani, ovvero Melanzane che in Sicilia si chiamano MelEnzane, è un must della cucina regionale sopratutto nella zona del catanese. Si tratta di una melanzana imbottita di formaggio e il più delle volte mortadella (o prosciutto). Il tutto impanato, fritto e servito caldissimo.
La famosa Gobbetta, in cui le madeleines devono il loro successo, si forma per lo shock termico cui viene sottoposto l'impasto che passa dal frigorifero al forno caldissimo. Sarà quindi opportuno, dopo aver sistemato le madeleines nelle formine di metallo o silicone, lasciarle riposare per almeno un'ora in frigo.
.Setacciando il lievito e la farina otterrete delle madeleines più leggere. Perché il "setacciamento" che più volte viene consigliato all'interno delle ricette non è una frase di default. Ha una verità talmente profonda e intrinseca che saltare questo passaggio potrebbe davvero compromettere tutto il lavoro. Scoccia un po' setacciare ed anche io non faccio i salti di gioia ma è davvero opportuno farlo.
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