Non sono stata molto fortunata con gli animali.
Nonna aveva le galline, i conigli e un’anguilla nel pozzo capace di mantenere l’acqua pulita; che poi non capivo bene come potesse mai fare. Mi assillava l’immagine di questa anguilla che essendo ligia al dovere non poteva sporcare con i propri escrementi l’elemento principale della sua occupazione. Quindi soffriva contorcendosi alla ricerca di un bagno nel pozzo. Lo chiedevo pure “Ma allora dove la fa? Ha uno spazio apposito? Una stanza segreta? La trattiene fino a scoppiare?”. Nessuna risposta. Era sempre difficile rispondermi nonostante fornissi degli spunti interessanti. Nonna ogni tot di tempo comprava i pulcini. Erano tantissimi e in mano ne potevano stare almeno due. La mia, intendo, che di per sé era già piccolina allora contando che avevo quattro-cinque anni. Un plaid vecchio e un faretto con una lampadina da cinquanta watt a luce caldissima, che allora manco si sapeva cosa fosse la fredda, per riscaldarli. E tutti dentro un cartone semi rotto. Stavo lì fissandoli. Un po’ impaurita perché ho sempre temuto i pennuti, come le galline stesse. Penne e due zampette non hanno mai fatto al caso mio. Tolto il fatto che volessi disperatamente un pappagallo. Per questo i batuffoli di conigli, esattamente l’opposto della consistenza e della morfologia volatile, mi attraevano come banchi di zucchero filato. Nonna prendeva anche i coniglietti piccoli. Da sempre se ne occupava non per diletto o amore, ma proprio per “sopravvivenza”; del resto la mentalità di una donna nata quando ancora non erano neanche gli anni venti era perfettamente in linea con il suo operato. C’erano i miei cugini. Giocavamo (loro. Io guardavo) con i pulcini. Giocavamo (loro. Io guardavo) con i conigli.Ci sporgevamo (loro. Io stavo sempre in disparte e in misura di sicurezza) dal pozzo per vedere l’anguilla pulitrice. Essendo io la più piccolina, perché si tratta della Nonna di papà altrimenti sarebbe stato l’esatto contrario, venivo per certi versi tutelata dalla “fine” di queste creature. Sagacemente avevo capito che non dovevo fare troppe domande. L’anguilla mi aveva aiutato non poco. Immaginavo (mi illudevo) quindi che qualche pulcino fosse stato un regalo. Qualche coniglio adulto fosse scappato e roba così. Che rimanesse solo l’anguilla costipata pronta all’implosione o esplosione, insomma. Tanto mica l’avevo mai vista (né mai sarebbe accaduto).
Al contrario dei miei cugini mi era chiarissimo però che il brodo di gallina o la coscia del pollo fossero la stessa identica cosa che avevo visto durante le varie fasi dell’evoluzione pulcino-polletto-pollo. Facevo (e faccio, lo confesso) un po’ di confusione chiedendomi come un pulcino potesse diventare gallina e perché non si dovesse chiamare allora pulcina e fare una distinzione sessuale ma per il resto era davvero tutto lampante, lucido e ovvio. Per questo motivo ho sempre fatto un po’ di storie per mangiare il pollo. Il petto del pollo è stato da sempre un binomio di parole capace di gettarmi nello sconforto neuronale non per ore ma proprio per giorni. Ma su questo ho già ammorbato l’universo. Insomma.
Una volta arrivò un coniglietto bianco, soffice e teneramente aggressivo. Ma non con me. Occhi rossi. Neve. Me ne innamorai perdutamente. Era il mio coniglio e il pomeriggio subito dopo il collegio, quando mi riaccompagnavano con il pullman da nonna, mi fiondavo con cartella e tutto per vedere cosa facesse. Non c’era molto contatto; perché da brava “wannabe igienista” e degna figlia di mia mamma stavo un po’ attenta a tutto; pulizia in primis. Peli a seguire. Un’infanzia diciamo dove “buttarsi per terra e rotolarsi nel fango” è stata pura utopia; e neanche tanto perché a prescindere ho sempre amato rispettare le regole di mamma, per quanto bizzarre apparentemente adesso con un minimo di raziocinio in più possano sembrarmi (sì ho adoperato il termine raziocinio in riferimento a me senza bere un goccio di alcool. E’ pazzesco).
Neve diventò un bel piatto in agrodolce. La vidi appesa a testa in giù nel capannone dove nonno teneva gli attrezzi. Era vietato entrare lì ma quel pomeriggio la andai a cercare proprio lì. Perché in fondo sapevo cosa accadesse esattamente. Dopo Neve, passato un po’ di tempo, implorai letteralmente mamma. Un cane. Giammai fu la risposta e ripiegai su un canarino dal nome poco fantasioso: Titti. Ero davvero piccolissima. Avrò avuto sei-sette anni. Titti dopo pochissimo tempo finì stecchita a zampe all’aria dentro alla gabbietta tonda dorata con il foglio de La Sicilia. Secca proprio. Dritta come fosse imbalsamata. Dopo un coniglio ucciso e fatto in agrodolce e un canarino che tenevo da Nonna morto stecchito, cominciai a dubitare un po’ di tutti guardandomi intorno circospetta. Credevo insomma di essere finita in una famiglia di assassini con motosega che al confronto Faccia di Cuoio aveva un bel background. Passarono almeno cinque lunghissimi anni e mamma mi disse senza troppi giri di parole che non mi avrebbe mai più rivolto la parola, perché con l’appoggio di papà ottenni tra le mie manine: Gioffry.
Cucciolo meraviglioso di Pastore Tedesco. Lo andai a prendere con papà. Ricordo quel giorno meglio di ieri, appena trascorso. Papà era bellissimo (come sempre) e mi teneva abbracciata a sé nel suo Maserati color oro con gli interni in radica di noce, che manco in Miami Vice. Pantalone chiaro, occhiale scuro e via verso l’allevamento del suo amico. Un’eccitazione pazzesca. Eravamo sotto Natale, ricordo, e quindi nei dintorni del mio compleanno. L’amico di papà voleva darmi un cucciolotto che appariva più cicciotto e oggettivamente sano. A me piaceva quello isolato dal gruppo. Magretto e in disparte. Nettamente meno attraente ma riservato. Lo acciuffai e dissi: questo. La spiegazione fu che non volevo che stesse più solo. Interpretai quell’isolamento come mancanza di affetto degli altri nei suoi confronti. Una barbarie, insomma. Questa sensibilità infantile mi portò ad avere un cane killer in casa; rettifico Gioffry. Perdonami amico mio! Dopo aver tentato di uccidere mia cugina/amici/parenti e tutti i passanti e dopo aver fatto davvero di tutto per ridimensionare i danni, perché Gioffry all’età di un anno faceva preoccupare (e non poco) con il suo comportamento asociale e aggressivo, mi arresi all’evidenza che fosse davvero ingestibile. Nessuno poteva avvicinarsi a me. Nessuno poteva abbracciarmi o anche solo fare piccoli/micro movimenti pena pelo dritto e attacco diretto. Tra disperazione, pianti e urli (e un trasloco imminente e un periodo personale difficile per i miei genitori vista la salute dei miei nonni insommacosedifamiglia) fu affidato a un amico di mio papà. Una vita felice per il bellissimo Gioffry che comunque ha sempre un posto nel mio cuore, oltre al rimorso di non aver avuto l’età, il periodo e la possibilità per una rieducazione.
E poi lei. Hydra l’alano arlecchino intorno ai venti anni. Legata a una mia storia personale irracccccccontabile e difficile (DIFFICILISSIMA). Sta di fatto che Hydra come Titti un giorno me la ritrovo stecchita. Si trattava di una torsione intestinale all’età di un anno e pochi mesi. Che dire? Fortuna! Se trattasi di karma come minimo nella vita precedente dovevo essere l’Hannibal Lecter del regno animale per meritarmi roba talmente orrenda. Per anni (esattamente quindici? *lo dico fischiettando*) mi sono giurata che NESSUN ANIMALE avrebbe varcato la soglia di casa mia. Sia per la risaputa”fortuna” in fatto di animaletti che per la sofferenza indotta e causata dagli eventi. Il Nippotorinese da dieci anni circa bombarda quei tre neuroni che mi ritrovo nella mia inutile calotta cranica parlando di gattini, cagnolini, animaletti a caso. Sempre un no secco irremovibile è stata la risposta. Va detto (giusto l’ennesimo inciso che non importa a nessuno) che sono allergica al pelo del gatto e del cane e che le mani mi si lacerano gonfiandosi come zampogne la notte di Natale. Ma non importaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa. La (poca) umanità del Nippo e la voglia irrefrenabile di possedere un cucciolo (pure di pesce rosso, sì) mi ha tormentato a lungo. Poi succede quello che succede.
E lì le priorità cambiano. CI si lamenta meno per le stupide allergie. Si pensa a quanto sarebbe bello essere un po’ spensierati e avere un motivo per sorridere. Che ci sono delle passeggiate lì fuori. Che c’è un posto dove si corre insieme. E ti viene in mente sempre e solo l’immagine di un cucciolo. Di un piccolo Gioffry mai più aggressivo. Di una piccola Hydra mai più morta sotto una finestra rossa. Di Neve sotto i batuffoli dell’Etna a Dicembre e Titti che vola sui Crateri Silvestri mentre dal karaoke del bar souvenir vicino arriva l’ennesima canzone dei Ricchi e Poveri che tanto piace ai turisti tedeschi.
E si comincia a parlare di un Labrador. Perché un labrador? Papà portava Gioffry a correre sull’Etna. Era felicissimo (quando non sbranava i felici gitanti tedeschi e non tentava di spezzargli un arto perché doveva uccidere un passante, intendo). Hydra piuttosto che correre preferiva digiunare per anni. L’unico sport era girarsi sulla sua poltrona (non in casa eh. Mai avuto cani in casa perché quello per me, sono bigotta, rimane inammmmmmisssibile).
“Però amore il prossimo cane deve correre! Dovrebbe essere un cane che ama correre come noi due”.
Leggendo in giro scopro che il labrador è il cane da riporto per antonomasia e che nonostante sia il più ingordo e goloso ama correre. Vive per riportare e correre. In più essendo il “cane bagnino” per eccellenza, discendente dei Terranova e forse anche della lontra come leggenda popolare nel Mar Labrador vuole, vive per l’acqua. Uhm. Ci aggiungiamo che mamma in tutti questi anni ha sempre detto: “Il cane della carta igienica quanto è bello! Sarebbe un sogno”. Bingo. Sì, certo. Esistono i canili e le adozioni. Ma le prediche le accantonerei soprattutto perché fatte da persone che poi si siedono e mangiano cotolette. Esiste un rispetto e un amore diverso che ognuno manifesta a proprio modo. Il Labrador ha in sé coincidenze e storie. Che parlano di Turi e Nanda. Che sono collegate al Nippo e incredibilmente a me. Poi l’amore viscerale per un allevamento in quel di Grosseto e una simpatia travolgente per chi ama e seleziona a livello internazionale questa razza e bingo: arriva Koi. Non dopo pianti, isterismi e reticenze. Perché se dapprima sono riuscita a innescarmi un po’ di coraggio, poi arriva la paura folle di aver fatto la scelta sbagliata. L’idea di essere diventata un’igienista pazza (con questo ribadisco, giammai Koi entrerà in casa) non mi rende orgogliosa. L’idea che mamma (pur nonostante al momento viviamo in simbiosi e dormiamo insieme; da lei o da me poco importa) sia sola anche due ore di sera. L’idea di non rendere felice il Nippo.
Insomma. L’idea di star sbagliando tutto precludendomi amore.
Le carpe vivono nelle fontane e nei laghetti dei giardini. Pesce ornamentale simbolo della cultura giapponese, diventa poi simbolo iconografico del tatuaggio nipponico per eccellenza, insieme alla geisha e ai fiori di loto. Era il tatuaggio che io e papà avremmo dovuto fare insieme. Due carpe. Una io. Una lui. Avvicinandole avrebbero formato un continuo. Una carpa che va giù e una che va su. Come fosse un sessantanove, che è poi l’ultimo numero di candeline che papà ha spento sulla sua torta. Un divenire continuo. Un’onda perpetua. Un infinito eterno. Porta con sé il significato del coraggio e della perseveranza. Della grandezza dei samurai. Del lottatore. Della vittoria e della fatica per ottenerla. E’ simbolo di immortalità perché molte leggende vogliono la carpa Koi fosse lo stato embrionale del drago e che una volta risalita la cascata avrebbe attraversato la Porta del Drago trasformandosi così in Dragone: emblema dell’immortalità e della forza suprema. Una connotazione mistica che porta immortalità in un luogo dove la morte non ha intaccato né i rapporti, né l’amore, né l’infinito.
E’ per questo che ho scelto Koi. Scoprendo poi senza saperlo che il termine di Koi corrisponde a quello di Amore. Se credessi ai segni questo ne sarebbe un fulgido esempio.
Papà, ho preso un cane che corre tanto. Che ama l’acqua e andrà sul tuo gommone. Che ci strapperà qualche sorriso. E che porta in sé tutto quello che sai.
Di noi.
Arriva il 3 Luglio Koi; per un altro “gioco del destino”. Proprio il giorno del compleanno del Nippotorinese. E forse un po’ in casa la faccio entrare, dai.
(Ah. Koi è quella a sinistra. E’ la più addormentata, pigra e cicciotta)
( e poi diciamocelo : Voglio gridare SCOIATTTTOLOOOOOOOOO. PUNTAAAAAAAA * cit. Up)
<3
ora vado a sgonfiarmi gli occhi.
<3
Ma che posso dire io cosa, dove, come devi adottare tu? Dopo aver adottato una belva assassina nera senza pene di nome Mario solo perché si chiamava Mario ed era proprio un grosso gattone nero? No, me non può. Viva il cane che corre su per la cascata come un pesce con sogni di drago! Tempo un anno e ti dormirá nel letto. No no no scherzo scherzo, non accadrà mai. E ridammi la coperta, Mario!
Nina mi piaci tanto ed è sempre una gioia per gli occhi e il cuore leggerti. Grazie per dedicarmi le tue parole, ricordi e affetto.
Te ne sono davvero grata e per me non è scontato.
E’ davvero un onore.
Un bacio grande
Nina si commuove tantissimo mentre un omaccione grosso di lá fa la doccia e fuori dalla finestra forse piove forse no. Parigi ha gli occhi gonfi anche lei, ma come me è contenta. Ti abbraccio tanto :*
OK sto piangendo
Da un po’ non ti leggevo (non so perché ma il filtro metteva la nl nella spam) e così mi ero persa molte cose, tra cui la più importante
In ritardo, quindi ma ti mando un abbraccio stritolante
Sono sicura che Koi ti scalderà il cuore e starà comodissima a dormire sul tuo lettone!
Laura ti abbraccio fortissimo chiedendoti di perdonarmi per il ritardo ma purtroppo leggo solo adesso.
Grazie per essere qui.
Senza alcun tipo di appuntamento, spam e roba social.
Grazie davvero infinite. Perché questo abbraccio lo ricorderò e custodirò.
un bacio grande.
Spero a presto <3
E’ piccola indifesa e piagnucolerò perché entri in casa. (Al limite me la ficco sotto la maglietta e siamo dentro, tiè)
:*
E’ vero quello che dici sempre tu è cioè che sei una gran chiacchierona, ma… adoro ascoltare le tue storie!!! C’è amore in tutto ciò che scrivi e Koi e’ già un cagnolino super fortunato ad avere te! E guarda che lo sappiamo tutti che entrerà dentro casa con te e la tua mamma! Bravo Nippo! ??
A distanza di tempo ( perdonami se rispondo adesso) : avevi ragione eccome.
Dimostrando che mi conosci bene e mi sopporti da un po’ infliggendoti la pena di leggermi 😀
Koi alla fine è entrata.
Non in tutta la casa .
Ma è entrata.
O__O
santocielononcicredo!
( sono felice che le mie idiozie ti tengano compagnia)
ti abbraccio forte
!
che “MAI” Koi entrerà in casa ho i miei dubbi però eh!
Lo prenderei pure io un cucciolo eh..se non fosse che adesso che arriva fagiolino non me la sento. Però ci pensavo…perchè sono tutto il giorno sola a casa da colazione a cena…spesso anche per cena ( -__-” eh..) e allora pensavo che se non fosse arrivata la notizia di fagiolino un cucciolo in casa, anche un gattino dei tanti che mamma ha, avrebbe portato amore e compagnia Le esperienze passate con gli animali poco contano ormai…vedrai che questa sarà un’esperienza a se..una nuova , gran bella, avventura <3
<3 puo' dormire con me?
dormirò fuori con lei poco ma sicuro <3
Io invece non vedo l'ora di potermi prendere 2 micini. Simo dice "ah, nel letto no!", ma c'andranno oooooo se c'andranno XD
io avevo giurato che nessun animale sarebbe potuto salire sul letto dove dormivo, poi mi sono ritrovata con un gatto a sinistra e un cane a destra.
Quindi io dormo fuori con la bionda u.u (Koi è un bellissimo nome <3 )
(il micetto quando? xD )
Anche la mia nonna acquistava i pulcini e li teneva in uno scatolone di cartone, al caldo, con una coperta stesa sopra e in una stanza che puzzava da morire perché i pulcini sono carini ma non proprio profumatissimi…. Però anch’io ho il terrore dei pennuti e non sono mai riuscita a toccare una gallina: quando la nonna entrava nel pollaio io mi tenevo a debita distanza.
Ho tanto desiderato un cane, ma mia madre non ne ha mai voluto sapere, poi mi sono sposata e ho adottato Yoghi, l’amore della mia vita, quella che da quattro anni vive solo nel mio cuore e che ha regalato tutte le sue cose a Bubu, una pestina dolcissima adottata a un mese e mezzo di vita, che mi considera la sua mamma e alla quale nessuno riesce a far capire di essere un cane e non una bambina. E siccome mi dispiaceva lasciarla da sola ho pensato di regalare una nuova vita ad uno dei mille cani del canile di Brindisi e allora ho pagato il biglietto a Polly, la quale il 14 agosto del 2013 è salita su un furgone rovente, ha viaggiato sino a Torino, poi il giorno seguente me l’hanno portata a Bologna e io mi sono fatta una corsetta Trieste-Bologna per stringerla tra le mie braccia… assetata, terrorizzata, traumatizzata, ma è la mia Polly-combinaguai, che mi ha distrutto mezza casa ma che mi ama incondizionatamente!
Brava Iaia bella, brava a non arrenderti all’allergia e alla sfortuna “animale” che ti ha accompagnata sino ad oggi…. abbraccia e spupazzati il tuo Koi e magari un giretto sul divano faglielo fare così ti sparisce anche l’allergia…. tanto per questo ci sono gli aspirapolvere, no?
Un abbraccio forte forte, a te e al tuo Koi!
Tatiana
E’ adorabile!
<3
Pure io sono cresciuta con una nonna come la tua, mai mangiato coniglio in vita mia!
Sarà bellissimo avere un cucciolo, vedrai, io ne ho appena portato a casa un altro e no, non entra in casa e non dorme nel mio letto, si comporta da cane e mi sembra felice lo stesso!!
Un abbraccio fortissimo ❤
Ti abbraccio fortissimo Mariangela.
Fortissimo.
Sei sempre un amore con me.
Grazie.
Grazie infinite
Mi fai sempre commuovere, tu! Sei di una sensibilità e bellezza rare, amica mia! Sei la meraviglia! Tieni stretta a te Koi, la tua mamma, in Nippotorinese. Regala loro sorrisi. Daranno un senso nuovo e meraviglioso alla tua bellissima vita.
Ti voglio bene!
Ti voglio bene tantissimo anche io Annie.
Ti ammiro, stimo e spero un giorno di poterti abbracciare stretta per tutta la compagnia che mi hai fatto.
Attraverso i video.
Le parole.
Le immagini.
E tutti i tuoi abbracci e conforti.
Te ne sono e sarò grata per sempre.
E sei bella tu. Come poche.
Grazie
:*
Sono di parte, lo so… finché mi sono sposata e trasferita da casa dei miei al mio appartamentino piccino piccino, ho sempre avuto canuzzi attorno. Rigorosamente in giardino, eh, perché i cani da tartufi non sono assolutamente adatti a vivere in una casa. Sono creature straordinarie. Ognuna mi ha lasciato un bel ricordo, ma Bobi…Bobi era proprio mio. Era arrivato da noi perché mio padre si era intenerito… non aveva bisogno di un altro cane, ma Bobi (così l’aveva chiamato il proprietario) era il più piccolo e debole di una grossa nidiata e nessuno l’aveva voluto. L’avrebbero sicuramente soppresso. Bianco e nero, è cresciuto snello e agilissimo; era un po’ pazzo, talvolta troppo giocherellone e vagabondo, ma un vero asso nella ricerca. Soprattutto, però, era traboccante d’amore per tutti noi. Ha salvato mio fratello da una vipera rischiando di prendersi un morso che l’avrebbe ucciso, ha salvato mio padre, quando, disgraziatamente, durante un’uscita nel bosco, è scivolato in un burrone, adorava mia madre e la seguiva ad ogni passo, aspettava accucciato accanto alla sua macchina per salutarla quando andava al lavoro, mi riempiva di coccole azzeccando sempre il modo giusto per avvicinarsi a me, a seconda del mio stato d’animo. Mi sentiva. Perfettamente. In un giorno per me particolarmente difficile, mi ha appoggiato il muso in grembo e ha pianto. Non lo dimenticherò mai. Come non dimenticherò mai il giorno in cui se n’è andato, nove anni fa. C’era la neve…. Ok, scusa, ho divagato un pochino… era solo per dirti che fate bene. Koi porterà tanto amore. E ne riceverà sicuramente tanto. Perché voi siete persone ricche d’amore. :* <3
Koi è un bel nome. UNa volta adottato dovresti toglierlo dalla circolazione e non farlo usare da altri