Ricette Vegetariane e Vegane

La Brioche col Tuppo e un Bimbo che porge le manine

La Ricetta della Brioche col Tuppo consigliatami dalla mia amica Rosy

Serve l’impastatrice altrimenti tanto coraggio e bicipiti.

500 grammi di farina Manitoba
75 grammi di zucchero semolato
75 grammi burro fuso
2 uova (gialle)
25 grammi lievito di birra
175 grammi latte intero
10 grammi sale fino
10 grammi miele d’acacia ma di zagara sarebbe meglio perché deve sapere d’agrume, santatrinacria!
la scorza grattugiata di un limone biologico con buccia non trattata

Riscalda in un pentolino il latte a fuoco dolcissimo e senza che raggiunga l’ebollizione togli dal fuoco. Metti il cubotto di lievito di birra e il miele. Gira per bene fin quando sia il miele che il lievito si sono completamente sciolti.

(se sei della Setta del Bimby) Versa nel boccale il latte, il lievito e il miele e fai andare a 37 gradi per un minuto a velocità 3.

Su un piano pulito fai una montagna di farina e ricava un incavo. Versaci dentro il latte con il lievito e il miele. Sbatti le uova in una ciotolina con la scorza di limone grattugiata e il sale e unisci questo composto al tuo impasto che devi lavorare pian piano aiutandoti con le mani infarinate perché risulterà piuttosto appiccicaticcio.

(se hai l’impastatrice la vita ti sorride) Versa gli ingredienti nel contenitore nel seguente modo: farina, uova precedentemente sbattute con scorza di limone e sale e poi il latte con il lievito e il miele. Lascia lavorare l’impastatrice per almeno venti minuti a velocità dolcissima e ridotta.

(se hai il Bimby) Dopo aver riscaldato il latte con il miele e il lievito aggiungi le uova precedentemente sbattute con la scorza e il sale e poi la farina e tutto il resto degli ingredienti. Lavora con modalità spiga per 15 minuti.

Per dovere di cronaca devo dire che ho provato con impastatrice e con Bimby (pressocché la stessa cosa, suvvia. Ma l’impasto ottenuto con la prima mi è piaciuto molto di più). A mano è pura utopia. Qualora dovessi provarla, impavida anima, fammelo sapere!

L’impasto è bello che appiccicaticcio e deve essere comunque raccolto con una spatola. La scelta della lievitazione è soggettiva, diciamo così. L’originale prevedeva una lievitazione di due ore in ciotola di vetro coperta da pellicola per poi sgonfiarlo con la spatola e lasciarlo riposare giusto un altro po’ prima della formazione delle brioche. Io ho deciso (sotto consiglio di un pasticciere su Youtube) di lasciarlo riposare per una notte intera in frigorifero, sempre in ciotola di vetro coperta. In pratica ho impastato al tramonto di sabato sera e all’alba di domenica mattina ho cominciato a formare le brioche e infornarle (ma scommetto che voi il sabato sera e la domenica mattina avete cose più interessanti da fare. Sono sempre una donna anziana, io).

Che si abbia l’impastatrice o il Bimby o un oggetto spaziale, a questo punto della storia siete solo voi contro la brioche col tuppo *musiche di un western a caso. Deserto. Cappello. Desolazione. Bar aperto alla vostra sinistra (o destra, vabbè).

Piano infarinato. Mani infarinate. Impasto appiccicoso ma governabile (o almeno spero). La proporzione brioche-tuppo non è soggettiva *colpo sulla scrivania e agitata di capelli. Possiamo stabilire un 80 grammi per la brioche e 15 grammi per il tuppo. Si può essere tolleranti se il tuppo arriva a 20 e quindi con una proporzione uno a quattro ma non di più non di meno, ok? (altrimenti sparo!)

Si sistemano le brioche su carta da forno. Con l’aiuto dell’indice si crea una sorta di fossetta dove adagiare il tuppo. C’è chi lo attacca spennellando leggermente l’incavo con latte (poco) e uova (una è più che sufficiente, meglio senza albume) e c’è chi sfida la sorte poggiandocelo con la filosofia “o la va o la spacca”. Ho scelto di spennellare, lo confesso, ed è andata benissimo anche se il tuppo si è leggermente amalgamato alla brioche in cottura ma santotuppo era la mia prima volta. Sono perdonata, nevvero?

Una volta adagiato il tuppo vai a 180 per 20-25 minuti. Non appena saranno leggermente scurite via dal forno e iiiiiiiiiiiiiiiiiimmmmediatamente inzuppate nella granita che le mani vi devono proprio scottare (ok dai, trenta secondi si possono aspettare). Anche per la cottura ho adoperato due metodi perché l’esaurimento ha sempre un suo meraviglioso perché.

La prima a 180 mentre la seconda (le foto della Brioche con la seconda infornata sono quelle bruciacchiate a fondo post) a 200 cottura pane per 15 minuti e poi 180 ventilato per altri 15. Se vi state chiedendo il perché la risposta è: il Nippotorinese ha voluto dare un suo contributo stabilendo secondo basi a me sconosciute che fosse meglio così. In realtà (COME SEMPRE) avevo ragione io e quindi consiglierei senza ombra di dubbio alcuno quella a 180.

Oh. Ce l’ho fatta. Sono stata sintetica? (ironia, sì)

Essendo catanese potrei/dovrei scrivere nel titolo “Le Brioche col Tuppo Catanesi”, ma volutamente imparziale e cauta ho omesso questa appartenenza, oggettivamente sacrosanta, al fine di non dover incorrere poi in spiacevoli incidenti diplomatici riguardanti le infinite e varie  maternità dolciarie che la Trinacria offre. Esistono difatti ormai le delizie appartenenti “alla regione” e altre strettamente correlate a una singola città. Le brioche, come la cassata e il cannolo, sembrano ormai appartenere per intero alla Magna Grecia; è pur vero però (ok la Catanese che è in me spinge prepotentemente le dita) che a Catania NON si può prendere la granita senza brioche. E’ proprio vietato dalla legge. I vegani? La ordinano e la portano a casa a un componente della famiglia, per dire, oppure la idolatrano in preghiera per alcune ore cedendola poi al primo passante ma:

NON VI E’ GRANITA SENZA BRIOCHE.

E solo un Catanese inside può arrabbiarsi. Se prima il Nippotorinese non capiva la profondità e l’essenza di questo inscindibile connubio andando contro corrente e dicendo “no per me niente brioche”, adesso dopo un decennio rimane letteralmente indignato se gli pongo il quesito “vuoi la brioche?”. La risposta è sempre la stessa “ovvio che voglio la brioche altrimenti non vorrei la granita”. Insomma contaminazione regionale uno a zero per Iaia. Già due anni fa mi ero leggermente stupita del fatto che pure a Torino, non soltanto in “granitari e gelatai” d’eccezione (il Siculo uno su tutti) avessero la Brioche (per dire pure Grom). Un’usanza, quella di metterci dentro il gelato (a Catania da sempre ma anche a Palermo e nell’entroterra per non parlare di Siracusa stessa) o pucciarla nella granita, ormai diffusissima in quello che i vecchi siculi continuano a chiamare “continente” (una a caso? la mia nonnina che pur essendo calabra e per logica proveniente dal continente fa ugualmente emergere la sua siculinità cinquantennale).

La brioche preconfezionata è come il Cannolo già riempito in vetrina. Non si può vedere, ma l’entusiasmo che ho potuto registrare, confesso, è stato a livelli altissimi. Chi non ha passato un’estate in Sicilia divertendosi tra tuffi, cannoli, fritture e brioche col tuppo inzuppate in chilate di granita? La verità è che avendo (fortunatamente) a che fare con moltttttttttttttttttttisssimi amici che siciliani non sono (registro per altro un elevatissimo tasso nordico) riesco a confrontarmi mooooooooooooltttttttttttttttisssimo in quel simpatico scontro, che tanto piace agli ignoranti, Nord VS Sud e viceversa. Rimane nel cuore, la mia terra. Ti fa proprio arrabbiare se ci vivi e lì giù di matto per chi non riesce a tenere i ritmi siculi che appartengono proprio al DNA. Ma se è per un breve periodo. Se non ci devi vivere ventiquattro ore su ventiquattro facendo a botte con alcuni sistemi ahimé radicati e mai risolti (come in tutte le regioni sì, ma innegabilmente più nelle isole. Posso permettermi di aggiungere pure la mia amata Sardegna?), il mio triangolo di magia in mezzo al Mediterraneo ti perfora proprio il cuore, le papille e le pupille.

Ti scoppia proprio dentro come la lava e ti annaffia di onde come l’isola di Capopassero.

La Brioche col tuppo è proprio un’istituzione. Sia su Facebook che su Twitter vi è stata proprio un’esplosione, manco fosse una mousse al Cioccolato (perché si sa che se “si vuole vincere facile” bisogna sempre e solo puntare al cioccolato. Un po’ la storia della Nutella, no?): desideratissima. Io e la Socia Torinese Piola senza saperlo all’improvviso ci fissiamo sul fatto di preparare la Brioche col tuppo. Lei procura una ricetta online e io tra le mie amicizie (questo inverno riprendiamo la Rubrica delle Socie, eh. Vi ricordate? Quanto erano i belli i tempi del polpettone vegetariano e delle caramelle Mou?). Il Nippotorinese sommerso dal lavoro riceve aggiornamenti sia dalla Socia che da me (in teoria mi dovrebbe vedere quelle due ore e mezza al giorno – esclusi i momenti in cui ci incrociamo per lavoro), pensando che siamo in combutta per questa ennesima prova culinaria; quando viene a scoprire (insieme a noi) che nessuna delle due ha parlato di brioche col tuppo vicendevolmente rimane esterrefatto. Le socie anche quando non comunicano verbalmente lo fanno attraverso canali culinari silenziosi e magici.

 

E sempre senza saperlo la moglie di Alessandro, la bellissima Rosy, si cimenta, precedendomi proprio di qualche giorno, per la prima volta nella realizzazione della Brioche. Insomma Sicule impazzite e Torinesi pure all’improvviso. Al Solstizio d’Estate come un richiamo. Coincidenze? No. E’ proprio il richiamo della Brioche col tuppo, c’è poco da fare. Si è aperta la stagione ufficiale. Mi sono ripromessa di farne una versione vegana ma ultimamente mi riprometto troppe cose che non riesco a portare a termine, quindi eviterei di illudermi ulteriormente. Impasto il sabato. Al tramonto sotto l’Etna rosa e un cielo bellissimo. Mamma legge di Valeria Marini che sta con un ex corteggiatore di Uomini e Donne, e sono cose. Il Nippo si aggira sul terrazzo in cerca di misure per la casetta di Koi (uhm sì lo so. Sto facendo un po’ la misteriosa a riguardo. In realtà è solo mancanza di tempo). Io impasto nella speranza di non fare una brutta figura colossale. Decido di far lievitare l’impasto tutta la notte nonostante la ricetta (passatami da Rosy. In questi giorni proverò quella di Piola e quella che ho estorto a un pasticciere perché sono una brava persona diplomatica appunto) non lo prevedesse. Solo che io faccio sempre un salto su Youtube prima di fare una ricetta, ultimamente. Trovo filmati di pasticcieri professionisti che spiegano durante interviste, pezzi di programmi televisivi e gente competente in mezzo a tutti i link dove escono scemunite incompetenti che fanno ricette a caso (e sto parlando chiaramente SOLO DI ME).

Ma cosa significa tuppo? No perché io me lo chiedo sempre se il significato reale del tuppetto sia conosciuto ai più (intendo forestieri, eh. Che il siculo vero lo sa *parte la colonna sonora del Padrino parte terza). Chignon. Il Tuppo è lo Chignon. Non è poetico, retrò e charmant? E non perché rimanda a qualcosa dal gusto francese considerando che si chiama pure Brioche. In realtà in sicilia non è Brioche ma:

BRIOSCIA. Che non siano noi a siculinizzare roba francese ma l’esatto contrario (tiè!). La Brioscia col tuppo è una Brioche con lo Chignon. La mia nonnina, Grazia, aveva dei capelli lunghissimi e portava sempre il tuppo. Non aveva la ciambella di H&M a due euro e due forcine ma tanta abilità. Veniva fuori un tuppo perfetto. Sferico. Perfetto. Senza un capello fuori posto. Il Tuppo non è altro che questo. La brioscia è elegante, composta e retrò. Ricorda che la granita, quella fatta di ghiaccio e limone fresco, si mangiava con il pane caldo.

Vorrei chiudere questo post raccontandovi una storia; nonostante lo abbia già fatto da qualche parte qui. Più e più volte, ma fa parte del mio cuore. Della mia anima e della mia essenza.

Papà, quando era piccolo (e povero), nelle occasioni proprio di festa aveva un soldino per prendersi la granita. Passava un signore con un carretto. Tanto ghiaccio e limone fresco spremuto. Non c’erano allora bicchieri di plastica, naturalmente. Le persone venivano giù per le strade con il proprio bicchiere e se lo facevano riempire di granita. Poi lo mangiavano per strada o a casa con il pane. Papà non aveva il bicchiere quel giorno ma il soldino sì.

Ha unito le mani e gli ha detto “La metta qui”. “Ma è fredda!”. “Me la metta qui”. E l’ha mangiata con la bocca, frettolosamente e con le manine ghiacciate. Papà ha sempre detto che non c’è stata miglior granita di quella. Che ne ricordava ancora il sapore, la sensazione e stranamente il calore. Mi rendo conto che la mia vita è destinata a un continuo ricordo, tormento e sorriso. Perché qualsiasi cosa mi ricorda lui. Qualsiasi cosa mi fa venire in mente cosa avrebbe detto. Come avrebbe fatto. Come reagirebbe. Come.

E poi questa immagine della Brioche con il tuppo. Di una base solida, coraggiosa e imponente che tiene su un piccolo e instabile tuppo; che altro non è che una piccola brioche uguale. Figlia. Sta su. Ancorata. Attaccata. Senza voglia di essere staccata. E pucciata nel freddo gelida senza.

La sua base.

E nonostante sia giusto anche tuffarsi coraggiosamente da soli passando da un caldo rassicurante a un freddo insopportabile. Nonostante sia lacerante, angosciante e ci sia il buio più inimmaginabilmente buio. Rimane un sorriso di te, amore mio.

Sempre e solo un sorriso e tanto orgoglio. Di essere il tuppo di un bimbo coraggioso che ricorda le privazioni come momenti più belli e non il lusso di bicchieri e cucchiaini. E stanotte che saranno sei settimane io sfornerò altri tuppi per te, papà. E granite al limone. Tante granite al limone.

QUESTO POST È STATO PUBBLICATO IL: 

Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

Seguimi anche su Runlovers

Tutte le settimane mi trovi con una ricetta nuova dedicata a chi fa sport

MUST TRY