Ricette Vegetariane e Vegane

(Le prime) 5 Cose da vedere a Catania: la Fenice che risorge dalle sue ceneri

L’Elefantino – U Liotru a Piazza Duomo

Sulle leggende, storie e origini di questo elefante ci vorrebbe un capitolo a parte. Io stessa, catanese, ne conosco così tante che non so da dove cominciare. Ogni catanese ti racconterà la propria storia, interpretazione e convinzione. L’Elefantino è una tappa obbligata se vieni a Catania perché è un simbolo estroso, se vogliamo geniale e misterioso che riassume perfettamente quel frullato di emozioni, arte e cultura che caratterizza la mia Catania. Elementi in contrasto tra di loro, come il barocco, l’arte egizia, la modernità, il mito e la leggenda. Questo è l’Elefantino, che con la sua proboscide alzata saluta l’Etna e Sant’Agata, santa protettrice e osannata da tutti i cittadini. L’elefante di pietra lavica si chiama Eliodoro (u Liotru): secondo una leggenda si racconta che lo stregone Eliodoro lo scolpì lui stesso, forgiandolo dalla lava calda del’Etna, per cavalcarlo e compiere magie. Infatti Liotru è proprio una corruzione popolare linguistica del nome Eliodoro. Giovanni Battista Vaccarini, abate e architetto, è il padre dell’elefantino nella realtà oltre che a essere anche padre di moltissima architettura catanese. Si devono a lui una serie di magnifici edifici, infatti. Ha mischiato il sacro e il profano servendosi di oggetti di diversa natura, origine e tempo. L’obelisco posto sopra la schiena dell’elefantino, le zanne e gli occhi aggiunti in un secondo tempo, il barocco, le statue sottostanti e la gualdrappa (ornamento tessile posto sulla groppa degli animali) rimangono un frullato di messaggi nascosti -e non- che sono diventati a ragion veduta simbolo di una città misteriosa, divertente e ricca di contraddizioni e meraviglie.

La Pescheria dietro l’Acqua o’linzolu dopo una passeggiata in Cattedrale che prima affacciava sul mare

Gira per Piazza Duomo, chiedi dove è l’Acqua o’linzolu (fontana dell’Amenano, che è un fiume sotterraneo) ma ti accorgerai che guardando l’elefante devi solo guardare sulla sinistra. Troverai una fontana in marmo di Carrara costruita dal maestro napoletano Tito Angelini. Questa fontana riversa dell’acqua producendo un effetto cascata come a dare la sensazione di un lenzuolo (Linzolu significa Lenzuolo). Si chiama così anche perché pare che un tempo le belle lavanderine lavassero proprio lì i panni. Proprio dietro troverai la Pescheria, un antico mercato cittadino che insieme alla Vucciria di Palermo -bellissima-, è una vera e propria tappa obbligata per tutti quelli che hanno voglia di scoprire Catania. Non andare con i sandaletti, te lo dico. Per terra spesso c’è molta acqua ma se non badi a tutto questo vai pure e goditi tutto. Scoprirai pesci colorati, un dialetto vivace e chiassoso, dei pescatori sorridenti che cantano ma mai invadenti che saranno felici di farti fotografare i fondali inabissati portati alla luce. Ci sono barche, ristorantini e gli archi della Marina perché sì, un tempo lì c’era il mare. C’è ancora dopo gli archi e trovi anche il porto ma sotto quegli archi passava il mare. E la Cattedrale – il Duomo di Catania- come le incredibili cattedrali arabe si affacciava sulle onde.

Il Duomo dentro presenta interventi artistici molto spesso non coerenti li uni agli altri ma anche questo contribuisce a renderla unica nel suo genere. A tre navate e con un acquasantiera del quattrocento, trovi anche oggetti di arredamento moderni che non ti aspetteresti. Bellini dorme eternamente lì dentro mentre riecheggia la sua musica; la cattedrale ospita la cappella di Sant’Agata e le reliquie sono conservate all’interno di un busto di bronzo dorato e smaltato. Ci sono la testa e i resti che sono stati attribuiti alla Santa. C’è anche la mammella tagliata dai suoi carnefici, segno straziante del supplizio cui è stata sottoposta. Anche qui quasi a volere sottolineare il contrasto i catanesi hanno dedicato un dolce a questo dettaglio macabro. La minna di Sant’Agata (minna in catanese significa seno) è infatti un dolcetto, che puoi assaggiare in tutte le pasticcerie della città, che ricorda moltissimo la cassata siciliana. Una glassa bianca, eterea e pura con una ciliegina sopra come a indicare l’interezza di quel seno. Come a voler cancellare il dolore con la dolcezza.

Tra lava, biscotti e barocco

Passeggia per il Duomo e dirigiti verso via Crociferi che straripa di barocco, lasciati suggestionare dalla Città nera piena di lava che odora di biscotti, cannoli, brioche col tuppo e pizzette da panificio, perché ogni tre porte Catania offre leccornie di tutti i tipi come il paese dei balocchi. Qui ti ho parlato dei pezzi di tavola calda e qui dei pezzi di colazione (ma ci ritorneremo). Catania ha una sua identità, come il resto delle provincie siciliane, in fatto gastronomico e di street food. I pezzi di tavola calda che troverai a Catania non saranno gli stessi di Messina, Siracusa, Palermo e tutte le altre. Mangia una cartocciata passeggiando per via Etnea, lasciati sedurre dagli angoli e dal rumore. Perché sì, Catania è una città allegra, rumorosa ma anche molto accogliente nel suo chiasso infernale. Ti farà arrabbiare molte volte ma saprà farsi perdonare. Riesce sempre a farsi perdonare perché ogni angolo che giri è un mondo a sé strano e confuso, bizzarro e inconcludente, magnifico e incredibile. Ogni volta che giri una via ti trovi davanti qualcosa di inaspettato. Se sali lungo tutta la via Etnea, che è davvero lunghissima, troverai un orto botanico. Ma nel tragitto puoi fermarti anche nella Villa Bellini, senza dimenticare l’arancino da Savia. Bellini e la sua musica sono onnipresenti nella città. Non perderti all’interno della Villa comunale il chiostro della musica, perché alzando gli occhi al cielo ti accorgerai di quel cielo blu e intenso tra il verde e di quelle lampade che sembrano note pronte a danzare negli intarsi del chiostro nero, pentagramma mobile e fantasioso.

Teatro Massimo Bellini

Sempre a Bellini è dedicato il più importante teatro catanese che se avrai la fortuna di visitare ti paralizzerà per bellezza. La facciata in stile neobarocco è riccamente decorata. La sala interna è una delle più belle tra quelle costruite nell’Ottocento in Italia e il soffitto è affrescato magnificamente. Dentro risuona la Norma a tutto volume mentre fuori ferve la movida catanese, quella più giovane e non solo. Difatti il Teatro con la sua  piazza e il susseguirsi di stradine, scalinate, fontane e luoghi tutti da scoprire capeggia in tutta la sua bellezza nelle notti di divertimento catanesi. Appuntamento fisso è quello di Piazza Teatro Massimo dove un susseguirsi di locali di ogni genere creano un interessante movimento culturale sotto diversi punti di vista. Arcate sovrapposte, semicolonne, fregi e busti di grandi musicisti. Se riesci a vedere il teatro a notte inoltrata quando ci sono poche persone (cosa rara) alzerai gli occhi e difficilmente dimenticherai la meraviglia. Sembra di aggirarsi di notte nel set di Storia di una Capinera. Come girare tra le novelle di Pirandello, Verga e Tomasi di Lampedusa. Un percorso visivo -e gustativo- che ti colpirà e che ti porterà a infiniti percorsi tra stradine più piccole e più grandi. Ti racconteranno di una Catania di artisti e di poeti mai falliti.

Il Monastero dei Benedettini

Uno dei più grandi monasteri di Europa. Possente e sbalorditivo il Monastero dei Benedettini. Il perimetro supera il chilometro e mezzo ed è visitabile (oltre che sede della mia Università. Momento di commozione, sì). La cosa che colpisce inizialmente è la bicromia catanese (il grigio lava con la pietra bianca) tipica dei grandi palazzi cittadini e di piazza Duomo, soprattutto (pure dell’elefantino a dirla tutta). Il Monastero San Nicolò l’Arena è un vero e proprio complesso ecclesiastico situato a piazza Dante nel centro storico di Catania. Fondato dai monaci provenienti dall’omonimo monastero sito precedentemente a Nicolosi, poi come in tutte le storie etnee che si rispettino arrivò un terremoto (o una colata, perché i motivi sono sempre gli stessi ahimè). Tanta meraviglia perduta e sempre ricostruita. Perché Catania è come una fenice e risorge dalla sue ceneri. Per visitare il monastero occorrono almeno 2 ore e bisogna trovarlo questo tempo perché non assaporare le testimonianze di età greca, romane e medievale sarebbe davvero una cattivissima idea. La chiesa costruita verso la fine del seicento e attigua al monastero, dove è presente un sacrario dei caduti della prima e seconda guerra mondiale, è rimasta incompiuta. Ci sono diversi stili, epoche e tempi che si susseguono all’interno di questo incredibile monastero. Chiostri e giardini, cucine e aule studio di incredibile bellezza tra ponti moderni di vetro sorretti in aria e percorsi incredibili che ti portano in angolo antichi e moderni. Una delle cose che mi piace è arrivare alla sala rossa, disegnato da Antonino Leonardi. Fa parte di un progetto di recupero e dopo aver fatto un giro nelle antiche cucine, dove ti sembrerà di scorgere benedettini indaffarati con zuppe calde e rosari in mano, vedere tanto di quel ferro dentro una grotta e una argentiana (Dario Argento, sì) luce rossa ti stupirà. Il corpo scale dei Benedettini mi ricorda un po’ la mia tanto amata scalinata di Palazzo Madama a Torino. Sarà per i colori e perché se alzi gli occhi al cielo è tutto diverso ma pur sempre uguale. Il Monastero brulica di vita per gli studenti ma anche perché all’interno vi è una meravigliosa biblioteca. Si alternano immagini di un passato e di una modernità, che come sempre caratterizzano il contrasto di Catania. Tra quel nero e bianco. Accecanti nello stesso modo. Patrick Brydone in viaggio in Sicilia nel 1773 definì il monastero la Versailles siciliana. Per il suo verde, i suoi chiostri e i suoi giardini. Per gli scacchi, le volte, i putti, le ninfe, le bugnate, le frange e tutte le meraviglie che si intersecano tra numerose scale e scaloni, porte e portoncini.

 

Catania è rimasta quella di Verga. Con le mattonelle colorate, musica che si sente dalle finestre, frastuono e risate. Catania è davvero una città rumorosa ma infinitamente divertente. Magari ti arrabbierai per il troppo traffico, il disordine e molte volte perché non riesci a fermarti mai. Catania è per gli animi avventurosi, per chi ha la mente libera e mai statica. Devi perdonarla per quello che non ti piacerà. Perché quando sarai a casa ti renderai conto che l’hai amata proprio per quello.

 

Ne seguiranno altre cinque, e poi cinque, e poi dodici e poi. Di cose da fare, vedere, mangiare a Catania.

 

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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