Mi dispiace che sia Estate solo perchè si ha meno tempo per cucinare. E giĂ questa affermazione la dice lunga sul mio stato psichico, suppongo. A ben guardare perĂ²:
1) Non prendo il sole.
2) Non vado al mare (amo il mare ma amo la solitudine del mare. Questo coincide con: quandopossovadosullabarcagommonezatteraechisièvistosièvisto. Ma mai piĂ¹ sul pedalĂ² perchè ci ho lasciato un piede. Fortuna che poi ne ho ricomprato un altro).
3) Non torno alle quattro del mattino dopo aver ballato il tuca tuca a bordo piscina dopo un aperitivo fesciĂ²n.
Perchè ordunque avrei meno tempo per cucinare? Forse perchè sono una fan sfegatata di Rosamunde Pilcher e devo smocciolare dalle 14.30 alle 16.30? Forse perchè nel segreto della mia dimora cibo i miei neuroni con le repliche di pomeriggio cinque in onda su sky? Forse perchè segretamente, viste le mie indubbie doti canore, sto partecipando ai provini di Amici di Maria De Filippi versione anziana?
Freniamo gli entusiasmi. Niente di così entusiasmante. Suppongo che la stanchezza abbia preso il sopravvento visto l’innegabile declino fisico correlato alla mia imbarazzante etĂ (quando supero la metĂ dell’anno. Ovvero Giugno, essendo nativa di dicembre, una depressione mi coglie feroce). Guardo l’enciclopedia di Nobu e bramo la sua spuma di caviale con sashimi di rombo e nonsocosa. Fisso il grande chef Kumalè (Vittorio Castellani) desiderando fortemente le sue variazioni nipponiche per poi cadere in uno stato di incoscienza. Fisso la mia inesauribile fonte enciclopedica etnica con il desiderio di elaborare le ricette dalla A alla V, lasciandomi la Z per l’indomani e cado in coma ipoglicemico. Neanche otto chili di anguria ghiacciata e l’arrivo imminente della congestione riescono a risollevarmi (come potrebbero in effetti?).
Sono una larva. Pur non soffrendo il caldo, epidermicamente intendo, e pur non sudando neanche con un golfino di cashmere alle 14 di un sabato pomeriggio con 40 gradi all’ombra, io soffro maledettamente l’estate.
Mi annienta e annichilisce. Questa stagione amata e idolatrata da tutti a me spaventa e disturba. Perchè se non è il caldo quello che turba le mie notti è il suo degno compare. Il Sole. Ho un rapporto preoccupante con questa enorme stella pallosa con tanti raggi. Credo lo dimostrasse il fatto che non disegnavo mai da piccola una casetta, il sole, degli alberi, uno staccionato, l’uccellino e la famiglia che si tiene per mano.
Nel caso della casa elaboravo in tenera etĂ : luna, castello, cane lupo, scale scoscese e muretti disfatti. A seguire con l’avanzare dell’etĂ : Signori con il mantello, carrozze e dettagli rossi. Ho sempre odiato il giallo e colorare. Colorare il sole all’asilo era una punizione e mentre bramavo di finire dietro la lavagna per avere davanti un rassicurante bianco e nero, continuavo a essere quella che pur colorando appositamente (per mio giudizio) male veniva elogiata. Dannazione. Cercavo di carpire i segreti di chi secondo la maestra colorasse peggio ma niente. Continuava a prendermi in giro dicendo che fossi la piĂ¹ brava a colorare (era la stessa che diceva “uscite i libri”. Non capiva assolutamente nulla sintatticamente e stilisticamente parlando). L’avversione al colore credo cominci da qui. PiĂ¹ dal fatto che la maestra osasse contraddirmi*risata sardonica.
Insomma cosa c’entra la maestra, l’avversione al sole e le carrozze e un inizio di voglia etnica? Nulla. Ma voglio aggiungere un altro tassello inconcludente perchè mi piace esagerare. Il mio inaudito pallore, nonostante mi premuri di preservarlo con protezione 50 continuamente (in versione spray e crema), viene irrimediabilmente compromesso. Nonostante tutti durante il periodo estivo mi dicano “ecco. Stai benissimo. Sembri un po’ piĂ¹ umana con un po’ di colorito” continuo a provare fortemente fastidio (qualora doveste incontrarmi quindi ditemi “stai malissimo colorita. Ti prego non uscire di casa e preserva il tuo pallore”).
(inciso: mamma ha sempre creduto che fossi un vampiro. Dagli otto anni in poi mi guardava e mi chiedeva “sei sicura che non sei un vampiro, amore?”. Quando preparava la salsa si prendeva gioco di me dicendomi “Sangue! E’ sangue! ne vuoi?”. La meravigliosa semplicitĂ psicotica della mia mammina! Ne sono degna erede)
I piatti etnici (aspetta che trova l’aggancio eh. Forse) sono l’ideale per l’Estate (nessuno osi chiedermi il perchè. Sto trovando l’aggancio, dannazione) e quando c’è troppo sole (visto? visto che lo trovando?!) quale miglior ricetta saporita e gustosa che sa di vacanza? Di lontano? Di orientale magari? (perfetto! è assolutamente perfetto)
(è vergognoso, sì)
La voglia di evadere prepotente in un angolo di pace nella solitudine di casa propria. Un incentivo al coccolamento selvaggio nella speranza che le ferie arrivino presto. Quando sarĂ ora solo di programmare escursioni, gitarelle, tuffi e ustioni.
(a tal proposito: patate crude sulla schiena. Non è una leggenda metropolitana. Le patate crude sulle ustioni procurate da un’insolazione sono un toccasana. Parola di giovane nonscout che si è ustionata finendo all’ospedale con 40.5 di temperatura. Solo le patate #hasempreragionelanonna# )Â
Oggi propongo delle ricettine nipponiche e orientaleggianti semplicissime  e veloci. Come sempre basteranno pochissimi ingredienti e tempi ridottissimi.
Da gustare magari fuori. Non occorre un giardino o un immenso terrazzo. Anche solo un balconcino. E’ meraviglioso sedersi fuori e mangiare. Nella solitudine della propria casa. Anche senza tavolino. Per terra. Con accanto un piattino accogliente che sa di lontananza, vacanza e sogno. Seduti tra un’instabile irrealtĂ e realtĂ . In equilibrio sopra una follia visiva di desiderio.
Oh. Balconcino tutta la vita. Gambe leggermente tirate su e sguardo fisso al cielo. Bocca imbrattata e sior siore eventuale rutto libero (Csaba sarebbe orgogliosa di me in questo momento. Ne ho certezza assoluta).
Le proposte di oggi sono (rullo di tamburi):
- Maiale al Cocco
- Pesce saltato con la Salsa di Soia
- Tonkatsu
- Zuppetta di Pesce
- Spinaci con Sesamo
- Pane al The Matcha
PiĂ¹ Japan, ma.
Il Maiale al Cocco
è un classico della cucina Orientale. In Thailandia, ad esempio.  Ne propongo una versione facilissima da realizzare, in un’insolita presentazione spiedinosa da intingere in una crema al cocco. Non nella sua forma piĂ¹ classica, insomma. SarĂ normale chiedersi: e chi mai avrĂ elaborato questo stuzzichino maialosococcoso?! Iaia!
Il Coccomaialoso di Iaia! (potrei promettere di smetterla ma non ne ho la minima intenzione)
Ebbene sì. Con il Maiale, dopo l’esperimento riuscito del Maiale Figo con Fichi e mele, ci ho preso gusto. Piuttosto che cuocerlo lentamente sul fuoco impappettandolo con il cocco ho realizzato dei semplicissimi tocchetti impanati nella mollica e nel cocco disidratato. Per la crema di cocco è bastato cuocere il frutto con un po’ di latte di cocco fino a ridurlo in poltiglia. E’ sorprendente come il Cocco aromatizzato leggermente con qualche spezia (ho usato pochissimo curry e qualche foglia di mentuccia freschissima acchiappata al volo dalla piantina che sorprendentemente resiste insieme al rosmarino) diventi di una bontĂ entusiasmante.
Adesso devo solo ricordarmi che durante questi esperimenti non devo dimenticare di prendere appunti. Pur conscia del fatto che basandomi sulla legge di Murphy è normale dimenticarsi di appuntare una ricetta che riuscirĂ e ricordarsene proprio quando accadrĂ l’esatto risultato contrario.
Il Pesce saltato con la Salsa di soia
e servito con una pioggia di sesamo nero è l’esempio che in tre minuti si puĂ² servire qualcosa di particolare e intrigante senza perdersi in chiacchiere. La soia si presta benissimo alla cottura del pesce. Un piatto leggerissimo e freschissimo di cui si puĂ² abusare tranquillamente senza aver paura di interferire con questa stramaledetta prova costume; che non dura mica solo per l’inizio estate ma perdura ferocemente fino a settembre. E’ una prova continua. E’ inutile illudersi. Light, nutriente, appetitoso, facile e dal sapore sorprendente. Il pesce con la salsa di soia è uno sposalizio vincente che mai delude. Il detto “cacio sui maccheroni” nella versione proteica potrebbe essere tranquillamente sostituito da “soia sul pesce”.
Provate a fare un fondo di olio (pochissimo e di riso possibilmente) e salsa di soia (almeno tre volte maggiore del quantitativo dell’olio) e cuocete il pesce freschissimo (tonno, pesce spada o qualsiasi pesce a fetta che vi piace di piĂ¹ ad esempio; ideale insomma per la padella e per le cotture brevi) da ambo i lati. Non eccessivamente e senza salare (la salsa di soia ha giĂ fin troppo carattere!). Una cottura semplicissima che conferirĂ al pesce un sapore a dir poco squisito.
Il Tonkatsu
è la classica cotoletta iperfamosissima nipponica che strapiace a chiunque. Una bella cotolettozza di maiale servita assolutamente con un’insalatina di cavolo verza (o cinese. Ma chi mi segue purtroppo sa che ho un leggerissimo problema con i cavoli cinesi). Imprescindibile connubio che potrĂ appagare qualsiasi tipo di palato. Niente paura quando c’è Tonkatsu! (se si ha tempo mi si puĂ² immaginare dirlo a gran voce; come un’eroina dei fornelli indossando un enorme mantello bianco con al centro stampata una sfera rossa in onore della bandiera nipponica mentre tante stelline dietro sparano felici verso l’alto. Sto forse esagerando?)
E per chi non ha la salsetta del Tonkatsu nipponica? Niente paura la worcester ci salverà ! Parola di Harumi Kurihara! (e chi è? una cuoca molto friendly che insegna la cucina nipponico a noi poveri comuni occidentali).
Zuppettina di pesce
semplice e fresca a dimostrazione del fatto che la parola zuppa non corrisponde necessariamente all’inverno. Una fonte inesauribile di vitamine e proteine in formato zupposo con il pesce piĂ¹ fresco che si riesce a trovare in pescheria o al supermercato. Niente roba ricercata per caritĂ . Qualsiasi simpatico pesciotto a patto sia fresco. Un pezzettino si potrebbe pure meravigliosamente incartocciare con qualche verdurina e alga nori per un piatto delicatissimo ed etereo . L’Alga Nori l’ho messa lì. Una volta. Senza un perchè o motivo. Tra le carni del pesce e l’alluminio sola e abbandonata tra una fila di patate e carote urlava “perchè? perchè sono qui e non in un nigiri?”.
Era lì perchè il destino voleva che il miracolo accadesse. L’alga Nori con il vapore rilascia il suo sapore riconoscibilissimo alle carni e le permea e riveste magistralmente di un sentore squisitamente orientaleggiante. Insomma ficcateci l’alga nori e basta, ecco. E’ buona (il dono della sintesi, questa sconosciuta).
Ricordo sempre con piacere il sapore del pesce al cartoccio. Insieme alla preparazione al sale erano indiscutibilmente i miei preferiti.
L’insalatina di Spinaci lessi e sesamo
è un caposaldo della cucina giapponese. Con un po’ di mirin o soia diventa un accompagnamento sia in versione calda che fredda da gustare assaporandone la perfetta comunione.
E per finire l’ennesimo esperimento Iaioso che poteva mancare! Yuppi!
Il Pane con il the matcha
 Nonostante qui sia stata presa in giro a lungo per questo colpo di testa, alla fine non solo è stato apprezzato ma anche riproposto sotto forma di panino con tantotantotanto sesamo nero sopra. Giusto per essere un tantinello ripetitivi. Un pane alieno verde che caldissimo appena sfornato caldissimo con un po’ di olio di riso aromatizzato con la salsa wasabi (altro esperimento Iaioso, sì) è DAPPPPAURA! (credo che in questo caso il linguaggio giuovanile e friendly possa far afferrare immediatamente il concetto che altrimenti avrebbe dovuto essere espresso con almeno altre 3847 frasi sintatticamente scorrette-dispersive-contorte).
Mentre impastavo allegramente il pane alle sei del mattino, grazie alla mia galoppante insonnia, l’epifania (si fa per dire) di darci sotto con qualche cucchiaiata di Matcha. Così è stato. Così accadra ancora. E ancora.
Insomma un MenĂ¹ Nipponico a tratti occidentalizzato che raccoglie un po’ di ideuzze facili e veloci: secondi di pesce e carne con insalatina di accompagnamento e lievitato fusion con questo pane di tradizione italiana che porta con sè bagagli di oriente.
Fusion e forse anche un po’ di confusion .
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