La Ricetta
500 grammi di farina, 200 grammi di strutto (o burro), buccia di un limone grattugiato non trattato, 3 uova, 200 grammi di zucchero, 1 cucchiaino di lievito per dolci
Per la glassa ho adoperato solo zucchero a velo, pochissima acqua e colorante alimentare.
Per 20-25 minuti, dipende dalla grandezza e dallo spessore, a 180 gradi. Quando sono dorati tira fuori e lascia raffreddare e poi procedi alla decorazione.
Forse voi non sapete che oltre a tutta quella grande confusione che negli anni vi ho creato con il mio nome vero, soprannome, nick e dintorni, in realtà mi chiamo per certi versi pure Lucia. Regia, faccia partire un sottofondo ricco di effetti speciali. Essendo nata il 12 Dicembre, Nonna Grazia desiderava ardentemente che non mi fosse affibbiato il suo nome da nonna paterna, come tradizione secolare sicula “impone”. A dimostrazione del fatto che pur essendo una donna nata nei primi del novecento possedeva un’incredibile e moderna intelligenza. Le ho perdonato di avermi ammazzato il coniglio Neve. Averlo appeso per la gola. E avermi traumatizzato l’esistenza. Con me basta davvero poco, diciamo.
Lucia era un nome bellissimo e per di più legato a una Santa molto sentita in tutta la Sicilia. La tradizione culinaria è strettamente correlata a Santa Lucia. Sono tante le leggende e i piatti ricchi di frumento cotto di buon auspicio e che vengono regalati ad amici e parenti. Zuppette di frumento strette cugine della Cuccia di Palermo e grani cotti che si rifanno a molte leggende. E’ sempre il grano a farla da padrone nel territorio del sud italiano. Sono davvero molte le elaborazioni e tradizioni legate a questo giorno speciale. Sta di fatto però che oggi qui si celebra un po’ più il territorio del Nord ed esattamente quello veneto. Da anni mi diletto a tormentare tutti con i gingerbread. La mia passione smodata nei confronti dell’omino di zenzero ha tediato l’intero web da anni (potrei pure dire decenni visti i reperti archeologici che sono su Flickr) e nonostante li abbia fatti in ogni modo, in stop motion, infilati nelle collane, nei barattoli, in formato gif, sull’albero di Natale, in formato presepe, con il cuore di caramella e molto altro, mai una volta ho ticchettato seriamente dei cugini italiani che non hanno francamente nulla da invidiar loro. Anzi.
Dei cugini dei Gingerbread (sicuramente precursori di questi. Tiè. L’Italia è storia gne gne gne e voi no gne gne gne. Lo smetto, sì) sono venuta a conoscenza grazie al mio prezioso amico Paolo, con cui ogni anno in questo periodo facciamo combutta per boicottare il Panettone e dare dignità al vero Re: il Pandoro di Verona. Per anni ha detto Puoti. E io sul libro invece degli Omini zenzerosi volevo proprio metterli in suo onore, poi. Non è andata così per la correlazione al film e blablabla. In questo tempo, come molto è stato trasformato grazie a voi, per me i gingerbread non sono più gingerbread. Sono Puoti. Non riesco a chiamarli in altro modo. Qualsiasi biscottino omoso non è più un Omino di Zenzero. E’ solo un Puoto. Quando comincio le mie ricerche scopro che i Puoti sono strettamente legati a Santa Lucia. La cosa mi piace ancora di più perché è una scusa bella e buona per preparare dei biscotti pensando a Paolo e Luci. Due amici incredibili che in questi anni mai mi hanno abbandonato ma che con cura hanno accudito le mie paure, rassicurandomi e tenendomi stretta a loro in un cerchio di affetto di cui mai potrò essere grata abbastanza. Paolo ho avuto il piacere di poterlo abbracciare lo scorso anno al Salone del Libro ma non è stato abbastanza. Per Luci manca poco e non basterà ugualmente. Oggi qui si festeggia ufficialmente Santa Luci da Rimini e tutti i Puoti Paolosi di Verona in quel di Catania (tutto torna no?).
Le origini di Santa Lucia sono siciliane ed esattamente correlate a una famiglia di Siracusa durante il periodo Diocleziano, corrispondente alla persecuzione dei cristiani, allo stesso modo legate a Catania in quanto leggenda vuole che le venne in sogno Sant’Agata per intercedere per la guarigione della madre gravemente ammalata. L’essere cristiana la porterà a una delle più atroci morti rispondendo ai suoi aguzzini “Il corpo si contanima solo se l’anima acconsente”. L’immagine “sacra” di Lucia è per certi versi abbastanza violenta. Chi la vuole decapitata, chi senza occhi dopo esserseli strappati. Tolto però il lato religioso della cosa, che manco i fratelli Grimm, rimane di Lucia un’affascinante note fiabesca.
Lucia è un nome che mi continua a piacere e da quando ho scoperto quello che porta con sé ancor di più. E’ la Santa che porta i giocattoli e le caramelle ai bambini; gli stessi che le scrivono la letterina. Arriva di notte su un asinello con un velo bianco e solo ai bimbi che sono andati a letto bravi e buoni lascia un dono. Diciamo che è a tutti l’effetti l’antagonista di Babbo Natale e che bisogna rivedere un attimino la figura della Befana, tanto osannata qui. Senza nulla togliere alla vecchietta del sei gennaio con le calze rotte, qui c’è Lucia che reclama, giustamente, una propria dignità storica. Santa Lucia non viene mai vista dai bambini ma lei vede tutto (sarà per questo che è anche protettrice dei ciechi?). E’ importante che i bimbi lascino del fieno o una carota sull’uscio in modo che l’asinello di Santa Lucia che l’aiuta nella spartizione dei beni possa riposarsi e godersi un meritato spuntino notturno. I Puoti “Le Puote” a Verona significano: bambole. Perché Santa Lucia alle bimbe porta proprio le bamboline e da qui la tradizione dolciaria di questi dolcissimi biscottini.
A Verona i Puoti sono dei dolcetti di frolla buonissimi che ricordano e tanto l‘impasto della cuddura. Mi ha fatto sobbalzare questa cosa. Sì certo, si potrebbe solo dire che tutti i biscotti “antichi” hanno questa proporzione di ingredienti ma a me che piace vivere nelle favole, inventarle e rielaborarle è balzato immediatamente agli occhi un collegamento tra Catania e Verona per me e Paolo passando da Rimini con la nostra incredibile Luci. E c’è forse immagine più tenera di immaginare Frugoletto ricevere i Puoti? Cucinati da me e Luci mentre Paolo suona al piano? (il fatto che non ci sia un Puoto che suona il piano è solo colpa dei bagordi post compleanno. Rimedierò al più presto)
I Puoti entravano a buon diritto anche  nel giro del Pappamondo in quanto strettamente correlati a tradizioni che vannp dalla Sicilia al Veneto passando per la Svezia. Per la Svezia? Sì. Santa Lucia infatti è legata e tanto alla nazione nord europea con riferimento alla luce e alle candele proprio nel periodo definito più buio dell’anno, in quanto corrispondente al solstizio d’inverno. Nella città di Bronte, mi raccontava un cretino (scusate rido ma io a Bronte conosco solo un cretino e semmai dovesse leggermi voglio che sappia che per me è appunto: UN CRETINO. Possiamo dire CRETINO DI BRONTE tutti insieme? Grazie. E’ un regalo post compleanno e pre Natale a cui tengo tantissimo), che ogni anno arriva una bellissima ragazza svedese che rappresenta le fattezze di Santa Lucia. Bronte, a parte il cretino, rimane un paese degno di nota e tradizione che amo particolarmente. Da anni mi riprometto di andare a vedere questa manifestazione. Allo stesso modo lo dico per la Sagra del Pistacchio e quella della Fragola della vicina Maletto. Poi alla fine sono a casa a fare Puoti e in ufficio a far finta di lavorare. E’ una vita intensa e difficile la mia ma con un’unica grande certezza.
Ho solo un cretino su cui ridere e molti amici da amare, ricordare e spero onorare anche se meriterebbero un’amica migliore di me. Due di questi, tra i più importanti, sono proprio Paolo e Luci.