Quel Nano verde me lo ha regalato, ormai anni fa, Nicol, che ti consiglio di seguire nel caso malaugurato non lo facessi. Dice che si divide tra la cucina, i tessuti aerei e la macchina fotografica. Il tutto in un ordine (non) ben definito. Io ti dico che qualunque cosa faccia è elegante, bella e curata.
Oggi voglio parlarti di questo pandolce morbido reale, che somiglia molto a un panettoncino, talmente facile da realizzare che qualora volessi prepararlo farai di sicuro un figurone. L’ho servito qualche pomeriggio fa per un tè speciale. In casa insieme a mamma e la mia zietta Luci abbiamo organizzato (nel giro di un quarto d’ora) una sessione di cucito e tè. Una cosa un po’ d’antan e vintage che ormai, vista l’età, comincia a entusiasmarmi come un after. Non che io sia mai stata a un after. Discoteca? Due volte. La prima mi sono messa in una poltroncina a piangere. La seconda fissavo quel cretino che mi ci aveva portato e dentro di me la domanda “ma perché sono qui?” prendeva così tanto corpo che dopo un’ora ero già fuori. Mi sento un’eroina però per aver resistito così tanto perché già all’entrata per me era troppo. Inutile, sono nata proprio noiosa. Lo ero prima. Lo sono adesso. Lo sarò.
Il fatto è che sono cresciuta con nonna che di mestiere faceva la ricamatrice e zia che era sarta. I pomeriggi passavano tra punto erba e “inciumature”, così le chiamava le zia. Tra conche -piccoli bracieri che facevano caldo perché eravamo della fazione no ai termosifoni- tè, acqua con alloro, fili e uncinetto ho tessuto tutti i giorni che mi hanno fatto diventare quella che sono. Loro cucivano, ricamavano e io disegnavo. A volte cucivo e ricamavo anche io. Poi sbagliavo e ricominciavo. Poi piangevo per Leonela e pure per Manuela. Mi ero convinta che Grecia Colmenares fosse una delle più grandi attrici mondiali. Anche più della Castro, credo si chiamasse così. Piangevano sempre le protagoniste delle telenovela e io tra un punto, un’inciumatura e un disegno mi ripromettevo che non sarei diventata come loro. Non volevo piangere per tutta la vita, per amore, per invidia, per cattiveria e per tutto quello per cui piangevano loro.
E ci sono riuscita, sai?
Alla fine piango solo per il mio papà. Me la passi questa, no?
Insomma, ti dicevo prima di divagare che ho fatto questo pandolce. Poi per un susseguirsi di eventi quel pomeriggio mamma si è liberata all’improvviso e la zia Luci pure. Mamma doveva fare un orlo a dei pantaloni. E da questo ho deciso di smettere di lavorare e stare semplicemente con loro. Come si faceva un tempo. Bello dire “come si faceva un tempo”, vero? Abbiamo cucito gli alberi di Natale con i ritagli di stoffe che ricordano le trame del Natale e ci abbiamo infilato dentro i chiodi di garofano. Abbiamo riso e ci siamo commosse. Ci siamo raccontate con un tè. E ho tagliato questo pandolce che avevo fatto, ti confesso, solo per pubblicarlo. E invece sai cosa? Credo che lo rifarò per Natale o subito dopo le feste perché è davvero delizioso. Sono indecisa tra questo e il Kristollen.
Si cerca sempre di fare cose esclusive, vedere posti nuovi e scoprire locali che fanno questo piuttosto che quest’altro. Bellissimo, per carità. Eppure io continuo a emozionarmi davvero per queste cose così semplici che sembrano noiose. A volte purtroppo addirittura patetiche. Perché mi sono ripromessa di non diventare come quelle piagnucolone che non riuscivano a risolvere nulla se non gettandosi a terra e piangendosi addosso sì, ma anche che sarei rimasta sempre quella bambina entusiasta di vedere la nonna ricamare, della conca e di aver finito un mio disegno. Per quanto stupido e fatto male potesse essere.
Ed è così bello che anche per questo Natale ho mantenuto a me stessa almeno questa promessa.
La Ricetta
400 gr di farina 00
180 gr di zucchero di canna integrale
120 gr di zucchero a velo
190 gr di burro a temperatura ambiente
3 uova
1 bustina di lievito in polvere
150 gr di frutta disidratata (uvetta di Corinto, albicocche, datteri, uva sultanina o quella che preferisci)
50 gr di ciliegie candite tagliate a pezzetti
50 gr di limoni canditi
60 gr di mandorle tritate
80 gr di amido
150 ml di latte intero
Lavora lo zucchero a velo con il burro a pomata. Aggiungi anche lo zucchero di canna. Di seguito le uova una per volta fin quando tutto è ben amalgamato. Setaccia la farina insieme all’amido e al lievito e aggiungi pian piano al composto di burro lavorando continuamente. Metti il latte a filo e continua a lavorare fino a ottenere una pasta liscia. Aggiungi infine la frutta candita e quella disidratata. Se vuoi l’uvetta morbida lasciala in ammollo dieci minuti e poi strizzala oppure inseriscila saltando questo passaggio se ti piace più croccante. Di latte ne potrebbe servire di più. Regolati a occhio perché dipende sempre molto dagli ingredienti e dalla composizione degli ingredienti che usi. Fidati sempre del tuo istinto, del tuo occhio e del tuo cuore. Una volta lavorato per bene l’impasto -meglio se con un robot- lascialo riposare dieci minuti dentro una teglia da plumcake (o quella che preferisci) prima di infornare per 60-65 minuti a 180 già caldo. Fai la prova stecchino. Lascia raffreddare prima di servire e spolvera con una generosa porzione di zucchero a velo.
Ti ricordo che ho due account Instagram
MAGHETTA e
Ti aspetto.
Se ti fa piacere commenta e scambiamo anche quattro chiacchiere lì, perché il maledetto algoritmo se non mi commenti o non interagisci con me ti farà ben presto scomparire maghetta e iaiaguardo dalla timeline. Grazie infinite.