Ricette Vegetariane e Vegane

White Buche de Noel

La VideoRicetta del Rotolo

Ricetta base del Rotolo

(la versione al Cioccolato e i vari passaggi del Rotolo li trovi qui)

  • 80 g di farina manitoba
    90 g di zucchero semolato (per una base meno dolce anche 80 vanno bene. Nel video ne ho adoperati 80)
    4 uova
    1 pizzico di sale
    vaniglia fresca Bourbon (o altri aromi a piacere come la cannella)
    burro abbondante per teglia e carta forno

Metti in un recipiente due uova e due tuorli. Conserva gli albumi in un’altra ciotola, perché verranno montati successivamente. Aggiungi ai tuorli 80 g di zucchero e metti il recipiente che contiene il composto a bagnomaria in una pentola d’acqua calda che non ha raggiunto (e non deve raggiungere) l’ebollizione. Lavora i tuorli e lo zucchero con lo sbattitore elettrico per almeno 12 minuti (i bicipiti faranno male, ma impavidi si prosegue! E fai attenzione a non far andare il filo dello sbattitore sul fuoco come ho fatto io, santapizzetta!). Ottenuto un composto molto soffice e gonfio, togli il recipiente dal bagnomaria e prosegui con lo sbattitore per altri 2 minuti. Aiutandoti con la spatola aggiungi la farina passata al setaccio e i semi di vaniglia con un movimento dal basso verso l’alto (adopera eventualmente un altro aroma che ti piace). Pian piano e senza fretta, fino a quando tutta la farina sarà incorporata. Monta a neve fermissima gli albumi che hai messo precedentemente da parte. Sul finale aggiungi i 10 g di zucchero rimasto e continua a montare per altri 2 minuti. Unisci gli albumi al composto di tuorlo e farina poco per volta e lentamente, sempre con movimenti dal basso verso l’alto. Aggiungi il colorante alimentare e gira velocemente per bene. Ungi la teglia con il burro e foderala con carta da forno. Ungi pure la carta da forno abbondantemente e senza risparmiare (evvai di colesterolo!). Versa il composto aiutandoti con una spatola e livella bene il tutto. Cerca di formare un rettangolo più o meno perfetto di 1 cm di spessore al massimo.

Non perdere tempo in questa operazione. La consistenza solida dell’impasto ti aiuterà. Inforna a 220 per 6-7 minuti. Inumidisci, senza però bagnarlo troppo, un canovaccio da cucina pulito. Appena sforni il rotolo, senza paura (l’avrai, ma inspira ed espira… e prega) afferra la carta da forno (ti ustionerai un po’, ma che importa?!) e con un movimento lesto capovolgi l’enorme biscottone sul canovaccio umido (sembra impossibile, ma è più difficile a dirsi che a farsi). La carta da forno che ti ritroverai sopra si staccherà (hai messo tanto burro, vero?) e potrai procedere all’arrotolamento intorno al canovaccio per dare al biscotto la forma desiderata. Non si romperà (se succederà ti do il permesso di picchiarmi). Una volta arrotolato un paio di volte, lascialo riposare così finché si fredda. Può essere imbottito con marmellata, crema, ganache al cioccolato o qualsiasi cosa incontri i tuoi gusti. Perfetto da ritagliare con formine e coppapasta per creare sandwich gustosi con creme e frutta fresca.

Imbottitura con crema di mascarpone e ciliegia:

 Imbottiture  alternative per il Rotolo?

Crema (compatta) al  formaggio cremoso e cioccolato bianco: 450 grammi di formaggio cremoso tipo Philadelphia, 85 grammi di burro, 1 cucchiaino di estratto di vaniglia, 225 grammi di cioccolato bianco.

Il burro e il formaggio devono essere a temperatura ambiente. Fai fondere il cioccolato bianco a bagnomaria. Quando sarà ben sciolto, togli dal fuoco e lascia raffreddare per dieci minuti. Sbatti il formaggio, il burro e l’estratto di vaniglia a velocità media. Incorpora il cioccolato fuso e sbatti vigorosamente per tre minuti almeno. Utilizza immediatamente o conserva fino a tre ore coperta e a temperatura ambiente.

 Il rotolo, come base dolciaria, talvolta incute timore. Si ha sempre quella strana sensazione che non si debba mai arrotolare e che tutta la fatica diventi poi uno spreco quando riverse sul piano cottura ci immaginiamo piangere davanti al disastro di un impasto duro che mai si arrotolerà. Negli anni, come ho avuto occasione di ticchettare diverse volte, ci si rende conto che il Rotolo-Tronchetto non è affatto una base difficile da preparare e che dà molte più certezze di quanto si possa immaginare. La magia di questo composto sta proprio nel fatto che si arrotola e srotola senza che si realizzino i timori. Troppe paranoie insomma! Ripetiamo tutti insieme: il Rotolo è amico mio. Il Rotolo è un dolce facile. Il Rotolo è amico mio. Fino al venti dicembre almeno, quando saremo nel panico totale e con sguardo vitreo il nostro unico pensiero sarà: che cosa cucino per la Vigilia? Chi si deve confrontare con questo quesito alla fine dell’anno meriterebbe una sorta di medaglia al valore a forma di forchetta. Ma di questi drammi esistenziali e organizzativi avremo modo di parlare in separata sede. Oggi sono intenta a preparare il Kringle alla cannella, uvetta e mele; questo significa che per la prima volta non ho affatto come gli altri anni i post pronti e tutto organizzato nel minimo dettaglio ma piuttosto è una continua improvvisazione. Cucino negli orari più disparati , sistemo le foto quando posso nel tempo libero (mentre mi faccio lo shampoo) e ticchetto chiusa nei bagni degli uffici, arrampicata sulle bobine e nascosta tra i quadri elettrici. Chi mi conosce a volte mi guarda e dice: “ma le persone che non ti conoscono credi che abbiano idea di come operi?”. La mia risposta è sempre la stessa: fortunatamente no.

Oggi siamo in Francia che, senza girarci tanto intorno dai, è l’acerrima nemica (e viceversa) dell’Italia in fatto di cultura culinaria. Amo la Francia, i francesi, Paris e non mi piace per nulla la Tour Eiffel (non rispettando un cliché da tipico turista). Ingegneri, architetti e food designer dell’altissima pasticceria rimangono ineguagliabili. Perché per quanto il sangue dovrebbe farmi dire che il cannolo alla ricotta siciliana è più buono del pain d’épices, io sono più da pain d’epices ohhhh. Prendetemi a pizze (italiane!) in faccia. La diversità va accettata. Non è essere migliori o peggiori. E’ essere diversi. Amen.

Amo Ducasse e tutto quello che ruota intorno a quell’insostenibile antipatia saccente dello stereotipo del pasticciere francese; che diciamolo non è Ratatouille e dintorni. Le persone “antipatiche” sono quelle che mi piacciono di più e nascondono meraviglie. Escludendo MacaronFinancier, Creme brulée, Chantilly e Millefoglie, uno dei dolci più famosi e conosciuti nei paesi francofoni è proprio il Tronchetto di Natale: la Bûche de Noël che solitamente è ricoperta di cioccolato o crema al caffè e una bella spatolata di glassa. Il ripieno varia dalle ganache alla marmellata sino ad arrivare a composti di alta pasticceria con panna, frutti freschi ed elaborazioni e accostamenti più disparati (ne ho in programma uno con i datteri e lo zenzero perché voglio portare questo tronchetto in Medio Oriente). E’ un dolce giovane che pare sia nato intorno al 1945, ergo non appartiene affatto a una tradizione secolare. Scenografico e coreografico, è spesso adornato da dolcezze che rievocano boschi, gnometti e magie tra i rami. Non vi è una rivista, un libro, un sito che a Natale non lo metta in copertina o bello in mostra quando è ora di tirare fuori il servizio buono per le feste. E’ incredibile, come ticchettavo poco sopra, la facilità di questo dolce. La difficoltà credo stia più nel fatto di trovare un giusto equilibrio con la presentazione. Senza strafare e piazzarci tutta la famiglia di David Gnomo ma neanche sbatterlo su un piatto con la crema di cioccolato e quattro torroncini intorno. Essendo francese ha quella dignità minimal ma sfarzosa al tempo stesso, che per inciso: adoVVVVo. Anche in Quebec è presente nella tradizione dolciaria natalizia. Pare che il Tronchetto sia una rivisitazione dolciaria e un omaggio al  “Yule Log”, ovvero un ceppo di un grosso tronco di legno che veniva bruciato durante il periodo natalizio nel Nord Europa (anche in Germania, Cornovaglia, Lincolnshire, Irlanda). Solitamente il tutto è collocato in concomitanza del Solstizio d’inverno e dei dodici giorni che portano a Natale.

La gente si riunisce intorno al tronco che brucia (una sorta di falò) “bruciando” i dolori dell’anno passato e aspettando il futuro. Il tronco guarnito da agrifogli, pigne ed edera forma poi una cenere che ognuno può portare con sé a mo’ di portafortuna. Sono tante le leggende che avvolgono ancora una volta l’origine di questo incredibile dolce che spesso si presta a infinite variazioni. Ed è sempre interessante e magico scoprire le continue e mai impercettibili correlazioni che il cibo ha con la natura e la vita influenzando tutto. Toccando tutte le corde. I ricordi e le speranze. Da quando ho cominciato questo viaggio introspettivo con a braccetto lui, il cibo, mio più grande e acerrimo nemico, ho capito che le valigie vanno continuamente svuotate e riempite di altro. Che il tempo cambia ma sono preparata. Sento meno freddo e meno caldo. L’insofferenza a tratti diventa comprensione e se a volte si fa più fatica mi sento meno stanca.

Una volta non so dove ho letto una frase illuminante di uno psichiatra. Sono i “malati di cibo” quelli che fanno più fatica. Si smette di fumare. Si smette di drogarsi. Si mette di bere. Si smette di avere un’ossessione imponendosi di eliminarla. Con il cibo è impossibile. Perché con il cibo non puoi eliminare il problema. Devi averci a che fare per una questione di sopravvivenza. E trovare un equilibrio è come dire a un drogato di farsi solo due volte a settimane con parsimonia. Di dire a un alcolizzato di bere solo un bicchiere di vino al giorno che non fa male. Al fumatore di fumare al massimo una sigaretta dopo i pasti

Il malato di cibo deve imparare, per sopravvivere e vivere, a trovare un equilibrio. A non amare e/o odiare follemente il suo unico amico e nemico. Non mi piace fare molti bilanci ma è chiaro che la fine fatturazione avviene anche nella vita. Si vede quanto si è guadagnato e perso. Se ci sono ancora fatture da pagare, insoluti e assegni mai versati. Io da quest’anno ho imparato ancora una volta che la mia persona battaglia non è finita, e che forse mai finirà. Per certi versi è giusto così. Proprio perché non posso impormi di non averci niente a che fare ma neanche di fare solo questo. Proprio perché il periodo personale corrisponde a una situazione umorale particolare. Proprio per tutta una serie di ragioni che sono facili intuire. Eppure da questo Pappamondo, da questo incessante viaggio attraverso me che ogni giorno faccio come un diario alimentare di sogni, paure e disgrazie, una cosa in più l’ho capita quest’anno:

Sono davvero una donna molto forte. Non devo temere nulla. Ho l’anima di mio padre dentro. Continuo a rendere bello in foto un mostro cattivissimo che è come il Ritratto di Dorian Gray. Voi vedete una bella foto curata, con la luce giusta e un idillio di argenterie e tovaglioli ricamati. Io mostri di paura pronti a fagocitarmi in ambientazioni sinistre. Ma anche se questo viaggio durerà fino al mio ultimo respiro, vincerò io. Non soccombendo ma combattendo. E dalle mie ceneri, le stesse del tronchetto e del significato più ancestrale delle radici, farò risorgere i miei sogni e le speranze.

Pappamondo: Un Natale in giro per il Mondo con una valigia di Sogni!

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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