Ricette Vegetariane e Vegane

Rosemary’s Baby: La Moscia al Cioccolato di Minnie

Manca davvero poco al San Valentino (mi odiate vero? anche io e più di voi quindi non entusiasmatevi. Vinco io) e da Lunedì la pioggia di cuori che ho promesso arriverà inesorabile. Anche sull’App Gikitchen dove ci saranno ricettine che non compariranno qui sul Blog. Così giusto per essere dolce e affabile come sempre.

Certo il singolare “la settimana cuoriciosa” dovrebbe rassicurare circa il fatto che mancandone  ancora due di settimane durante la prossima in teoria dovrei  risparmiervi. Ma dannazione, finiamola. Finiamola di sperare che il mondo sia un luogo meraviglioso dove io blatero meno e ci siano quantità inferiori di cuoricini! Devo poi sfogare tutta la mia rabbia per non aver un centimetro e dicouncentimetro di neve! (sogno irrealizzato numero 2104824982048940840 della settimana) 

La settimana in realtà saranno “le settimane” perchè per ben quindici giorni il tripudio del qualunquismoromanticopuccipucci sarà qui a tediare e infastidire ( non è vero sono dieci giorni scarsi ma mi piace terrorizzare). Il luogo comune più insulso dell’amore emergerà e se dovesse girarmi proprio male scriverò  anche due o tre frasi tra le più belle dei baci perugina. Il bacio è l’apostrofo rosa tra le parole “ti” e “amo” potrebbe essere giusto un bell’inizio. Insomma per dire che: La Rubrica A cena con Oscar non verrà interrotta ma sarà alternata da questi siparietti imbarazzanti cuoriciosi. Basta solo rassegnarsi o premere la x che si trova alla destra nel caso di windows, sinistra per Mac. Semplice la vita no?

State fissando il monitor chiedendovi “più di un post al giorno?” Sì. E se così sarà uno verrà pubblicato come da routine alle 12.12 e l’altro programmato per le 00.12 a distanza, manco a dirlo di dodici ore. Perchè io sì che sono una psicolabile professionista, tzè. Oggi ad esempio avverrà proprio questo perchè doppio appuntamento con la Rubrica a cena con Oscar. 

Rassicurati tutti sul fatto che no, la mia dipartita è ancora lontana, comincerei subito con il delirio odierno.


Rosemary’s Baby, Nastro rosso a New York. E non può non risuonare in mente la nenia della sigla sui cieli grattati dagli enormi palazzi di New York.

Non credevo a quattordici anni che quella musica e il susseguirsi di note sarebbero rimasti con me tutto questo tempo; nè tanto meno creduto mai che lo avrebbero fatto per tutto il resto della mia vita.

Proprio come non credevo, allora, che una visione potesse condizionare quello che si è ma soprattutto che si diventerà. Quando ho trovato questo ciondolo sferico  visibile nelle foto , spaventosamente somigliante, a quello che Minnie dona con un intruglio di erbe alle sue amiche, sono rimasta a dir poco folgorata.

Sono nella mia stanza di allora: incredibilmente ho un divano verde che detesto e tante immagini in bianco e nero di Vogue appese al muro tenute da puntine rosse perchè è il periodo  di “voglio fare la stilista” e sono seduta su un letto. Mangio patatine. Molte patatine. Troppe patatine. E ho un telecomando alla mia destra. I miei fuseaux Arena con le bande laterali bianche e il logo, sono un tantino scomodi perchè la fascia che dovrebbe tenerli aderenti paralizza un po’ il piede.

Solo che vivevo con i fuseaux Arena, credo anche ci dormissi. Credevo che riuscissero a nascondermi come il mantello dell’invisibilità della Rowling. Io avevo i fuseaux dell’invisibilità, ecco.

Dopo aver visto per la prima volta Rosemary’s Baby, proprio come mi accadeva e accade, ho preso foglio e penna e ho cominciato a disegnare quel ciondolo. Proprio come quello di Minnie. Proprio come quello che a distanza di quasi venti anni ho trovato per caso durante un viaggio. Il viaggio del ricordo, della mente e della fantasia che si uniscono e che oggi rievocano una delle avventure visive che più mi rappresenta. In Rosemary’s Baby oltre l’indubbia qualità altissima, ci sono tutti gli ingredienti. Il mistero e la semplicità, in primis. L’amore, la disperazione e il sogno. La voglia di realizzare i propri desideri a qualsiasi costo e la cattiveria e l’invidia celate da buoni sentimenti e amicizia. La sensazione di un coltello tra le costole dalle persone alle quali hai affidato sangue e mente. Maschere spaventose che si aggirano nella tua vita con il solo intento di lanciarti nel baratro con loro e non farti emergere. Tu, che a differenza loro sei luce.

E’ un capitolo importante Rosemary’s Baby o almeno così dovrebbe essere. Occorrerebbe vederlo e rivederlo senza soffermarsi sulla storiella che potrebbe essere anche vista e rivista. Solo che questo capolavoro cinematografico è genitore delle idiozie odierne. Conserva il genio e il primato. E Polanski, accantonando le scandalose e riprovevoli vicende personali, dà prova della sua immensità malata e morbosa. Il periodo è quello  dell’Esorcista e di Omen;  in cui non vi era bisogno di Dolby Surround, ambientazioni miliardarie con scenografie intrise di effetti ultra speciali. Supporti tecnologici avanzatissimi e urla. Urla, sangue, splatter. Occhialini 3D e fesserie. Perchè adesso è tutto mostrato, servito e riverito. Nessuno è in grado di percepire la paura per elaborarla e trasformarla. Bisogna imboccare con il cucchiaino. Perchè nessuno sforzo deve essere fatto in questo esercito di Robot non pronti a immaginare ma solo a vedere l’immaginazione scadente altrui. Nel frullato di remake dove nulla è originale ma è copia. La copia della copia della copia. Senza personalità, arte e parte. Fotocopie di fotocopie in un parto di fotocopie.

Era il momento delle musiche liriche e classiche. Quando le note si attorcigliano e il delirio uditivo ti manda in estasi. Delle scene percepite e dei piccolissimi rumori che ti penetrano come sciabole nei fianchi. Neanche una goccia di sangue ma solo l’inquadratura di un volto. Di un occhio. Di una persona di spalle. Un’inquadratura ai capelli che ti fa percepire terrore allo stato puro. Ansia e disperazione. Un soffio. Anche solo un soffio sulle tende e una finestra appena socchiusa. Notti tormentate.

Rosemary’s Baby ti entra dentro per non lasciarti mai più andare via e ti trascina in quella zona in cui ritornerai spesso domandandoti come bisogna agire per fronteggiare la cattiveria e la falsità anche e soprattutto dalle persone che dicono di amarti. E’ un capitolo non solo importante ma fondamentale e semmai dovessi dare dieci titoli della mia vita sarebbe uno dei primi a venirmi in mente e lo direi ad alta voce. Senza indugio.

Roman Polanski e si potrebbe non aggiungere altro. Dire solo il suo nome e tacere ma. Polanski nel 1968 dirige questa pietra miliare del cinema mondiale. Ringrazio giornalmente divinità sconosciute perchè ancora il dolore di vedere un remake nelle sale non l’ho provato. Arriverei in tal caso ad incatenarmi con tutti i miei nani da giardino davanti agli Studios.

La speranza naturalmente è quella che non accada mai ma confesso che in maniera random la paura che questo possa accadere mi perseguita un po’. Ho già sofferto troppo per i risvolti angoscianti di Nightmare e per la colossale idiozia di trasformare Freddy Krueger.

Migliore sceneggiatura originale e Miglior attrice non protagonista. Queste sono le due nomination. Una curiosità, tra le tante, divertente è che si ricorda come il primo film in cui viene detta la parola “shit”. Un atto eroico e anticonformista, per quei tempi. Doveva esserci Jack Nicholson nel ruolo del protagonista (e non oso pensare neanche quanto la mia devozione si sarebbe potuta centuplicare nello specifico caso) anche se Polanski desiderava Redford e Jane Fonda. E fin qui sono notizie che passano inosservate, per certi versi; perchè poi arrivano quelle agghiaccianti. Pare infatti che Rosemary’s Baby rientri a pieno titolo tra i film maledetti; ovvero quelli caratterizzati da una serie di eventi tragici accaduti dopo l’uscita o addirittura durante la realizzazione.

L’anno seguente all’uscita di questo film Sharon Tate, la moglie incinta di Polanski, viene brutalmente assassinata. La notizia oltre ad essere sconvolgente di per sè ha tratti agghiaccianti se correlati alla storia di Rosemary, che tanto aveva fatto discutere l’America ancora troppo conservatrice, e assume inoltre contorni spaventosi. The Bramford, il meraviglioso e austero palazzo che in realtà si chiama Dakota Building, è il luogo dove verrà assassinato John Lennon.

Manson, organizzatore dell’assassinio della moglie di Polanski, sostenne che la canzone Helter Skelter dei Beatles contenesse dei messaggi dedicati alla sua famiglia e che lo avessero spinto a uccidere Sharon Tate. Helter Skelter tra l’altro è una formula magica.

Sharon tre anni prima aveva girato Eye of the Devil che si concludeva con un sacrificio, come se non bastasse. E potrei aggiungerne ancora decine (ho letto giusto qualche libruncolo a  riguardo e fatto diverse ricerche*disse fischiettando. Su Manson c’è tanto di quel materiale e leggenda che si potrebbe riempire un bello scaffaletto) di curiosità, come il fatto che Polanski si fece fotografare nel suo salotto con le pareti ancora intrise di sangue secco della moglie brutalmente assassinata. Perchè sì. Non fece mai pulire quella scritta “maiale” realizzata con il sangue stesso della vittima (ma che belle cose stamattina eh?!).

Ora su Rosemary’s Baby dal punto di vista culinario (e non solo come si evince da questo delirio che ho sapientemente auto-sedato per non continuare a blaterarne fino a sera) se ne possono dire e pure tante. Si mangiucchia parecchio nell’occulto, al contrario di altre visioni che ben presto verranno pubblicate perchè è chiaro che per un’appassionata horror non può di certo mancare anche l’angolo culinario-truculento. Ci sono quindi diverse ricette e non escludo che saranno elaborate e pubblicate a breve. Una tra le tante però è senza dubbio la Mousse au Chocolat che Minnie storpia in “Moscia al cioccolato”. Scena cult.

  • “Ha uno strano sapore. Sa di gesso”
  • “quella povera vecchia ce l’ha messa tutta”

Rosemary finge di mangiarla tutta ma in realtà ne ingoierà una quantità ridotta mentre lui si volta e gira il disco. Questa però basterà a far sì che il piano si concretizzi. Senza spoiler, nel caso in cui non lo si avesse visto (roba da prendervi a ceffoni santocielo!), la moscia al cioccolato di Minnie è l’elemento chiave. Anche qui quindi una pietanza che apre e chiude una scena e diventa inconsapevolmente (ma neanche troppo) protagonista.

Avendo realizzato diverse Mousse qui (una su tutte la ganache al cioccolato al sapore di cannella>> clicca qui per la ricetta) in occasione della rubrica ” A Cena con Oscar” ho pensato di approfittarne per una mousse al cioccolato ma senza latte in modo che gli intolleranti come me non debbano rinunciare a un momento di vera estasi. Non occorrono chissà quale ingredienti e preparazione ma solo del latte di riso, del buon cioccolato fondente (per 1/2 litro di latte saranno sufficienti 100 grammi di cioccolato fondente per una vera bomba di bontà), 3 cucchiai di zucchero (se piace zuccheratissima anche un altro in più) e un po’ di amido (al posto dell’uovo per legare, così sarà pure una versione vegana). Basterà riscaldare il latte facendo sciogliere lo zucchero e inserendo il cioccolato fondente a pezzi. Quando sarà completamente sciolto, girare con una frusta a mano sempre dentro il pentolino a fuoco basso e aggiungere qualche cucchiaino di amido girando vorticosamente e stando attentissimi a non formare grumi. Far riposare un po’ e dopo due orette in frigo servire. Si può aromatizzare come si vuole e fare una versione piccante perchè no se piace.
Il riepilogo di tutte le ricette fatte della sezione Cibo Cinema e Cartoon e A Cena con Oscar :

A mezzanotte e dodici verrà pubblicata un’altra ricetta legata al Cinema e alla Notte degli Oscar. Il genere del film questa volta sarò un giallo. Dopo la commedia drammatica ( Ragazze interrotte – Pollo allo spiedo ), la commedia comica ( Frankenstein Junior , Torta di mele della nonna), la commedia brillante ( Tootsie , Spaghetti alla Puttanesca),  l’animazione d’autore ( Il Segreto di Kells , Zuppa di Piselli ), l’horror d’autore ( Rosemary’s Baby) bisogna assolutamente mettere un po’ di giallo.

Che mica qui sto a pettinare le orecchie di coniglio e stirare i vestiti da nano da giardino. Anche, per carità. Ma non solo quello.

Che sia un week end bellissimo per voi. E fate anche solo un pupazzetto di neve, per me ( a forma di nano da giardino è possibile? Se si sogna meglio farlo in grande)

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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