Ricette Vegetariane e Vegane

La zuppa di cipolle di Hugo Cabret

Tu lo leggi Slow Film vero? e se no: Non ti vergogni nemmeno un pochetto?

Dante Ferretti, orgoglio nazionale. Me lo sono ripetuto più volte mentre con il cuore in gola guardavo Hugo Cabret. Avrei voluto farlo durante la prima quel venerdì in cui invece sono rimasta a casa per finire del lavoro. Mi ha fatto bene però come lo fa continuamente comprendere che non sempre tutto si può fare quando si vuole; è la mia personalissima teoria del “dovendolo volendolo”. La mia vita è sempre stata dettata da “lo voglio” e il conseguente “ce l’ho”. Senza mai desiderare. Per questo la costrizione e l’impegno sortiscono un effetto terapeutico su di me. Per questo il lavoro e le scadenze mi insegnano a desiderare qualcosa. Nasce quindi questa teoria del “dovendolo volendolo”. Lo devo fare perché voglio doverlo fare.

Ha avuto un altro gusto vederlo desiderandolo e attendendo il tempo giusto. E’ stato importante affondare nella poltrona e tirare un sospiro di sollievo come per dire “uuhhh ce l’ho fatta, finalmente”. Poggiando un corpo stanco per impegni con una vita e doveri, pronto a raccogliere il premio. E io questo premio per me stessa me lo sono goduto tutto. Ogni minuto e attimo è stato intenso, importante e da ricordare. Già sapevo che Scorsese non mi avrebbe deluso e anche se a volte su di lui ho aspettative ben più grandi e c’è sempre un attimino dove riesco a pensare “credevo un po’ di più “, poi mi ridimensiono. Non per accontentarmi ma perché mi rendo conto che in effetti è già un più. La fotografia è talmente eccezionale che ho avuto un conato di vomito, ma di quelli meravigliosi che ti fanno girare la testa, quando all’inizio la camera rulla velocissima e ti catapulta nella stazione. Pare che io abbia talvolta il sorriso di Gustav e considerando che ho la gamba sinistra visibilmente storta e con una lesione al menisco, questo fa di me la traslazione femminile del sorridente ispettore. Per la prima volta in vita mia mi sono ritrovata a essere pirata di immagini. Essendo praticamente soli in sala e volendo portare un pezzo con me di Hugo, ho estratto l’iphone e fatto due scatti allo schermo. In quell’esatto momento ho capito quanto, semmai ci fosse bisogno di una conferma, la fotografia come il disegno stesso è entrata a far parte della mia vita. Un tarlo, un’ossessione meravigliosa dove vivere e creare. Distruggere con un cestino, cancellare e vedere le luci che vuoi. La fotografia come il disegno con la sua infallibile tecnica del bottoncini a caso che è capace di fermare il tempo, mi ha salvato da una realtà angosciante con colori cupi e insulsi. Ritrovarmi, sotto lo sguardo sbigottito del Nippotorinese, a scattare emozioni nella sala buia quando generalmente sono quella immobile che pretende che nessuno fiati intorno o sgranocchi pop corn, lo ha fatto sorridere. Mi sono rilassata davanti a una meravigliosa fiaba che non solo racconta di quanto sia importante sognare e continuare disperatamente a farlo ma di quanto sia sbagliato smettere di crederci. Se avviene una guerra nel cuore.

Se avviene una guerra nella testa. Se avviene una guerra e basta. Rimuovere, dimenticare e sforzarsi di essere qualcuno che non si è, è la morte perenne e se di morte in vita si tratta allora meglio che anche il fisico come il cuore e la mente vada via nell’aldilà. L’insegnamento di questa favola mischiata al reale è di quelli semplici senza troppe complicazioni. Non vi è chissà quale genio nel messaggio ed è per questo che genio è. E’ difficile capire e sortire gli effetti sperati della profondità attraverso la semplicità. Perseguire e lottare e anche se “essere se stessi” ha perso qualsivoglia valore perché troppe volte defraudato della sua importanza, il concetto in effetti rimane sempre e solo quello. Non andare contro la propria natura e assecondarla.

 

Essere un animale in gabbia, da circo o libero. Vivere sotto un tendone con fruste e decisioni di pagliacci. Far ridere o piangere o immalinconirsi aprendo un circo personale. Che può essere stazione con arrivi e partenze. Perché il circo, come la stazione, l’aeroporto e tutti luoghi dove vi sono arrivi continui e partenze diverse,  rappresenta nel mio immaginario l’essenza stessa della vita. E l’importante è davvero capire da dove si vuole partire. Dove si vuole arrivare. E quanto, in termini di scomodità e dell’esatto contrario, si è disposti a sopportare. Per quanto mi riguarda la prima classe, a dispetto di quello che si può pensare, non è mai interessata. Per perseguire il mio sogno mi sono infilata nella stiva. Nella gabbia dei leoni. E sogno.

Come è giusto che sia. Perché lo voglio maledettamente e lo avrò. Senza contare che forse già ce l’ho. Ed è la previsione ottimistica che ci si impone a fare la vittoria. Crederci. Maledettamente crederci. E poi puoi pure ritornare tra le sirene e accecare la luna con un razzo.

La ricetta di oggi è la zuppa di Cipolle e fa parte della mia personalissima rubrica “Cibo e Cinema” e “A cena con Oscar”. La zuppa di cipolle è la prima ricetta che compare nel film Hugo Cabret. Scritta su una lavagna del ristorante della stazione parigina. Poteva forse mancare la zuppa di cipolle? No. Perché talvolta nell’ovvietà ci sono risposte molto più profonde di quanto ci si aspetti. E questo è uno dei tanti casi.

L’altra sera ho continuato a cliccare “aggiungi al carrello”, “aggiungi al carrello”, “aggiungi al carrello” ad libitum. Quando il Nippotorinese avvicinatosi allo schermo seraficamente mi ha posto il seguente quesito:

“38 articoli nel carrello?”

mi sono chiesta quasi superficialmente “avrò mica esagerato?”. Mi sono ricordata poi che sono io la femmina di casa e che se il mio subconscio mi consiglia di acquistare venti cocottine e oggetti importantissimi come l’action figure di Steve Jobs non devo in alcun modo farmi influenzare da quell’intruso pelato poliglotta che mira a essere il capofamiglia.

 

Oh povero inetto.

E’ necessario possedere tutte le cocotte di Le Creuset ed anche le pentoline per i fagioli. E vuoi forse non prendere il Tajine? Certo alla domanda “ma nel Tajine solitamente si prepara l’agnello. E ti rifiuti sempre di farlo perchè tenera età..violenza ingiustificata ancordipiùdeglialtrianimaletti….blablablabla. Cosa ci devi fare nel Tajine?”.

Ci faccio la pastasciutta io nel Tajine occhei? Devo averlo. Ho già rinunciato a quella versione decorata interamente a mano che avevo addocchiato a San Vito Lo Capo lo scorso anno durante il Cous Cous Fest. Ed è assurdo se ci penso. Perché d’accordo ero riuscita a riempire un portabagagli durante un week end in cui ci si era ripromessi di non eccedere con lo shopping ma è forse colpa mia se tutti gli articoli di cui ho bisogno mi si parano davanti in offerta? (non è vero ma a prescindere è sempre un’offerta).
Sta di fatto che attendo un carico di cocotte in diverse nuance, forme e colori e che quando il pacco arriverà, solo allora, potrò tediare l’universo facendoci pure gli spaghetti aiooiopeperoncino dentro. Tutto voglio farci tutto nelle cocotte! Metterci piantine se necessario. Usarle come portaoggetti e infilarci dentro pure la cipria da borsetta attaccando opportunamente uno specchietto al coperchio. Mai più senza una cocotte. Il gelato voglio mangiarmelo lì. Lo yogurt pure e se mi gira male costringerò tutti a berci il caffè. E se mi gira proprioproprioproprio male pure tu che stai leggendo dovrai bere il caffè nella cocotte intesi?

Ok devo calmarmi. Inspirare ed espirare.
Molteplici sono state le mie prime prove culinarie. Ho rielaborato qualsiasi tipo di ricetta e sono stata anche molto aiutata, agli inizi, da un bellissimo libriccino di un’edizione che adoro, edito da Guido Tommasi. Trattasi di ” Cocotte all’italiana” dove una strepitosa Barbara Torresan non si risparmia certamente e ci fa di tutto in queste graziose pentoline che rievocano l’infanzia.

Una delle prime prove documentate con queste foto orrende fatte una sera senza luce naturale è la zuppetta (che poi zuppetta non è) di cipolle di cui vado ghiotta. E’ inutile che il nippotorinese mi dica “le tue sono cipolle al forno sbattute su un piatto, mica una zuppa di cipolle” perchè per me è una zuppetta di cipolle e basta.

A me le cipolle fanno impazzire e diffido da chi non le apprezza o con poco coraggio rinuncia all’idilliaco sapore per la convivialità. Al diavolo l’alitosi e i contatti umani. Famose una bella scorpacciata di cipolla e chi si è visto si è visto.

A me le cipolle nel forno (non parliamo di quelle a legna) mi mandano in estasi. Le mangio senza alcun tipo di condimento se non otto tonnellate di sale così che poi la pressione e l’esaurimento schizzino ai massimi storici e un chilo non mi basta. No, forse due chili non mi bastano. Riuscirei a cibarmi di cipolle per settimane e mesi senza mai stancarmi. E mi piacciono pure frullate. Lui mi guarda inebetito dicendo santocielocheschifezza ma non per l’ortaggio in sé tanto quanto per il fatto che nel suo disturbato modo di vedere la zuppetta di cipolla è una roba cremosa con tanto burro e molto francese. Etttecredo è  Sabaudo.

Per una sicula verace va già bene una cipolla rustica passata con il frullatore a immersione; che mica sono esigente io!(tutto questo ridicolo e stupido giro di parole perché avevo sempre sognato di dire che non sono un tipo esigente. E’ talmente assurdo e paradossale che non si sarebbe mai verificato nella realtà e allora perché non applicarlo alla cipolla? Cosa sto dicendo?)

E insomma zuppetta di cipolla vera o presunta ma l’importante è che sia in cocotte!

Ingredienti per 4 persone: 600 grammi di cipolle bionde, 50 grammi di burro (se sei vegano o come me non usi derivati animali puoi farne tranquillamente a meno oppure vai di margarina), mezzo bicchiere di vino secco bianco (ma è facoltativo perchè se sei astemio come me puoi anche evitare. Ok sono una rompiscatole, e allora?), 100 grammi di fontina a dadini (e anche qui puoi evitare), olio extra vergine di oliva, sale e pepe. Qualche erbetta aromatica se ti piace ed eventualmente una spolverata di parmigiano.

Taglia sottilissimamente le cipolle (puoi farle marinare un po’ nel vino precedentemente) e metti qualche ricciolo di burro/margarina. Aggiusta di sale e pepe e aggiungi le erbe aromatiche. Metti in forno già caldo dopo aver unto con l’olio le cocottine e fai cuocere per 40 minuti almeno. Affonda una forchetta per vedere se le cipolle si sono intenerite e servi caldissimo con qualche pezzotto di pane tostato se ti piace. Se vuoi una zuppetta più classica e brodosa, durante la cottura aggiungi del brodo vegetale.

Le altre Ricette di A cena con Oscar

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Iaia
Iaia
Grazia Giulia Guardo, ma iaia è più semplice, è nata il 12 12 alle 12. Il suo nome e cognome è formato da 12 lettere ed è la dodicesima nipote. Per quanto incredibile possa sembrare è proprio così. Sicula -di Catania- vive guardando l’Etna fumante e le onde del mare. Per passione disegna, scrive, fotografa, cucina e crea mondi sorseggiando il tè. Per lavoro invece fa l’imprenditrice. Digitale? No. Vende luce, costruisce e distrugge. Ha scritto un libro per Mondadori, articoli per riviste e testate e delira pure su Runlovers, la comunità di Running più famosa d’Italia; perché quando riesce nel tempo libero ama fare pure 12 chilometri. Ha una sua rivista di Cucina, Mag-azine, che è diventato un free press online. È mamma di Koi e Kiki, un labrador color sole e uno color buio, mangia veg da vent’anni, appassionata di cinema orientale e horror trascorre la sua giornata rincorrendo il tempo e moltiplicandolo.

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